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MARIAROSARIA MOTTOLA CI RACCONTA IL MILANOFLAMENCOFESTIVAL 2021

Tempo di lettura: 3 minuti

Da 14 anni il MilanoFlamencoFestival è un appuntamento fisso della vita teatrale e sociale di Milano. Ma il respiro trascende la delimitazione cittadina o regionale; non a caso gli spazi scelti per la programmazione sono quelli del Piccolo Teatro d’Europa, che per statuto unisce tradizione ed innovazione. Come accade al flamenco, che con la sua energia tellurica esprime il contatto umano con la terra, evocandone la forza rigeneratrice con linee e forme sempre nuove, dense di sperimentazione. Come prepararsi ad accogliere lo spirito del duende, il “potere misterioso che tutti sentono e nessun filosofo spiega”? Per rispondere a questo ed a molto altro se ne è parlato con Mariarosaria Mottola, direttrice artistica del Festival.

Mariarosaria, quanto è conosciuto il flamenco in Italia?

È sicuramente diffuso, molto più che in passato, ma rimane comunque una disciplina di nicchia. Uno degli scopi del Festival è quello di educare il pubblico a una disciplina che è anche altro dal typical spanish, che si può di solito vedere in vacanza in Spagna. Devo dire che il messaggio arriva chiaro ed è percepito con calore. Negli anni ho notato da parte degli spettatori un’evoluzione positiva ed una presa di coscienza dell’arte profonda nei confronti del flamenco.

Marco Flores en ‘Rayuela’ ©Javier Fergo

Il pubblico è eterogeneo o per lo più composto da adepti?

É molto eterogeno. Agli inizi il Festival era sicuramente frequentato da adepti, i cosiddetti aficionados. Con gli anni però è cresciuto, richiamando e assorbendo anche neofiti di ogni categoria, che si sono appassionati ed appartengono adesso al nuovo pubblico.

Villa rosa_©Naemi Ueta

Dal 16 novembre 2010 il flamenco entra a far parte ufficialmente delle arti universali, diventando patrimonio dell’umanità. Lei quali valori gli riconosce?

La ricchezza musicale anzitutto: non ha eguali e deve ancora essere scoperta in tutta la sua varietà; l’essere capace di trasmettere in maniera così diretta e impattante valori universali, nei quali tutti noi possiamo immedesimarci… Anche semplicemente attraverso l’emozione del suono di voci, che riportano in superficie la profondità dell’anima, la forza delle radici, delle origini. Tutte queste caratteristiche lo rendono eterno ed unico.

Villa rosa_©Naemi Ueta

In questa edizione vi siete scontrati con le inevitabili difficoltà legate a restrizioni e misure di sicurezza. Hanno inciso in qualche modo nella definizione del cartellone?

È stato un anno terribile, che ha visto cancellati due appuntamenti nel 2020 e che ha sicuramente condizionato la programmazione. Abbiamo rinunciato a portare in scena spettacoli di grande formato proprio per le restrizioni e le regole sugli spostamenti. Si trattava di spettacoli soggetti a continui cambi e con costi accessori abnormi.

Tablao Villa Rosa

Qual è il filo conduttore della vostra proposta artistica?

I Segni del tempo: memorie – visioni – contrasti nei quali si rispecchiano i lavori delle compagnie selezionate. Ogni compagnia, con uno sguardo e un sentimento differente, ci porterà nel proprio tempo, nella propria filosofia di vita.

Nel calendario, tra le attività parallele compare il Congresso Mondiale del Flamenco. Di che cosa si tratta e perché ha ritenuto importante proporlo?

Attraverso il Festival abbiamo sempre mantenuto rapporti di collaborazione con le istituzioni spagnole, proponendo ogni giorno attività culturali che accompagnano gli spettacoli.

Per la celebrazione del suo 30° anniversario, l’Istituto Cervantes organizza il Congresso Mondiale di Flamenco collaborando con i principali eventi internazionali. L’obiettivo è di contribuire allo sviluppo ed alle opportunità del settore culturale.

In questa 14° edizione del Milano Flamenco Festival, l’Istituto Cervantes propone tre incontri di riflessione al termine degli spettacoli sul FUTURO del flamenco – tema principale anche per l’Europa – sui suoi spazi scenici e di ricerca, sull’unione del flamenco con altre discipline come la letteratura. Un’occasione interessante di dialogo e confronto fra pubblico ed artisti.

Scritto da

Spettatrice per scelta, ha sconfitto l'estraneità da se stessa attraverso il teatro. Riappropriatasi (non del tutto) di sé, ha indirizzato psiche e soma verso la personificazione dello Spettacolo dal Vivo, che ha occupato gli spazi del suo passato remoto, prossimo, e pure imperfetto. Nel presente continua il glorioso operato nel leggendario Mondo dello Spettacolo, collaborando con Fondazioni, Associazioni Culturali, Compagnie nel panorama della Promozione (la vecchia Comunicazione, con l'aggiunta del variopinto ambito digitale). Non solo! Esercita la sua cattiveria spietata o il suo incontenibile entusiasmo scrivendo recensioni e curando interviste... Ormai alla critica è rimasto solo questo, ça va sans dire.

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