Esistono album interessanti e album monotoni, album più o meno riusciti. Poi ci sono le Leggende. Prodotti che hanno alzato l’asticella marcando precise date della storia della musica. È l’8 novembre 1971 e i Led Zeppelin hanno appena tolto il tappo al loro evidenziatore e marcato questa data, viene pubblicato il loro quarto album: Led Zeppelin IV.
49 anni fa il quartetto più controverso, selvaggio e allucinante del rock britannico sale in cattedra con un mix di stili e suoni mai sentito prima, scrollandosi di dosso tutte quelle critiche sopraggiunte dopo il loro precedente album. Un disco dalla doppia faccia di una stessa moneta, così come la band che lo ha inciso; uno stile rock ed elettronico circondato da un’aura acustica di misticismo e spiritualità. La forza di questo album, e il motivo della sua immortalità, risiede nell’incredibile capacità di passare da un genere ad un altro unendo tecniche eterogenee e affiancando pezzi apparentemente sconnessi tra loro. Già dopo le prime tracce si capisce il genio (o follia) dei Led Zeppelin: un inizio col botto sotto l’insegna del hard rock per poi passare ad una melodia che ricorda quella di un menestrello medievale che racconta nobili gesta ed epiche battaglie.
Un continuo zig zag tra generi e stili che apre le porte dell’Olimpo della musica per culminare con il pezzo di punta della band, Stairway To Heaven. Probabilmente tra i brani più ascoltati, analizzati, criticati e osannati nella storia. Riassunto in una parola: magico. Questo brano è la band, è la linfa vitale di Jimmy Page e Robert Plant. Dopo solo pochi ascolti si può avvertire l’anima, il pensiero e lo spirito degli artisti, sentendoseli più vicini quasi da sembrare di conoscerli.
Forse è questa la forza di questo disco, la capacità di costruire un ponte con l’ascoltatore. Un ponte tortuoso e non sempre facile da attraversare, con sbalzi e pericoli; ma anche avvolto in quell’alone di mistero e benevola curiosità che porta ad una profonda conoscenza del proprio animo.