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IL TEATRO ALIGHIERI RIPARTE DA STRAVINSKIJ, CON L’HISTOIRE DU SOLDAT

Tempo di lettura: 4 minuti

Con l’Histoire du soldat l’arte non solo sopravvive: resiste e si reinventa,” sottolinea Luca Micheletti, alla regia e in scena per il nuovo allestimento del titolo di Igor’ Stravinskij che apre la Stagione d’Opera e Danza 2020/21 del Teatro Alighieri: l’appuntamento in streaming gratuito è sabato 23 gennaio, alle 18, su ravennafestival.live, dove lo spettacolo rimarrà disponibile on demand. La dedica al compositore russo per il 50° anniversario della sua scomparsa, a poco più di un secolo dal debutto dell’Histoire a Losanna in un’Europa prostrata dalla Grande Guerra e dall’epidemia di spagnola, è una coproduzione in lingua italiana della Compagnia teatrale I Guitti, CamerOperEnsemble e Fondazione Ravenna Manifestazioni. Angelo Bolciaghi ne cura direzione e concertazione alla guida di sette strumentisti, mentre a Micheletti stesso, nei panni del diavolo, si uniscono il soldato Massimo Scola, il narratore Valter Schiavone e la principessa Lidia Carew; Andrea Bou Othmane è il diavolo nelle scene danzate. La Stagione Opera e Danza è resa possibile dal sostegno del Comune di Ravenna, della Regione Emilia Romagna e del Ministero per i beni e le attività culturali, con il contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.



Le attività del Teatro Alighieri non potevano forse che ripartire da qui – da questa storia da raccontare, suonare e danzare che Igor’ Stravinskij e l’amico scrittore Charles-Ferdinand Ramuz concepirono fra il 1917 e il 1918 nell’occhio della tempesta, fra i marosi del conflitto mondiale e l’ondata epidemica. “Le evidenti analogie con il periodo storico in cui l’opera fu creata, la ricorrenza in memoria di Stravinskij, la dimensione quasi cameristica che risulta un vantaggio di fronte alle correnti restrizioni, l’attualità del tema – quello della ricerca della felicità e della riflessione su ciò che è essenziale e ciò a cui possiamo rinunciare…Tutto concorre a fare di questa produzione una magica coincidenza,” continua Micheletti, “ma anche un motivo di consolazione e speranza: oltre cent’anni fa, Stravinskij e Ramuz seppero operare un geniale rilancio dell’arte. Oggi, a Ravenna, facciamo appello a quegli autori nel cuore e nei modi: più che ricostruirne lo spettacolo, ne ricostruiamo l’avventura”. Si va in scena, non a caso, con il copione originale su cui compose Stravinskij (versione italiana di Giusi Checchaglini e Luca Micheletti) recuperandone quattro scene assenti dal rifacimento del 1924. Nello stesso spirito sono proposti, con funzione di intermezzo, i tre pezzi per clarinetto solo di cui il compositore fece omaggio a Werner Reinhart, il mecenate svizzero che sostenne l’impresa: la loro esecuzione è stata filmata nel Teatro vuoto, in spazi “in cerca di spettatore”.

Concepito come itinerante per strumenti e scene facilmente trasportabili, composto di scene recitate, narrate, danzate ed esclusivamente strumentali da affidare a una compagnia ridotta, con cinque interpreti e un ensemble che è un’orchestra condensata, l’Histoire du soldat nasce al crocevia fra le fiabe della tradizione popolare – quelle russe raccolte da Aleksandr Nikolaevič Afanas’ev tra il 1855 e il 1864, molto amate da Stravinskij – e un grande mito della modernità, quello di Faust. Micheletti ne parla come di un “titolo dell’anima”, non soltanto perché vi ritorna dopo averlo affrontato per la prima volta tredici anni fa, ma anche perché la rappresentazione del Diavolo e del patto faustiano è necessariamente un tema caro al teatro e ai suoi artisti, che ne fanno anche metafora dell’invenzione artistica, del pericolo nel relazionarsi con il buio della creazione, del dèmone o dáimōn di Socrate e Platone. Tema a cui il regista tornerà anche nell’autunno 2021, a cui è stato posticipato il debutto di Faust rapsodia originariamente destinato alla Trilogia 2020.

Le peripezie del soldato in licenza che incontra il diavolo e gli cede il proprio violino – ovvero: la propria anima – in cambio della promessa di ricchezze si concludono con un monito: “Non è consentito avere tutto, la felicità è una”. Attraverso la scoperta che le ricchezze non compensano la perdita degli affetti, che il tempo scorre inesorabile e non tutte le strade possono essere percorse a ritroso, che quanto si è conquistato è presto perduto, l’Histoire du soldat ci invita a dare valore a ciò che abbiamo e ciò che siamo. L’Histoire è quindi la storia dell’Uomo, che Stravinskij e Ramuz mettono in scena spogliata di artifizi, con la trasparente eppure profonda semplicità delle favole. E, come nelle favole, affidano il pubblico a un narratore, sempre in scena e quindi parte dell’azione, osservatore partecipe che, al pari del diavolo, abita il territorio liminale fra scena e fuori-scena, vero e reale, discorso e meta-discorso.

La partitura, diretta da Angelo Bolciaghi, si presenta come una suite costituita da pezzi distinti: una marcia, una pastorale, una marcia reale, un tango, un valzer, un ragtime…una musica composta per “illustrare” la storia, senza intaccare l’autonomia di significato di ogni elemento in scena; per un lavoro in aperta rottura, insomma, con il lascito operistico ottocentesco ma dotato di una rara efficacia teatrale. Ogni voce strumentale conserva la propria identità e segue un proprio percorso, in particolare il violino (Daniele Richiedei) che rappresenta l’anima del soldato in tutte le sue incertezze, zoppicante, tutt’altro che virtuosistica. Al clarinetto invece Giuseppe Bonandrini, fagotto Anna Maria Barbaglia, cornetta Marco Bellini, trombone Devid Ceste, contrabbasso Gianpiero Fanchini, percussioni Francesco Bodini. La produzione si completa con il lighting design di Fabrizio Ballini e le sculture di Luigi Casermieri e Liliana Confortini; Francesco Martucci è assistente alla regia e Silvia Illari ai movimenti scenici.

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