Poco prima delle festività Natalizie il Congresso degli Stati Uniti ha approvato il disegno di legge “Coronavirus Relief Bill” che concederà ai proprietari di teatri con i requisiti idonei fino a 10 milioni di dollari ciascuno per coprire le perdite dovute alla pandemia del 2020. Il denaro arriverebbe dal disegno di legge già presentato a giugno “Save Our Stages“, nascosto – per così dire – poi nell’immenso pacchetto di aiuti di fine anno del Congresso come parte del piano di spesa totale da 900 miliardi di dollari.
La firma del Presidente uscente Donald Trump è arrivata nella serata di domenica 27 dicembre, e pare che sarà letteralmente evocativa per la storia di due destini distinti e separati dell’industria cinematografica. Perché se da un lato gli schermi indipendenti, che negli USA costituiscono la metà dei 40.000 schermi del paese, potranno contare su una massiccia infusione di denaro, tanti soldi da salvare dalla chiusura la stragrande maggioranza delle attività, dall’altra parte le grandi catene cinematografiche rimarrebbero a secco, non rientrando nei requisiti del disegno di legge.
Siamo davanti ad una totale inversione di marcia rispetto al racconto dell’industria dell’intrattenimento cinematografico del 21° secolo che ha visto sempre favorire i grandi attori aziendali.
Negli USA il calo delle presenze nei cinema è stato almeno del 90%, considerando che le poche strutture che hanno riaperto hanno dovuto accontentarsi di film minori – in quanto le major hanno rinviato le uscite al 2021 ed al 2022 – e di un afflusso spettatori pari al 10-20% del volume di presenze del 2019, anno in cui – secondo il rapporto annuale della Motion Picture Association – 268 milioni di americani e canadesi, ossia il 76% della popolazione totale – sono andati al cinema almeno una volta, con una media di quasi cinque film visti da ognuno durante l’anno.
Gli americani amano il cinema, anche più dello sport. Per fare un rapporto, infatti, nel 2018 secondo la US Travel Association – solo 150 milioni di statunitensi hanno partecipato ad almeno un evento sportivo nell’arco dell’anno. Numeri che, in proporzione, dovrebbero far riflettere – e non poco – anche noi italiani.