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PRESENTATA DAI RAI CULTURA IN COLLABORAZIONE CON RAI TECHE L’ANTEPRIMA DEL FILM DOC “JACQUES LECOQ, VIAGGIO IN ITALIA”

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Tre “gioielli” ritrovati e restaurati, tre testimonianze dell’arte di Jacques Lecoq, uno dei più importanti uomini del teatro del Novecento.

Storie in sedici millimetri, riscoperte dalle Teche Rai, che accompagnano il film doc di Felice Cappa Jacques Lecoq, viaggio in Italia, che Rai Cultura propone sabato 18 dicembre alle 21.15 su Rai5 e online su RaiPlay. Sono tre pantomime – praticamente inedite – registrate a Milano nella sede di Corso Sempione: Folie Restaurant, del 1955, Dogana Express, del 1954, entrambe con le musiche originali di Gino Negri, e Fan Fan Bar, con musiche di Mario Consiglio, che è andata in onda – prima della tv “ufficiale” – l’8 ottobre del 1953 e che, a oggi, è uno dei programmi integrali più antichi tra quelli conservati nelle Teche. Nel cast, accanto a Lecoq, una giovanissima Adriana Asti e un sorprendente Romolo Valli, con la regia è di Alessandro Brissoni.

Lecoq, tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta, ha vissuto anni davvero formidabili, non solo per il Teatro e la Rai, ma per la rinascita del Paese. Ha attraversato l’Italia collaborando con tutti i grandi artisti dell’epoca, partecipando a quanto di meglio veniva creato sulle scene, al cinema, nella musica e nelle grandi istituzioni culturali. E, dopo aver collaborato con Gianfranco de Bosio a Padova, nella Compagnia Teatrale dell’Università, ha fondato con Giorgio Strehler e Paolo Grassi la Scuola del Piccolo.

Qui ha realizzato spettacoli mitici come Il dito nell’occhio con Dario Fo, Franco Parenti e Giustino Durano e, con Amleto Sartori, ha riscoperto elementi essenziali della Commedia dell’arte come le maschere in cuoio diventate – grazie all’Arlecchino servitore di due padroni, interpretato prima da Marcello Moretti, e poi da Ferruccio Soleri – icone in tutto il mondo. Lecoq, sempre con Sartori, ha reinventato la maschera neutra, uno degli strumenti più innovativi del teatro contemporaneo, elemento essenziale della pedagogia dell’attore.

Ma non solo: il mimo francese ha lavorato con altri straordinari protagonisti della cultura di quegli anni, da Anna Magnani, che lo ha voluto per le coreografie del suo grande ritorno sulle tavole del palcoscenico con la rivista Chi è di scena?, ai compositori Luciano Berio e Bruno Maderna, che gli hanno affidato la regia di Mimemusique 2 e Allez Hop, su testi di Italo Calvino; da Giancarlo De Carlo ed Elio Vittorini, che lo hanno chiamato alla X Triennale di Milano per un cortometraggio sulla “città che sale” intitolato Una lezione di urbanistica, a Vittorio Gassman e Francesco Rosi, per i quali ha ideato i movimenti di scena di Kean, genio e sregolatezza, girato a Cinecittà.

In Italia ha anche riscoperto l’importanza del coro della tragedia antica, che ha messo in scena per varie stagioni dell’Istituto del Dramma Antico di Siracusa, con primattori come Elena Zareschi e Arnoldo Foà e, a Roma, con Luigi Squarzina, al Teatro Eliseo, ha presentato la prima edizione italiana de I sette vizi capitali di Bertolt Brecht e Kurt Weill con Laura Betti e Carla Fracci. Il viaggio in Italia di Lecoq è documentato da una ricchissima documentazione televisiva della Rai alla quale si sono affiancati molti archivi di istituzioni pubbliche – oltre alla Triennale e al Piccolo Teatro, la Scuola di Lecoq a Parigi, la Paolo Grassi di Milano, l’Archivio Audiovisivo di Intesa Sanpaolo, dell’Opera di Roma, del Museo della Maschera Sartori, dell’INDA, della Fondazione Fo e della Fondazione Fontana, del Teatro Stabile di Torino, del Donizetti di Bergamo e del Franco Parenti di Milano – e archivi privati come quelli di Gianfranco De Bosio e Gino Negri.

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