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Il mito dei Led Zeppelin celebrato da Bob Spitz

Tempo di lettura: 4 minuti

LED ZEPPELIN. LA BIOGRAFIA DEFINITIVA
Bob Spitz
Traduzione Alfredo Marziano
(Rizzoli Editore)

Sono stati il suono degli anni settanta, coloro i quali sono diventati leggenda per le loro canzoni. I Led Zeppelin sono stati protagonisti di un universo musicale che ha rivoluzionato il modo di fare rock. Su di loro esistono centinaia di testi, autorevoli e non, che raccontano il mito dei Led Zeppelin.

Bob Spitz, già autore delle biografie su Bob Dylan e The Beatles, ha ritenuto opportuno scrivere Led Zeppelin. La biografia definitiva, pubblicata da Rizzoli, la cui traduzione è curata da Alfredo Marziano.

Con questo libro, l’intento del giornalista americano è di spazzare via l’iconico Hammer of the Gods di Stephen Davies. Un’opera magna che non trascura nessun particolare della storia di una band che ha lasciato una inestimabile eredità musicale.

Nel decennio 1969-1979 gli Zep hanno pubblicato otto album che, a distanza di anni, sono considerati dei veri e propri capolavori. Elencare il numero di “gemme” che Page e soci hanno composto sarebbe interminabile.

John Paul Jones, John Bonham, Jimmy Page, Robert Plant

La storia scritta da Spitz, che scorre fluida nella sua narrazione grazie all’ottimo lavoro effettuato da Alfredo Marziano, nelle sue 600 pagine non trascura l’aspetto musicale, la loro ascesa a miti e l’importanza avuta nel periodo d’oro del rock.

Aiutato da numerose citazioni – riassunte in ben 85 pagine aggiuntive – e da centinaia di testimonianze, Spitz conduce il lettore dietro le quinte della loro storia. Una vera manna per i fan dei Led Zeppelin, che potranno idealmente vivere le prime band adolescenziali di Jimmy Page, Robert Plant, John Paul Jones e John Bonham, le collaborazioni di Page e Jones in veste di turnisti con gruppi e cantanti di levatura internazionale, come The Who, Eric Clapton, Jeff Beck, John Mayall, Dusty Springfield, The Rolling Stones, P.J. Proby e Donovan, per citarne solo alcuni.

Non mancano le descrizioni delle sessioni di registrazione dei singoli album, le performance dei loro tour e l’importanza avuta dal corpulento manager Peter Grant e da Richard Cole.

«Ho deciso di raccontare l’intera storia della band. Il loro comportamento “on the road” non era un segreto. Ero determinato a ritrarlo in modo diretto. Per me era importante lasciare che i comportamenti dei musicisti parlassero da soli. Lascio anche che le donne, coinvolte nelle varie situazioni, parlino da sole. Spesso erano scene brutte. Fa parte della storia dei Led Zeppelin».

Con queste parole Spitz ha presentato il suo libro.

Proprio quelle “scene brutte” , note a tutti coloro i quali avevano già letto il libro di Davies, lasciano un senso di amaro in bocca. A volte sembra eccessiva la sua volontà nel sottolineare aspetti negativi, sicuramente ingiustificabili e condannabili, che a tratti oscurano il valore dei musicisti.

Era una generazione sesso, droga & rock ‘n’ roll, i cui deprecabili eccessi non possono essere taciuti. Sarebbe come omettere una triste verità. Ogni musicista, però, andrebbe giudicato per ciò che è riuscito a creare.

Citando il famoso brano di Bo Diddley ‘You can’t judge a book by the cover’, i Led Zeppelin vanno giudicati per ciò che sono riusciti a creare: la musica.

Bob Spitz ha scritto il suo libro senza essere un loro fan. Un aspetto che ha sgomberato il suo pensiero da preconcetti sulla band.

«Quando il mio editore mi ha chiesto di scrivere questo libro, avevo più di 20.000 album in vinile nella mia collezione e non un singolo LP dei Led Zeppelin. Se mi avesse chiesto di nominare una delle loro canzoni, avrei potuto inventare “Whole Lotta Love” e “Stairway to heaven”, ma questo è tutto. Ero in viaggio con Bruce Springsteen durante il periodo di massimo splendore di Zep e le nostre strade musicali non si sono incrociate. Ho passato mesi, anni, ascoltando la loro musica con una mente aperta e spesso a bocca aperta».

Parole che sottolineano la sua volontà di dare una diversa prospettiva alla biografia immaginata.

Led Zeppelin – Whole Lotta Love Led Zeppelin – Stairway To Heaven

La stampa non è mai stata tenera con i Led Zeppelin. Già all’esordio del loro primo album, l’omonimo “Led Zeppelin”, Rolling Stone, la bibbia del rock ‘n’ roll americano, ha dichiarato che quello era una “valanga di tamburi e urla“. Il Los Angeles Times ha salutato un primo spettacolo come “un’esibizione di incredibile autoindulgenza“.

Furono questi alcuni dei motivi per cui la band iniziò a detestare i giornalisti. Un atteggiamento mantenuto per tutta la loro carriera, al quale si aggiungono la strategia commerciale di non voler pubblicare 45 giri e l’idea, quasi snob, di voler creare un mistero intorno alla copertina del loro quarto album, privo di titolo e del loro nome. Una scelta che ha dimostrato che per loro “parlava” la musica.

Infatti, Bob Spitz in Led Zeppelin. La biografia definitiva non manca di esaltare le relazioni tra Page & co., riuscendo a farlo in maniera più appassionata di altri autori. Sottolinea il loro modo collaborativo con cui hanno composto l’intero songbook, riconoscendo ad ognuno di loro il ruolo fondamentale all’interno della band. Ruolo che, anche nei momenti più “controversi”, non gli ha permesso di deludere i loro fan.

Così è stato durante il loro ultimo concerto all’O2 Arena di Londra il 10 dicembre 2007. A distanza di circa tre decenni gli Zep accettarono di esibirsi nel corso di un evento di beneficenza in memoria di Ahmet Ertegun, boss della Atlantic, il discografico che per primo ha creduto in loro.

«Erano tanti gli scettici che al solo pensiero rabbrividivano. Lo spettro del Live Aid era ancora fresco nella memoria del pubblico, e le indiscrezioni raccolte “on the road” non erano incoraggianti. Eppure, furono venti milioni i fan provenienti da cinquanta Paesi diversi che fecero domanda dei biglietti distribuiti attraverso una lotteria».

A sostituire John Bonham fu chiamato suo figlio Jason, cresciuto a pane e batteria. Uno che conosceva alla perfezione ogni singolo passaggio dei brani suonati dal padre con i suoi amici.

Tralasciando il costo dei biglietti lievitato a dismisura nel mercato dei bagarini, quel concerto fu un enorme successo. Per una strana coincidenza, quasi per un allineamento dei pianeti, a esaltare quell’ultima esibizione furono i “nemici” della stampa. Su tutti, significativo è stato il commento del New Musical Express:

«Se c’erano degli scettici in giro, stasera, i Led Zeppelin li hanno messi a tacere».

Il giusto epilogo di una carriera fantastica.

È questo il motivo per il quale Led Zeppelin. La biografia definitiva è un libro fondamentale. Attraverso i suoi racconti Bob Spitz indica una nuova lettura della storia di una band, inevitabilmente invecchiata con i propri fan. Non altrettanto è avvenuto alla loro musica, che resterà sempre un punto di riferimento per le future generazioni. Saranno sempre The Gods of Hammer, miti irraggiungibili che non saranno giudicati per i loro eccessi.

(giuseppepanella.it)

Scritto da

Giuseppe Panella è giornalista e critico musicale. Da sempre non limita i suoi interessi alla musica, scrivendo anche di teatro e di libri. Da circa venti anni è addetto stampa di alcuni festival, artisti e radio. Tra le sue collaborazioni quella con MusicalNews, Classic Rock, Vinile, Gazzetta del Sud, Il popolo del blues, Tutto Sud News e Muzi Kult. Nel 2011 ha contribuito con una scheda al libro "Da Mameli a Vasco. 150 canzoni che hanno unito gli italiani", curato da Maurizio Becker e pubblicato da Coniglio Editore. Nel 2011 e 2012 è stato direttore responsabile di Onda Calabra. Ha un suo blog (www.giuseppepanella.it)

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