A quarant’anni dalla sua scomparsa, che cosa resta dell’eredità di Eduardo De Filippo? Il suo teatro, intriso di umanità e di una straordinaria modernità, ci parla ancora oggi, forse più di ieri, della vita e delle sue contraddizioni. Eduardo non è solo un uomo del passato; è un uomo del futuro, un visionario capace di leggere la società come pochi. <<L’unica cosa che conta veramente nella vita di un artista è il futuro>>, scriveva De Filippo nella nota autobiografica della raccolta Eduardo de Filippo. Vita e opere (Mondadori, Milano, 1986).
Eduardo ha saputo raccontare i paradossi dell’animo umano, affrontando temi complessi con una penna incisiva e profonda. La sua opera si è nutrita di una scrittura capace di riflettere e restituire le contraddizioni della vita quotidiana, esplorando l’esperire umano, quel <<dell’umano troppo umano>> rubricato da Nietzsche. Di Eduardo si ricorda la penna mordente, una vita vissuta nel e per il teatro, in un moto perenne il cui mantra potrebbe essere Tavola Tavola Chiodo Chiodo, anafora che ben restituisce il ritmo di un lavoro incessante, ben raccontato dalla drammaturgia di Lino Musella e del nipote Tommaso De Filippo. Eduardo capo comico, poeta e drammaturgo, ma anche impresario teatrale che seppe restituire uno spazio culturale alla città di Napoli, in un clima politico avverso e ostracizzante. La ricostruzione del Teatro San Ferdinando di Napoli, inaugurato nel 1954, rappresenta un punto culminante della sua visione: l’idea che il teatro dovesse rimanere autonomo e indipendente, e soprattutto la convinzione, citando il teatro elisabettiano di Shakespeare, che gli unici padroni del teatro fossero gli spettatori. <<[…] Dal rumore, dal parlottio che sento in sala prima del segnale del buio, prima di mandare su il sipario, posso dire l’incasso. Dalle prime risate o dal primo mormorio di approvazione o disapprovazione capisco la qualità del pubblico, capisco come si deve recitare quella sera, quale deve essere la tattica da usare […]>> (Quarenghi, 1986, pp. 134).
Quattro decenni in sua assenza e De Filippo detiene ancora il primato di uomo del futuro, non per i decadenti tempi moderni, quanto per la laicità e polifonia delle azioni e parole che hanno contrassegnato il suo essere Teatro.