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FRANCESCO MARIA PERROTTA: CI PREPARIAMO ALLA RIPARTENZA DEL 2021

Tempo di lettura: 3 minuti

Partiamo dal bilancio dei Festival estivi con l’applicazione dei protocolli di sicurezza anti-Covid.

Un bilancio senz’altro positivo. Siamo stati i primi a ripartire in Italia. La partecipazione del pubblico ai Festival, applicando i protocolli che noi stessi avevamo formulato e proposto, è stata massiccia, ancorché inaspettata. La gente aveva voglia di frequentare i teatri, di assistere agli spettacoli dal vivo. Abbiamo lavorato prevalentemente open air e, tra le variazioni di spettacoli e regie, sono stati tanti gli sforzi artistici ed economici richiesti dalla circostanza. I risultati ci hanno comunque ripagato.

Tra restrizioni e brusche frenate è quantificabile il danno economico subìto dallo spettacolo dal vivo?

Vorrei evitare di soffermarmi sui numeri. Abbondano già analisi, statistiche, dati più o meno oggettivi. Certamente il danno va oltre il mancato introito dei biglietti. Va infatti considerato tutto l’indotto legato all’intera filiera dello spettacolo dal vivo che, in molti casi, ha un impatto ancora più rilevante rispetto alla sola riduzione dei proventi caratteristici. 

Al danno economico seguono i danni sociali, culturali…

Alle problematiche economiche sono seguite quelle sociali. E noi non abbiamo ancora la cognizione dei danni. Ce ne renderemo conto in futuro. Si ha bisogno di cultura, di spettacoli. Probabilmente questa pandemia ha aiutato a far comprendere – questo è il nostro auspicio – che il settore dello spettacolo, cui si guardava come se procurasse solo diletto, è un settore economico a tutti gli effetti e, in quanto tale, crea lavoro e ricchezza in generale. 

Francesco Maria Perrotta

Il binomio turismo-cultura rischia di essere messo a serio repentaglio?

I festival sono il primo avamposto del binomio turismo-cultura. Noi siamo presenti in territori di eccellenze culturali, enograstronomiche, naturalistiche. Le capacità attrattive dei festival sono sotto gli occhi di tutti. La pandemia ha comportato un brusco rallentamento del settore.
Si sono tentati progetti di streaming, come “Estate all’italiana Festival”, organizzato da ItaliaFestival e promosso dal Ministero degli Affari Esteri e dalla Cooperazione Internazionale, che ha visto eccellenze artistiche italiane esibirsi sulla piattaforma. Mancavano i turisti stranieri però: una grave perdita che gli spettatori italiani solo in parte hanno potuto colmare.
Intanto ci prepariamo alla ripartenza nel 2021. Siamo in attesa di conoscere i numeri, l’impatto dei primi vaccini. Lavoriamo sin da ora per non farci trovare impreparati.

Si auspica una graduale riapertura dei luoghi deputati ad accogliere lo spettacolo dal vivo. Lo streaming, intanto, è una valida alternativa?

C’è una battaglia ideologica in corso a cui preferisco sottrarmi. È evidente, per sgomberare il campo, che lo streaming non può essere una alternativa al live. Detto ciò, lo streaming potrebbe costituire un valido aiuto al mondo che eroga cultura, sulla scia del successo estivo. Stiamo continuando con “My Festival Player” sulla nostra piattaforma italiafestival.tv fornendo spettacoli live e on demand gratuitamente.

Lo streaming delle piattaforme funziona per il cinema, ma non funzionerebbe mai per lo spettacolo dal vivo. Non è possibile parlare di una Netflix per la cultura. È un’idea buona in termini di visibilità, ma il business fortemente legato agli abbonamenti e all’on demand non si adatta allo spettacolo dal vivo; pensare di vendere spettacoli in streaming a prezzi alti, per coprire i costi, è impensabile. Manca insomma la sostenibilità economica dell’operazione.
Vi si aggiunga che si rischierebbe di far sparire i “piccoli”, i soggetti che osano di più, che sono meno strutturati nel mondo dello spettacolo.
Lo streaming, in definitiva, è un ulteriore strumento. Da solo non basta.

Il confronto con il Governo, durante questi lunghi mesi di emergenza sanitaria, è stato costruttivo?

Il MiBACT si è rivelato molto attento al comparto. Quello che lamentiamo è la mancanza, in alcune occasioni, di coordinamento con le associazioni di categoria. Noi ovviamente non gettiamo la spugna. In questi giorni il dialogo è ripreso in modo ancora più costruttivo. Auspichiamo, per esempio, una distribuzione equa del Recovery Fund a tutta la filiera. Si tratta di risorse misurate e bisogna razionalizzarle, non sprecarle.  Se è vero che cultura e turismo valgono il 13% del nostro PIL perché solo l’1,6% è stato previsto nel Recovery Fund? Siamo già al lavoro per proporre correttivi e perché il comparto dello spettacolo venga degnamente rappresentato in futuro. 

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