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RIVOLUZIONE ADESSO PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI

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Intervista a Gabriele Vian del live club New Age di Treviso

Da venticinque anni, il New Age di Roncade, Treviso, è uno dei locali di riferimento per la musica dal vivo in Italia. Dal novembre del 1996 ospita grandi nomi del panorama musicale italiano ed internazionale, da Skin ai Subsonica, dagli Afterhours a Carmen Consoli, e poi Gazzè, De Gregori e molti altri.

Con l’arrivo della pandemia globale, e subito dopo con il lockdown, il New Age ha abbassato le serrande lo scorso 22 febbraio. Ma non per sempre, anzi: Gabriele Vian, uno dei soci fondatori, spera di poter riaprire al più presto e poter tornare ad accogliere le migliaia di appassionati della musica dal vivo che hanno certificato i venticinque anni di grandi successi.

«E’ una chiusura temporanea – ci racconta Gabriele – e ci tengo a sottolinearlo. Una chiusura dettata sia dalla conformazione del locale, che rende impossibile predisporre le tanto famigerate duecento sedute, e sia a causa delle importanti restrizioni in termini di sicurezza. Tutto questo, insieme, non ci consente di garantire una programmazione di livello che sia economicamente autosostenibile».

Cosa potrebbe venirvi in soccorso?

«Fondi pubblici, senza dubbio. Fondi che non abbiamo mai avuto, ad eccezione di quelli dell’ “extra FUS” che ci ha consentito quantomeno di alleggerire le perdite derivanti dalla chiusura. In tutti i nostri 25 anni di servizio ci siamo sempre autosostenuti economicamente».

Quanto giocano sul vostro futuro le incertezze legate alle nuove possibili strette del (o per meglio dire ‘dei’) DPCM in arrivo?

«Ovviamente tantissimo. Con “Suonica” gestiamo anche un altro live club a Padova, “Hall”, che grazie alle dimensioni maggiori consentirebbe l’accesso di circa trecento persone con posti distanziati di un metro su una capienza reale del doppio. Purtroppo, anche qui, la storia è la stessa: se ci obblighi a non far entrare più di duecento persone salta tutta la sostenibilità economica della stagione. Insomma: la capienza dovrebbe essere stabilita in percentuale e caso per caso, in base alle dimensioni degli ambienti, non da un numero fisso uguale per tutti».

Il New Age supporta Baùli In Piazza il 10 ottobre a Milano per chiedere nuove regole per l’organizzazione degli eventi che ne rendano possibile la sostenibilità economica. A tuo avviso potrebbe esserci una soluzione per coniugare lo spettacolo dal vivo, l’attività dei live club e l’attuale emergenza pandemica?

«Ho dei seri dubbi. Purtroppo, quello dello spettacolo dal vivo è un settore molto particolare. Siamo un vero e proprio fiume composto, però, da centinaia di rivoli. Mi metto nei panni del Ministero: se volesse aiutarci concretamente sarebbe perfino difficile individuarci tutti, perché siamo divisi».

Per dirla con una metafora, una goccia da sola non fa rumore, ma un intero mare in tempesta…

«Esattamente. Quello che manca è l’unità tra noi operatori del settore. Pensiamo, troppo spesso, a badare al nostro piccolo orticello anziché a consolidare le fondamenta della nostra casa comune. Dovremmo fare come i metalmeccanici. Le loro istanze vengono ascoltate perché prendono forza dalla loro coesione».

È il momento giusto, insomma, per fare la rivoluzione.

«Adesso o mai più. I problemi che stiamo vivendo oggi non sono nuovi, ma sono esplosi con forza a causa della pandemia. La verità è che andrebbe completamente rivoluzionato il comparto culturale e dello spettacolo dal vivo in Italia. E adesso, in questa fase di stasi, è il momento giusto in cui muoversi insieme ed andare compatti verso un futuro migliore, fatto di regole condivise e sostenibili, in cui non sono solo i “grandi” a fare da padrone, ma in cui vengono considerati anche gli spazi medio-piccoli che sono la vera ossatura di tutto il comparto. Insomma, o cambiamo adesso o saremo sempre punto e a capo».

Il dover – e voler – rispettare scrupolosamente le regole vi ha portato, quindi, all’impossibilità di riaprire e di programmare una nuova stagione artistica e musicale. Cosa ti sentiresti di chiedere, in questo momento, al Governo?

«Al governo chiederei di darci la possibilità di compensare le perdite economiche. La chiusura, purtroppo, è una scelta obbligata dalle restrizioni che ci sono, e come già detto dall’insostenibilità economica. A chi ci rappresenta, come artisti ed operatori culturali, invece, chiederei più forza nel rappresentarci, di aprire un dialogo costruttivo con i più piccoli. Una sorta di “restaurazione”. Perché se il governo ha la volontà di investire delle risorse ma noi non sappiamo incanalarle verso chi realmente ha bisogno, premiando soprattutto quelle realtà virtuose che troppo spesso sono nell’ombra, allora abbiamo fallito. Servono regole più chiare. Rigide, ma che ci consentano di lavorare. Perché sì, si muore di covid, ma di questo passo molti di noi moriranno di stenti».

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Lavoro nel campo della comunicazione e mi occupo di teatro come regista e attore e di radio come speaker e conduttore. Ho scritto e scrivo su numerose testate.

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