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Negrita, Rovereto, Palasport 03.04.2016 - Foto di Cristiano Molina e Iara Savoia

Musica, Rockstory

Negrita, tra rock e sociologia dell’essere

Tempo di lettura: 2 minuti

Settimo capitolo della rubrica Rockstory
Sociologia del Rock

“Tu meritavi di più, ma adesso shock, al rientro da uno spot, abiti dentro una favela/finita l’era di hell dorato, nel piano b tu non sei convocato”.

Solo le parole di Pau, vox de I Negrita, forse la rock band italiana più “alternative” del momento e degli ultimi anni. I Negrita si abbandonano ai gangli della coscienza critica, della riflessione, dell’elaborazione della visione del Mondo. Ne denunciano i malesseri del Pianeta e anticipano la patogenesi della crisi centrata sui mondi interiori proprio come recitano le note di Radio Conga apparsa nell’album HELLdorado del 2008:

“Le certezze di una vita via, come acqua tra le dita, ma se senti che non sei solo anche se il cielo è scuro, cerca un raggio e prendi il volo, sopra ‘sto mondo sperando, che in hell dorado sei quello che hai, ma, non ti basta mai“.

I  Negrita, nei loro testi, si appellano all’idea di un nuovo Mondo, mentre non ci accorgiamo di quello che il passato rievoca, come memoria, connessioni, seduzione della nostra rampante gioventù che rimane vitale e speranzosa. Ecco i suoni e le parole di “Non torneranno più “ del 2018:

“Non torneranno più, le mille notti in bianco, la gioventù al mio fianco, Roby Baggio e l’autostop, non torneranno più, i miei vecchi polmoni, etc…scioperi e università” .

Ma ci sono brani dei Negrita, che accompagnati da una chitarra elettrica riflessiva e sempre graffiante dona alla voce di Pau futuro, filosofie e modelli per una ripartenza possibile mentre la società, le persone e I popoli  soffrono  e  l’umano si perde nell’insensibile. 

E’ il momento sanremese de “I ragazzi stanno bene” in particolare degli affreschi timbrici dall’esistenza soft rock cosi descritti:

”Tengo il passo sul mio tempo, concentrato come un pugile, sarà il peso del mio karma o la mia fortitudine, con in mano una chitarra e un mazzo di fiori distorti
per far pace con il mondo dei confini e passaporti, dei fantasmi sulle barche e di barche senza un porto, come vuole un comandante a cui conviene il gioco sporco, dove camminiamo tutti con la testa ormai piegata, e le dita su uno schermo che ci riempie la giornata, ma non mi va, di raccogliere i miei anni dalla cenere, voglio un sogno da sognare e voglio ridere, non mi va, non ho tempo per brillare, voglio esplodere, ché la vita è una poesia di storie uniche”.
 

Aristotelicamente i Negrita sono “animali sociali da palcoscenico” con sempre uno sguardo al domani mentre l’oggi si confonde con ieri. “Io guardo sempre avanti, ho sogni più arroganti”. E questo rimane l’auspicio che la musica, i testi e  il rock de I Negrita ci dona per fare della nostro agire sociale attivo “un capolavoro di speranza”. 

La Rubrica RockStory, a cura di Antonio Derinaldis, è un’approfondimento di carattere scientifico e di lettura del nostro tempo su come testi, arrangiamenti, note musicali del rock nelle sue diverse dimensioni, hanno influenzato il costume e la società moderna, creando una vera e propria sociologia del pensiero rock.

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