Testori è per Malosti un autore di riferimento e di costante rilettura, a cui ha dedicato numerose messe in scena e lavori multimediali, apprezzati da critica e pubblico.
I Tre Lai sono il testamento ultimo dell’autore che scrive nei suoi ultimi mesi di vita, il vertice della sua straordinaria stagione creativa. Protagoniste sono tre eroine (Cleopatràs, Erodiàs, Mater Strangosciàs), che riemergono dalla morte per raccontarsi e piangere sui corpi dei loro amati, svelando il mistero per eccellenza: l’amore.
Da Dante a Shakespeare, la storia di Cleopatra ha superato i secoli e ha popolato il nostro immaginario: a vestire i panni della regina d’Egitto nella sua ultima ora di vita è qui Anna Della Rosa, che in questo lavoro esprime pienamente il suo talento.
«Per Cleopatràs che piange il suo Antonio – scrive Malosti – il suo Tugnàs, Testori reinventa l’Egitto romano di Shakespeare inserendolo nella topografia della sua amata Valassina (nel Triangolo Lariano), in un fuoco di fila di invenzioni di lingua, sorvegliate da una grande poesia memore della Commedia di Dante e della sua “Cleopatràs lussurïosa”, consegnandoci una figura che acquista una dimensione terrena e sensuale, sempre sull’orlo di una straziante e perturbante ironia».
In una scena che è sia studio televisivo, tomba e stanza d’albergo, si assiste agli ultimi momenti di vita di una grande regina che nella regia di Malosti diventa menagèr, star e soubrette al tramonto di una vita grandiosa piena di eros, soldi, passione e anche di tenerezza.
«Dopo aver sfondato i limiti della vita con il suo amatissimo Antonio – prosegue Malosti – Cleopatràs varca il limite ultimo e raggiunge il suo amore nell’aldilà, sperando che ci sia un aldilà e che non finisca tutto in “merdità”».
La Cleopatràs di Testori è sospesa fra ironia e disperazione, le sue parole compongono quasi un lamento, un canto fra poesia e prosa. In una lingua inventata dall’autore, fatta di dialetti del nord, inglese e francese, che comunque non si fatica a seguire, il pubblico viene condotto in un viaggio fra ricordi di felicità e premonizioni di morte.
«C’è un prezioso documento – conclude Valter Malosti – che Piero Nuti ha custodito gelosamente nell’archivio suo e di Adriana Innocenti: una emozionante lettura fatta in ospedale al San Raffaele da Giovanni Testori dei suoi Tre Lai. In quella registrazione non si riascolta solo la voce dell’autore ma qualcosa in più, qualcosa di più intimo: uno spiraglio della sua grande anima. Traspare anche la cura estrema nel far sentire il ritmo del verso, gli a capo, la concretezza. Come in Shakespeare non c’è nulla di astratto. Tutto il corpo, tutto è concreto, e soprattutto il senso e i significati passano non solo dalla comprensione, ardua a volte, ma dalla musica, dalle parole e dal ritmo interno che le sospinge, ed è come se il fiato stesso di Testori le sospingesse a farsi corpo, a staccarsi dalla carta».