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LA VICENDA UMANA E ARTISTICA DEL MUSICISTA CHARLIE MINGUS AL KISMET

Tempo di lettura: 2 minuti

Un monologo liberamente ispirato alla vicenda umana e artistica del musicista nero americano Charlie Mingus in scena al Teatro Kismet di Bari. In Bastardo Acustico (produzione Associazione I negri) Antonio Campobasso accompagna Sabato 27 Novembre alle ore 21 e Domenica 28 Novembre alle ore 18 il pubblico in un solitario viaggio “a rischio” nella memoria inquieta e “pericolosamente” creativa del personaggio forse più “molesto” della storia del jazz.

Una partitura jazz, in cui Campobasso gioca con la parola, la lingua, la gestualità e lo spazio come fossero ciascuno lo strumento di una band, per il nuovo appuntamento della Stagione 2021.22 del Teatro Kismet, a cura di Teresa Ludovico.

“Bastardo acustico è un monologo liberamente ispirato alla vicenda umana e artistica del musicista nero americano Charlie Mingus” – afferma Antonio Campobasso.

Prosegue – Un solitario viaggio “a rischio” nella memoria inquieta e “pericolosamente” creativa del personaggio forse più “molesto” della storia del jazz. Quando alcuni anni fa ebbi l’intuizione di dare corpo e voce in un teatro di prosa alla figura di Mingus, mi fu subito chiaro che ciò che volevo “innescare” sulla scena era la sua indole umana e psicologica, i suoi umori, la sua trasgressione, il suo stato limite, e persino la sua violenza nella parola. La parola con i suoi ritmi, i suoi pretesti, le sue minacce… La sua maledizione. Il suo guaire. E questo perché sulla scena ci sono anch’io, con i miei fermenti, le mie ansie, la mia “dannata” necessità” di scavare nei silenzi urlati e marciti tra le mura del carcere e del manicomio“.

Conclude – “C’è poi l’aspetto “ludico” e concertistico della performance, quello del teatro inteso come azione ritmico-musicale. Partendo da una scrittura parallela, ma del tutto auto-noma rispetto alla mingusiana autobiografia “Beneath the underdog” ho concepito “Bastardo acustico” come una partitura jazz, giocando con la parola, la lingua, la gestualità e lo spazio come fossero ciascuno lo strumento di una band che insegue e si nutre di una melodia per trasgredirla alla prima occasione. Una drammaturgia “blasfema”, la mia, segnata da sfuriate verbali in dialetto triggianese e concitati passaggi musicali. C’è rabbia, resilienza, ironia…e un feroce, maligno desiderio di affilare un dissonante, irriverente teatro jazz a sud… molto più a sud del Teatro“.

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