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IL TEATRO ARENA DEL SOLE DI BOLOGNA PRESENTA “LA GAIA SCIENZA, LA RIVOLTA DEGLI OGGETTI”

Tempo di lettura: 2 minuti

I tre attori e registi, fondatori de La Gaia Scienza, realizzarono per la prima volta nel 1976 La rivolta degli oggetti, che andò in scena sul palcoscenico del leggendario Beat 72 di Roma, diventando un punto di riferimento per la formazione della compagnia e per la controcultura di quel periodo.

A quarantacinque anni da quel primo lavoro, La Gaia Scienza si riunisce per passare il testimone a tre giovani performer, dando vita a un riallestimento che è un incontro nel tempo, fra epoche, corpi ed esperienze completamente differenti.

Lo spettacolo infatti arriva al pubblico di oggi mosso dalla volontà di restituire proprio quello spazio utopico di creatività e circolazione del pensiero che ne aveva favorito la creazione.

Specchi, sedie sospese, funi, un cappotto, un violino scordato: sono gli oggetti che si oppongono ai corpi dei performer, acrobati in esplorazione dell’universo poetico di Majakovskij – il titolo stesso è quello di un suo poema del 1913 – che si rotolano, si lanciano, si dondolano come smarriti, amplificando i versi dell’autore russo.

Il metodo alla base del lavoro partiva da una sostanziale rottura con la tradizionale divisione dei ruoli: tutto nasceva dal cortocircuito di diverse individualità artistiche che in quel momento, incontrandosi, generavano qualcos’altro e davano vita a un universo complesso e in costante trasformazione. Nel 2019 questo cortocircuito è stato rinnovato dalla presenza di altri attori, alle cui sensibilità è stata affidata la creazione – ogni sera differente – sulla base della “partitura” dello spettacolo originario.

I tre performer, in dialogo con lo spazio e con il proprio tempo, incarnano così attraverso i loro corpi lo straniamento e le tensioni di un presente diviso fra la mercificazione imperante e la libertà sterminata di internet e dei media. Come nelle scatole cinesi, si concentra sul palco l’esperienza artistica di tre epoche storiche lontane fra loro – l’avanguardia rivoluzionaria russa, le cantine romane, il mondo come lo vediamo oggi – per aprire di nuovo il teatro allo stupore e alle possibilità dell’incontro, tanto fisico quanto metaforico.

«Quello a cui ci accingiamo – raccontano insieme Giorgio Barberio Corsetti, Marco Solari e Alessandra Vanziè creare le condizioni per trasmettere un’esperienza, reinventando il gioco scenico, utilizzando alcuni materiali originari (…), consegnando a giovani attori e danzatori gli oggetti da rivoltare, (…) ma anche concetti, pensieri, stimoli che erano tutto il non-detto dello spettacolo, la sua sostanza immateriale. Tutto ciò presuppone un aspetto laboratoriale, che non è solo un periodo di prove, ma uno spazio-tempo di elaborazione di un linguaggio. Un passaggio di testimone, nel quale anche noi tre saremo presenti, interagendo in sovrapposizione o in contrappunto, in dialogo quindi con le nuove sensibilità».

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