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FILI DIVINI SULLA SCENA DEL PICCOLO

Tempo di lettura: 5 minuti

Prosegue il viaggio di Stefano Giunchi e la sua rubrica “Le mani che muovono i sogni” all’interno del Teatro di Figura in Italia.

Alzati che sta passando.. il teatro popolare
Debutto di grande successo al Piccolo Teatro di Milano del nuovo spettacolo delle Marionette dei Colla, con Una Divina Commedia.
La scelta del titolo ricorda un altro evento, stavolta al Piccolo “Strehler”, di 10 anni fa esatti, con la presentazione di Un Flauto Magico per la regia di Peter Brook.
Dice il grande regista: “E’ sempre il teatro popolare a salvare la situazione. È il Teatro Ruvido, fatto di sapore, sudore, rumore, odore che si avvale in realtà di un linguaggio molto sofisticato e stilizzato: il pubblico segue il filo della narrazione e non si rende conto che tutta una serie di convenzioni sono infrante, perché il teatro popolare, per natura, è contro l’autorità, la tradizione, la pompa, la pretenziosità.
E’ il teatro del rumore e il teatro del rumore è il teatro dell’applauso
”.
Questa volta, a salvare la situazione del lunghissimo digiuno del pubblico in era Covid, il Teatro di Figura è in prima linea, nelle piazze e nei teatri d’Italia. Con il suo rumore e la sua capacità di tirare gli applausi.
Documenteremo questa vivacità nelle prossime settimane.
Le  trombe della riscossa sono suonate in un grande teatro, con una grande produzione dalla Compagnia Marionettistica Carlo Colla e Figli.
Uno spettacolo coraggioso (temerario, potrebbe pensare chi si figura le marionette come figurine aristocratiche e delicate, non adatte per testi forti).
Il capolavoro di Dante, con il suo spessore e tutta la sua ferocia, non ha perso nulla ad incontrare le marionette, anzi ci ha guadagnato.



Marionette sanguigne ed emozionanti, frutto della gravità e.. dell’ingegneria
Il teatro delle marionette affonda i suoi fili nella notte dei tempi. Tralasciando la discussione sulle origini (più o meno rituali), è molto più utile cogliere gli elementi caratteristici di questa forma di comunicazione artistica, che la rende sempre affascinante e coinvolgente.
Heinrich von Kleist, nel suo mirabile saggio “Sul teatro delle marionette” ci ha lasciato la più grande intuizione sulla sostanza di questa arte: le marionette sono fatte per seguire leggi fisiche (la gravità), hanno naturalmente movimenti che creano empatia e una forte illusione di vita. Rispettare queste potenzialità tecniche, apprenderne con cura i movimenti fondamentali e le varianti, costruire con ciò una vera e propria grammatica è ciò che dà forza a questo teatro.
Le marionette si esprimono bene nella danza e nei movimenti che assecondano questa loro materiale tendenza a costruire significato. Hanno più difficoltà a farsi credere vive, se restano impalate a profferire lunghi testi.
Ciò è talmente vero che, per ottenere effetti particolari, spesso non basta la perizia degli animatori (che ha limiti evidenti nei meccanismi controintuitivi dei fili e della croce), ma occorre costruire una marionetta speciale, con articolazioni e contrappesi diversi. E’ la ragione per cui le marionette dei Colla hanno tutte una gamba lievemente più corta per permettere una maggiore verosimiglianza nella manovra e nella camminata. Ogni marionetta è costruita con sembianze, forme e spesso meccanica particolari.
Come in tutto il Teatro di Figura, il movimento crea l’illusione della vita e genera empatia in chi guarda, base amichevole di una sicura condivisione.
Le marionette si esprimono da sempre, quindi, con forza, radicalità, eleganza sorgiva. Sono prive, se mosse bene, di affettazione e di retorica.

Con Eugenio Monti Colla, rifondatore della Compagnia negli anni ’60, avevamo l’idea (come è già avvenuto con i Burattini) di scrivere a quattro mani questa grammatica. Sugli appunti fatti e col lavoro dei Grupporiani, l’associazione che gestisce la Compagnia, sarà certo possibile riprendere il progetto.


Un Dante che emoziona
La scena aperta dello spettacolo ha come fondale il celebre dipinto di Domenico di Michelino, con la Divina Commedia che “illumina Firenze”. Prevale subito una luminosità accogliente, che lascia via via il posto a cupe atmosfere alla Doré. Per poi riguadagnare (con la sapiente illuminazione di Tiziano Marcolegio), anche attraverso le musiche di Danilo Lorenzini (smaliziato utilizzatore di varie risorse, dal gregoriano alla musica da film), l’aria fina del Purgatorio e la rarefazione celestiale del Paradiso.

Il viaggio di Dante (marionetta mossa con continue invenzioni, che la rendono molto credibile, da Giovanni Schiavolin) assieme a un compassato e fisicamente amichevole Virgilio (mosso da Maria Grazia Citterio), procede per i gironi dell’Inferno.
Le Belve, Caronte, La Città Infernale, le Teorie dei Dannati, flagellati e infilzati dai forconi dei Diavoli (terrificanti ma anche presi in giro),
Il fraudolento Gerione, gigantesca Chimera dal volto umano, zampe di leone, corpo di serpente, coda di scorpione e ali demoniache si libra nel boccascena trasportando (a mo’ della metro milanese) i due viandanti, che gli montano in groppa.
Tutti effetti realizzati con gli elementi scenografici e le macchine tipiche di questo teatro: semplici e pittoreschi.
Compare la Città di Dite, un bellissimo Centauro/marionetta, gli Eresiarchi che ardono nelle loro arche di pietra fiammenggianti, la pioggia di fuoco (resa con un tulle picchiettato), la danza dei Diavoli, una mano smisurata che fa da ascensore ai nostri eroi, la landa ghiacciata, giù giù fino a Lucifero divoratore perenne del tradimento (una macchina semovente sul fondale).
Alla comparsa delle stelle si chiude il sipario e il primo atto (il più potente).
Purgatorio e Paradiso sono citati meno, ma ugualmente gradevoli.
Una Beatrice, pochissimo angelicata, (mossa vivacemente dal manager di compagnia Piero Corbella), aggiunge toni da opera buffa al procedere dantesco.
Alle trasparenze, agli Angeli e alla luce divina sono dedicati gli ultimi 10 minuti dello spettacolo.



Un po’ come Hollywood
Allo sviluppo lineare, che segue fedelmente la traccia del poema, si affiancano (oltre agli effetti speciali continui) alcuni flash-back.
Paolo e Francesca, ad esempio sono due fantasmini tristi e rassegnati appesi nel proscenio e dialoganti con Dante. Ma all’improvviso si illumina un quadretto sospeso all’interno delle quinte (un po’ sogno, un po’ fumetto popolare, un po’immagine dell’inconscio) dove si vede la scena del bacio, così come avvenne in vita.
Un altro di questi quadretti, sempre oltre la linea dei personaggi dialoganti, illustra il ricordo che Ugolino ha della sua prigionia, assieme ai figli, che muoiono di fame. Conclude la scenetta la celebra battuta “più che il dolor poté il digiuno”  lasciata in sospeso, come nelle migliori scene di thriller americano.
Le marionette sono state interamente progettate e realizzate nell’Atelier e nella Sartoria della Compagnia, compreso i magnifici e mostruosi Diavoli
I manipolatori (11 sul ponte) sono tutti impeccabili e appassionati. L’interazione fra i personaggi sobria e, quando richiesta, brillantissima:
La drammaturgia e la messa in scena dello spettacolo sono particolarmente robuste ed efficaci.
Franco Citterio commenta sintetizza così le due scelte di fondo: “Da una parte ho ridotto a poche uscite le terzine originali dantesche, seguendo gli insegnamenti di Eugenio, che nell’Opera Lirica sostituiva i recitativi con dialoghi normali. D’altra parte ho messo in scena Gerolamo (il nostro personaggio tutelare da secoli), che esce ben 12 volte durante lo spettacolo”.
Questa Compagnia ha bene in testa, e nelle mani, che le marionette devono creare sorpresa, stupore, spaesamento, meraviglia.
A queste condizioni, anche la Divina Commedia, patrimonio immenso (e discretamente pesante) della letteratura può diventare spettacolo.
D’altra parte anche Dante non scherzava a grand/guignol..


Oltre a Virgilio, Gerolamo
La marionetta/Gerolamo, mossa con il piglio delle commedie classiche dallo stesso regista, parla un italiano approssimativo e mantiene alcune battute nella parlata piemontese. Commenta ciò che lo spettatore ha appena visto, riproponendolo con parole sue, come una discussione in famiglia davanti alle serie televisive..
E infatti non si contano i “scapùma”, i richiami al fare attenzione, le lamentele per i pericoli diffusi.
Gerolamo legge la scritta che compare all’inizio, storpiandone le parole e il significato:”Per me si va nella città del mal di dente.. lasciate ogni pietanza o voi che entrate” (cosa che lo indispone oltre ogni altra).
L’Inferno è da lui riassunto con un lapidario “fam, fum, fred e fastìdi.. (fame, fumo, freddo e fastidio”.
Nel Purgatorio, luogo più confortevole, cerca un posto dove schiacciare finalmente un pisolino, ma viene svegliato dal terremoto.
Nel finale sentenzia “valli a capire gli uomini, meglio le marionette a cui si può cambiare la testa”.

L’ultima scena vede Dante di spalle, intento a contemplare il movimento delle sfere.
Gerolamo rientra in scena con la sua solita irruenza, finalmente alla presenza del grande “inventore della lingua italiana” di cui voleva diventare allievo. Ma i due non si toccano, fanno parte di due mondi paralleli, senza comunicazione fra loro.
Ma la marionetta fa un mezzo scatto, all’indietro, verso il pubblico.
Lo sberleffo a cui non può sottrarsi.

Ah, dimenticavo. Alla fine, quando ho salutato la Compagnia (confortato dal nostro dialogo sulle marionette, da sempre convergente) ho detto agli amici:
Qualcuno vi dice che c’è poco Dante e troppo spirito da marionette? E voi mettetene ancor di più di spirito, di effetti, di ironia, di comicità, di strepiti dei dannati, di lampi e tuoni e terremoti, di musica rapinosa.. vedrete che prima o poi la smettono”.

Link su Vimeo per vedere scene dello spettacolo e il racconto della messa in scena
https://vimeo.com/508428639

Scritto da

Classe ‘48, ha studiato filosofia e antropologia culturale a Firenze. Dopo esperienze nella comunicazione e nell’associazionismo culturale, dedica per lunghi anni il suo tempo al Teatro di Figura. Partecipa alla fondazione e anima per decenni il Festival “Arrivano dal mare!”, l’UNIMA Italia, l’ATF/AGIS. Ha affermato in Italia l’uso del termine teatro di figura, dirige da 20 anni l’Atelier delle Figure/Scuola per Burattinai e Contastorie. Autore e regista di spettacoli, continua oggi la sua attività di ricercatore e pubblicista.

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