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Webern e la conquista dello spazio sonoro

Tempo di lettura: 4 minuti

“L’artista non fa ciò che gli altri ritengono bello, ma fa soltanto ciò che secondo lui è necessario”.

La parola

Anton Webern, nella raccolta del suo ciclo di conferenze “Il cammino verso la nuova musica”, I, 1989, SE Edizioni, si sofferma immediatamente sulla “parola“, articolo di Karl Kraus apparso nel numero 885/7 della fine dicembre 1932 di “Fackel”, per parlare di forma musicale.

In particolare, “la parola” pone l’attenzione sul fatto che sarebbe molto importante se gli uomini avessero una precisa conoscenza del materiale da essi usato per parlare, e che sarebbe al contempo assurdo occuparsi dello studio della forma della parola o delle funzioni linguistiche, come se fosse un valore estetico. È infatti necessario trattare la parola in vista di un guadagno morale.

L’imparare a vedere abissi, là dove sono luoghi comuni: ciò costituirebbe “il riscatto, l’impegno spirituale”.

Anton Webern

Le leggi di natura

Webern, nell’ambito della medesima conferenza, cita anche Goethe, il quale parla nella Teoria dei colori della “impossibilità di rendersi conto del bello nella natura e nell’arte… Noi vogliamo rintracciare delle leggi… dobbiamo conoscerle”.

E ancora: “Queste grandi opere d’arte sono state prodotte da uomini, come le più grandi opere della natura, secondo leggi vere e naturali. Tutto ciò che è arbitrario e immaginario crolla: dove è la necessità, là è Dio” – “il colore è la natura con le sue leggi in rapporto al senso della vista”.

Sulla base di ciò, il compositore austriaco osserva che Goethe stesso considera l’arte come prodotto della natura universale sotto l’aspetto della natura umana, e in funzione di ciò, non vi sarebbe alcun contrasto essenziale fra il prodotto della natura e il prodotto dell’arte: l’arte sarebbe il prodotto di una natura universale.

A ciò si aggiunge il profilo della necessità e che di conseguenza la musica è la natura con le sue leggi in rapporto al senso dell’udito.

La necessità acquista, quindi, in Webern un particolare significato e peso etico: ”l’artista non fa ciò che gli altri ritengono bello, ma fa soltanto ciò che secondo lui è necessario”.

La struttura, creata conformemente alle leggi del sonoro è in grado di riprodurre il contenuto spirituale della musica. Allo stesso tempo, l’aderenza alle leggi di natura, determina un valore di oggettività della musica stessa.

Webern infine si propone, con il suo ciclo di conferenze, di penetrare “nelle leggi più nascoste per vedere più chiaramente quello che accade oggi”, per percorrere, appunto, così il cammino verso la nuova musica.

Il linguaggio della “nuova musica” del XX secolo è naturale quanto quello della musica del passato.

Lo spazio sonoro

Webern chiarisce, in una delle sue lettere, che le “leggi date dalla natura” del suono sono legate al regolare “rapporto degli armonici rispetto a un dato suono fondamentale”.

Vi è una identità fra le leggi profonde della struttura logica del suono e processo storico. Webern stesso definisce la “conquista dello spazio musicale” come il passaggio da uno stadio ad uno più articolato e sottilmente differenziato nell’ambito di un sistema sonoro.

Nel corso del processo storico, attraverso varie tappe, si ha l’affermarsi di una nuova forma di coscienza sonora.

Ai fini dell’esposizione , si deve intendere come spazio il campo dei rapporti tra suoni che si estendono dal suono iniziale a tutti gli altri, e condizione per l’ampliamento dello spazio sonoro è la conservazione della coerenza logica tra tutti i suoni del sistema sonoro stesso.

La musica di Webern si caratterizza, nello specifico, per una concezione della struttura profonda dello spazio musicale.

Il principio dell’armonia in Webern è fondamentalmente “un insieme di dodici suoni con la dimensione della profondità” (Anton Webern, di V. Cholopova, J. Cholopov, ed. Ricordi-LIM, 1990, con prefazione di Luigi Pestalozza). Lo sviluppo orizzontale, verticale e diagonale di tutti i parametri del suono determina una coincidenza della armonia stessa con il timbro.

In Webern, si individua conseguentemente una policromia timbrica in uno spazio musicale stereofonico. Ogni particella possiede un proprio colore sonoro e rappresenta l’interpretazione Weberniana del concetto di Klangfarbenmelodie espresso dal suo Maestro Arnold Schönberg.

Tale policromia timbrica, estesa in tutte le direzioni, esiste anche come policromia timbrica di tutta la composizione nel suo insieme, fondendosi in uno “spazio-tempo” stereofonico, come accade, ad esempio, in Op.10, IV.

La musica di Anton Webern fatta di timbri policromici in un profondo spazio stereofonico, profonda coerenza logica, vive nella sua aforisticità pure mediante la tendenza al pointillismo in un tempo contratto, fatto di suoni singoli e unità silenziose (pause), profondamente strutturate, proiettate in ogni dimensione anche secondo un uso sviluppato e approfondito della simmetria.

Distrarsi durante l’ascolto può quindi essere fatale, ai fini della godibilità e comprensione.

Webern instilla tutta la sua passione e convinzioni profonde nella sua musica, e si aspetta uno sforzo più che positivo da parte dell’ascoltatore perché possa ritrovarsi proiettato completamente in quello spazio sonoro conquistato.

Esempio di analisi delle relazioni insiemistico-strutturali in Drei Kleine Stücke per violoncello e pianoforte, Op. 11, III – a stesso colore o tratto corrisponde medesima relazione
Scritto da

Autore, docente, sound designer e ingegnere del suono, si occupa professionalmente di disegno sonoro per il teatro d’Opera.

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