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UN FIUME DI PROTESTE PER LA CHIUSURA DI CINEMA E TEATRI

Tempo di lettura: 3 minuti

In gran fermento il mondo dello spettacolo dopo l’ultimo DPCM del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che impone la chiusura di cinema e teatri fino al 24 novembre. 

Il lungo periodo di emergenza, durante il lockdown, avevo reso gli orizzonti lavorativi del settore, ordinariamente già incerti, ancora più critici. Ci si stava risollevando, con fatica eppure nel pieno rispetto dei contenuti di protocolli e linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio. Programmando stagioni, allestendo spettacoli e fissando le uscite dei film nelle sale cinematografiche, non si presentiva una nuova chiusura dei luoghi dello spettacolo ove la percentuale di contagi è prossima allo zero. Perché, dati alla mano, risulta massima la sicurezza degli spazi deputati alla prosa, alla danza, alla lirica e ai concerti. Da un’indagine elaborata dall’AGISAssociazione Generale Italiana dello Spettacolo su un campione interamente rappresentativo della pluralità dei generi e dei settori dello spettacolo dal vivo e che copre tutto il territorio nazionale (su 347.262 spettatori in 2.782 spettacoli monitorati con una media di 130 presenze per ciascun evento, nel periodo che va dal 15 giugno a inizio ottobre) si registra infatti un solo caso di contagio da Covid-19.  

Quello dello spettacolo è un settore virtuoso, grazie alla professionalità degli operatori e al senso civico dei fruitori. Non ci si spiega pertanto disposizioni tanto drastiche quanto illogiche nel quadro ben più ampio dei ragionamenti che lasciano invece aperti musei e chiese. 

A poche ore dalla bozza del DPCM i lavoratori dello spettacolo erano sul piede di guerra. Un malcontento generalizzato trovava spazio sui social, sulle pagine ufficiali di artisti, nella stampa che ha dato voce a tutto un mondo stanco di dover sempre rivendicare la propria esistenza.

Al Presidente nazionale dell’AGIS Carlo Fontana è parsa inammissibile l’equiparazione dei luoghi deputati alla cultura a sale giochi, palestre e piscine, nell’assurda considerazione dello spettacolo in termini di mero svago. 

Tra gli altri, un appello lanciato dall’U.N.I.T.A. (Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo) che, disapprovando le decisioni prese, esigeva un incontro con il Ministro Franceschini, il Presidente del Consiglio Conte e il Presidente della Repubblica Mattarella. 

Era stato altrettanto chiaro Stefano Massini, durante il programma di approfondimento e informazione Piazzapulita su La7 e quando ancora non si paventava la chiusura di cinema e teatri (http://notiziedispettacolo.it/stefano-massini-la-cultura-non-deve-tacere-mai/), nel ribadire il valore di quella bellezza, declinata nei suoi molteplici linguaggi, grazie alla quale è possibile aprire la mente, affinare lo spirito critico, vivere in maniera costruttiva il presente. 

Francesco Colella, alla fine dello spettacolo “Uomo senza meta” al Teatro Argentina, lanciava un toccante appello (http://notiziedispettacolo.it/il-messaggio-di-francesco-colella-dal-palco-dellargentina/), rimarcando lo scopo dell’arte: “questi sono i luoghi nei quali noi possiamo trasformare le nostre paure, condividere delle storie, elaborare i nostri dolori”. 

E mentre il Presidente di Italiafestival Francesco Maria Perotta manifestava forte preoccupazione per l’impatto di una decisione che impone quanto meno una serie di tutele per la categoria, tutto il mondo dello spettacolo continuava a protestare contro il nuovo DPCM.

Paolo Rossi protestava davanti allo Strehler di Milano; Ezio Greggio, ospite a Domenica in, Si rivolgeva a Conte invitandolo a rivedere le disposizioni riguardanti cinema e teatri; Gabriele Muccino twittava adirato sull’assurdità di una misura che chiudeva cinema recentemente frequentati da massimo dieci persone per sala; Lino Guanciale sollecitava alla firma d’una petizione che potesse rimettere in moto il mondo dello spettacolo dal vivo. 

C’è stato persino l’intervento del Maestro Riccardo Muti: “Chiudere le sale da concerto e i teatri è decisione grave. L’impoverimento della mente e dello spirito è pericoloso e nuove anche alla salute del corpo”. 

In data odierna la risposta garbata e sensibile del Premier, le cui parole ahimè non bastano ad arrestare il fiume di proteste che continua a scorrere in Italia. 

Il mondo dello spettacolo oggi deve essere più che mai unito, deve far sentire la propria voce. Resistere vuol dire anche urlare affinché i cinema e i teatri non siano ancora una volta considerati alla stregua di un accessorio e sacrificabile passatempo.

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