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UN “MUSEO UMANO” CHE PRENDE VITA AL TRAMONTO NEL CUORE DEL PARCO ALESSANDRINO c

Tempo di lettura: 2 minuti

“Guardate questo spettacolo come dei giganti, ci avete tra le mani, la nostra casetta d’arte è fragile e ci separa da voi solo una parete sottile, ci colga con amore e sia lieve il vostro sguardo.” (Balletto Civile)

Dopo l’apertura del festival con il progetto Tempi Moderni di Roberto Castello, il secondo appuntamento di Fuori Programma 2021 – il festival internazionale di danza contemporanea della Capitale diretto da Valentina Marini che fino al 15 luglio ospita artisti nazionali e internazionali per animare gli spazi del Quarticciolo e del Teatro India – è una nuova occasione per fare ulteriore esperienza di spazi non convenzionali e celebrare la corporeità rimossa dalla pandemia.

(Balletto Civile – M.A.D. – foto di Andrea Luporini)

Il 28 e 29 giugno ci si immerge nel verde urbano del Parco Alessandrino per M.A.D., progetto site specific di Balletto Civile, collettivo nomade di performer che ritorna per il secondo anno consecutivo a FP, dopo il successo riscontrato nella scorsa edizione. Diretto da Michela Lucenti che firma anche le coreografie, M.A.D. (Museo Antropologico del Danzatore) è un percorso a tappe in cui il pubblico, all’imbrunire, verrà guidato dalla drammaturgia di personaggi/performer: i corpi dei danzatori/attori – ognuno isolato nel proprio micromondo e protagonista del proprio capitolo fisico – sono racchiusi in uno spazio protetto, a metà tra una teca e una serra, al tempo stesso protezione dal mondo esterno e lente di ingrandimento di un immaginario. “Ogni capitolo offre una detonazione. Ogni capitolo è un tentativo d’ esposizione, un pezzo unico.”

Ad accomunare le diverse storie e canti di ogni teca, un disegno sonoro che diventa preghiera laica da recitare in questa sorta di museo di uomini e donne che hanno dedicato il loro corpo al lavoro sacro della Danza.

“Balletto Civile torna a donare i corpi allo sguardo. Il “Tutto ha bisogno di essere “Altrove, la danza è entrare in un altro mondo, per noi non è il momento di costruire rappresentazioni ma di decostruire la forma mimetica a favore di una forma simbolica. Per noi ora il corpo del danzatore si fa tramite del cambiamento e il suo è un atto di per sé di trasformazione, come sempre tra le righe delle nostre parole e nel sudore dei nostri corpi.”

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