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Tecnologia e spettacolo

La sintesi sottrattiva

Tempo di lettura: 2 minuti

L’introduzione dei transistor

In relazione allo sviluppo della musica elettronica, la nascita del transistor verso le fine degli anni ’50 del secolo scorso ha costituito un vero e proprio punto di volta, dal momento che fino ad allora i dispositivi erano legati al ricorso a valvole termoioniche.

Uno dei primi ingegneri a comprendere il profondo senso di tale rivoluzione tecnologica fu Harald Bode, che pubblicò all’inizio degli anni ’60 un articolo sui dispositivi basati, appunto, su transistor e sui vantaggi della modularità.

L’iniziativa in termini di realizzazione è però associata alla figura di Robert Moog, che realizzò un oscillatore controllato da voltaggio nel 1964.

Il concetto di sintesi sottrattiva

La sintesi sottrattiva si basa fondamentalmente sul principio di creare un segnale complesso per mezzo di uno o più oscillatori. Tale segnale complesso andrà poi filtrato.

L’idea elementare di base è poter dividere uno strumento da riprodurre in tre parti principali: una sorgente, un modificatore e dei controlli che fungano da interfaccia fra il musicista e lo strumento.

L’idea e la pratica di base, quindi, è inversa a quella della sintesi additiva che invece si fonda sulla “sovrapposizione” di onde sinusoidali.

Uno dei vantaggi immediati della sintesi sottrattiva consiste nel fatto che è particolarmente veloce e relativamente intuitivo realizzare timbri diversi con pochi elementi semplici da comprendere.

La sintesi sottrattiva si fonda quindi sugli oscillatori (generatori di onde di vario tipo: triangolari, quadrate, a dente di sega, oppure generatori casuali di rumore), sui filtri (passa alto, passa basso, passa banda con possibilità di controllo di picco risonante con, appunto, un controllo Q o resonance), sull’amplificazione e sui modulatori (oscillatori a bassa frequenza – chiamati LFO – per introdurre ad esempio tremolo o vibrato; generatori di inviluppi per controllare i filtri o l’amplificazione).

Il percorso del segnale parte quindi dagli oscillatori, che vengono in varia misura miscelati fra loro, per poi dirigersi verso i filtri, e infine verso l’amplificazione.

Le varie sezioni vengono denominate VCO (Voltage Controlled Oscillator), VCF (Voltage Controlled Filter), VCA (Voltage Controlled Amplifier).

Questi dispositivi, quindi, sono controllati in tensione.

La possibilità di controllo del voltaggio consente di pilotare vari parametri di questi elementi.

I VCO forniscono il controllo di frequenza o altezza del loro output, e possono fornire altresì degli input ai fini di modulazione e per modificare la forma del suono in uscita.

In relazione alle forme d’onda, la triangolare contiene un certo, limitato ambito di armoniche dispari, l’onda quadra altresì contiene solo armoniche dispari ma in quantità più cospicua, e l’onda a dente di sega contiene sia armoniche pari che dispari.

I filtri poi, secondo le impostazioni dell’utente, tenderanno a eliminare alcune componenti dello spettro, ma altresì possono introdurre dei fenomeni di risonanza su frequenze specifiche.

I controlli di inviluppo, invece, consentono di regolare lo sviluppo dinamico del suono, sia per controllare l’amplificatore, sia per controllare il funzionamento del filtro, determinando tempi di attacco, decadimento, sustain e rilascio.

L’impatto dell’introduzione della sintesi sottrattiva con dispositivi controllati in tensione è stato considerevole nell’ambito della storia della musica, anche pop-rock.

Si ricorda inoltre il disco Switched-on Bach, di Wendy Carlos, pubblicato alla fine degli anni ’60 che contiene una esecuzione di lavori di J. S. Bach esclusivamente per mezzo di un sintetizzatore modulare Moog.

Scritto da

Autore, docente, sound designer e ingegnere del suono, si occupa professionalmente di disegno sonoro per il teatro d’Opera.

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