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LA MUSICA, IL COVID E LE SFIDE DEL FUTURO.

Tempo di lettura: 6 minuti

Si è conclusa, da non molto, la Milano Music Week, iniziativa che quest’anno si è svolta esclusivamente online dove si è parlato delle nuove sfide per il rilancio dell’intero settore musicale, che sta vivendo una crisi gravissima al pari di tutte le altre arti dello spettacolo.
Abbiamo fatto una piacevole conversazione con Dino Lupelli, General Director di Music Innovation Hub, una importante realtà che si occupa di innovare il sistema musicale italiano, di cui ne coordina operativamente le attività. Tra questi, Linecheck come progetto di internazionalizzazione, che è stato protagonista della MMW.

Com’è andata questa esperienza completamente digitale con Linecheck all’interno della Milano Music Week?

Linecheck ha svolto un focus molto specifico sugli addetti ai lavori e abbiamo voluto affrontare il tema dei valori della musica, inteso non solo come valore della proprietà intellettuale – e quindi la tutela del diritto d’autore – ma anche come senso di responsabilità che la musica stessa ha. La Milano Music Week è andata bene non solo come numeri di partecipanti, ma soprattutto perché ha saputo mettere insieme alcuni protagonisti dell’industria musicale italiana e riflettere con loro sul tema del perché questa industria non venga percepita come fondamentale nel sistema economico, e a volte nemmeno in quello culturale. Quello che è emerso, è che la musica non riesce ad avere un modello di sviluppo abbastanza equo, che guardi all’innovazione, che centri gli obiettivi sul bilanciamento di genere. A nostro avviso è un’industria che non viene riconosciuta perché non fa abbastanza per esserlo.

Che passi dovrebbe muovere, a suo avviso, per essere riconosciuta come tale?

Guardando l’industria dall’interno, se non si creano le condizioni per costruire delle reti, se non si creano le condizioni di rappresentanza e per una tutela reale del lavoro, la situazione resterà sempre tale. È un’industria che, anziché guardare a quello che la politica dovrebbe fare per lei stessa, dovrebbe darsi un sistema di regole e degli obiettivi un po’ più ambiziosi rispetto a sfornare singoli come se non ci fossero altri ragionamenti da fare intorno.

Si deve quindi reagire, assolutamente, per uscire fuori da questa empasse che è emersa anche a causa del covid.

Sia come Linecheck che come Milano Music Week abbiamo reagito portando la discussione sul piano divulgativo e informativo, discutendone in tutte le direzioni. La soluzione per un vero rilancio è quella di abbracciare due obiettivi, che sono quelli della responsabilità e dell’innovazione. Va completato un processo di digitalizzazione che non si è mai concluso, ad esempio nel mondo dei live. Vanno chiuse alcune partite come la direttiva sul copyright, applicando nuove tecnologie per il riconoscimento del diritto d’autore sulle diverse piattaforme online. Poi si dovrebbe assumere un ruolo di responsabilità, da parte soprattutto dei grandi player, che in questi mesi non hanno quasi mai assunto una vera leadership del settore, ma hanno semplicemente richiesto finanziamenti e supporto economico.

Heroes Mainstage

È fondamentale quindi non solo innovare, ma anche digitalizzare ed internazionalizzare l’industria musicale.

La digitalizzazione è un percorso interessante, ovviamente non per sostituire la musica dal vivo ma per creare nuovi formati, ed ha un grande vantaggio se la si affronta in maniera coerente e con i presupposti di cui parlavamo prima. È un grande vantaggio, ad esempio, nel momento in cui lo streaming lo si fa a pagamento, in cui il pubblico è disposto a pagare per ascoltare quel concerto o per vedere quello spettacolo. Le piattaforme di streaming gratuito, non a pagamento, sono invece internazionali. Hanno tutte sede all’estero e dettano le loro regole, che non sono assolutamente a tutela degli artisti e dell’industria musicale. Allo stato attuale, con il sistema della gratuità che si è imposto nel tempo, non si è fatto neanche un passo in avanti. Se il creativo non tutela la propria creatività e la mette a disposizione di tutti, gratuitamente, non ottiene niente. Nemmeno visibilità: oggi si deve pagare anche quella.

Linecheck

Digitalizzare, tuttavia, non implica automaticamente internazionalizzarsi. Quello è un processo molto più ampio e complesso. Ad oggi, in Italia, importiamo più musica di quella che produciamo. Abbiamo una bilancia commerciale negativa, insomma. Internazionalizzare l’industria è un passo importante che però è correlato a conoscere e fare rete nel mercato al di fuori del belpaese. L’impreparazione, per così dire, dell’industria musicale è anche a causa della lingua. Ci sono operatori del settore che, anche a certi livelli importanti, non parlano nemmeno l’inglese, e quindi non si riesce ad interagire a livello internazionale. 

Il Covid-19 sta cambiando molte nostre abitudini. Cambierà anche il modo di fare musica?

È un processo inarrestabile, a prescindere dal coronavirus. Il modo di fare musica cambia continuamente, sia a livello stilistico che di strumenti a disposizione. La musica continua a cambiare, e con essa cambia anche il modo di fruirne. Attualmente si è evoluta in una dimensione che non mette al centro gli artisti ma guardiamo a dei fenomeni abbastanza particolari, come il predominio delle playlist, la musica che viene richiesta in base a un mood o in base ad uno stato d’animo. Per astratto, se un domani la musica venisse generata da dei software dotati di intelligenza artificiale praticamente la categoria degli artisti rischierebbe di essere tagliata fuori dal sistema. D’altro canto il pubblico ha bisogno di relazionarsi con dei contenuti che abbiano al suo interno un certo livello di umanità. Il vero punto non è se la musica cambierà, ma se cambieremo noi, ponendo una maggiore attenzione verso la conoscenza della musica e dei suoi contenuti. Il tutto è collegato al tema dell’utilizzo della rete, di internet, in una maniera acritica e senza filtri. Chi produce contenuti di qualità deve fare una scelta più consapevole di come questi contenuti vengono distribuiti. Perché la distribuzione passiva, automatica, senza filtri, magari affidata ad un mero algoritmo, produce l’effetto di un abbassamento della qualità e della percezione, che è in qualche modo contraria all’effetto che la cultura dovrebbe avere, ossia innalzare il livello di consapevolezza e di conoscenza da parte dei fruitori.

Linec

Dovremmo arrivare, quindi, non solo ad una nuova rivoluzione industriale, ma anche ad una rivoluzione delle coscienze.

Gli artisti oggi, sono un po’ come gli operai durante la prima rivoluzione industriale della storia. Devono impuntare i piedi e lottare per i propri diritti, cominciando a capire il proprio valore all’interno del sistema. Oggi dobbiamo capire che se la musica è uno strumento anche di creazione di ricchezza, i protagonisti di questa creazione devono avere consapevolezza di cosa significhi proteggerla, perché altrimenti rimaniamo semplicemente un’industria che produce contenuti a beneficio di chi poi monetizza le connessioni, i like, la pubblicità venduta sui social. E chi le monetizza, purtroppo, non siamo noi.

Queste mancate monetizzazioni sono tra le cause che hanno portato i lavoratori dello spettacolo, in lockdown generale rispetto a tutti gli altri settori, ad avere anche dei seri problemi di sostenibilità economica. Sono state diverse le iniziative in loro supporto, tra le quali spicca anche quella di Music Innovation Hub con “COVID-19 – Sosteniamo la musica”.

Music Innovation Hub è una bella scommessa. È una società privata che è anche impresa sociale, ossia una azienda che non produce utili che non siano reinvestiti in maniera responsabile e con il preciso scopo di creare un impatto sociale chiaro sul territorio. Quando siamo nati nel 2018 abbiamo pensato a tutta una serie di azioni per la filiera musicale, dall’internazionalizzazione all’educazione, ai progetti con le carceri ad esempio. È chiaro che il Covid ci ha messo di fronte ad una necessità totalmente diversa, non di investimenti per lo sviluppo ma di assistenza pura a chi ne ha bisogno, pur non essendo il nostro core aziendale. Così è nato “Covid-19 – Sosteniamo la Musica”. Abbiamo raccolto ad oggi circa 800mila euro. Chiuderemo questo progetto a fine anno con 1500 aiuti forniti ai lavoratori dello spettacolo, per poi concentrarci sul progetto di Scena Unita dove all’interno siamo presenti con un ruolo di garanzia. Sono tutte iniziative spontanee che sosteniamo, ma la palla adesso, prima di passare al governo, dovrebbe essere giocata dall’industria musicale. Se non abbiamo chiari noi i nostri numeri, se non sappiamo quanti realmente siamo, se andiamo in ordine sparso, non potremo mai andare davanti al governo per chiedere quel sostegno di cui molti di noi hanno bisogno. Serve una rivoluzione, ma questa rivoluzione deve partire prima da noi stessi.

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Lavoro nel campo della comunicazione e mi occupo di teatro come regista e attore e di radio come speaker e conduttore. Ho scritto e scrivo su numerose testate.

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