“Volonté – L’uomo dai mille volti” è il documentario scritto e diretto da Francesco Zippel, in concorso a Venezia Classici e proiettato in alcune sale italiane dal 23 al 25 settembre.
Un’operazione necessaria per omaggiare il grande attore Gian Maria Volonté, di cui ricorre il trentennale della morte, e rimarcarne l’alta levatura artistica e intellettuale.
Nel ricostruire il suo percorso professionale e personale, Zippel traccia inoltre le coordinate di un’epoca che non c’è più, disseppellisce quel mondo di cui Volonté ha respirato i profumi e i fetori, ha assorbito i drammi e le speranze, ha restituito, attorialmente e sempre da militante, la complessità. Talora persino filmandone i risvolti più tragici, come per il caso Pinelli o per gli scontri tra lavoratori e polizia a Piazza di Spagna. Ché l’impegno politico e la sua professione d’attore non hanno mai corso su due binari separati.
Nel documentario testimonianze e considerazioni di Giovanna Gravina Volonté, Fabrizio Gifuni, Valeria Golino, Valerio Mastandrea, Marco Bellocchio, Margarethe Von Trotta, Felice Laudadio, Daniele Vicari, Giuliano Montaldo, Angelica Ippolito, Mirko Capozzoli, Gianna Giachetti, Pierfrancesco Favino, Jean A. Gili, Toni Servillo, Fabio Ferzetti, Gianna Gissi.
Zippel passa in rassegna i principali lavori di Volonté, segna i momenti di svolta e le tappe più salienti in ambito cinematografico, incoraggiando così a un approfondimento posteriore, d’altro canto doveroso, su tutto il repertorio dell’attore e, più in generale, su quel cinema che Volonté contribuì a far splendere dentro e fuori i confini dell’Italia.
Al Festival di Cannes del 1972, per esempio, furono premiati eccezionalmente in ex aequo “Il caso Mattei” di Francesco Rosi e “La classe operaia va in paradiso” di Elio Petri. Ed entrambe le pellicole si avvalgono di quel talento inarrivabile di Volonté al cospetto del quale ahimè sbiadiscono oggi persino gli attori chiamati da Zippel a raccontarne la straordinarietà.
Emergono, tra le altre cose, e di ciò si rende merito al giovane regista, la personalità di Volonté e tutte le asperità caratteriali che poi l’attore portava sul set o a teatro.
Si comprende finalmente di come una precisa weltanschauung sia indispensabile per l’affermazione di un artista. Non bastano insomma scuole e accademie a fare grande un attore che non abbia una precisa idea di mondo, che non getti uno sguardo lucido e critico sulla realtà, che non si interroghi sistematicamente, e talora con piglio inquieto, sull’esistenza. Lo spessore umano di Volonté, che il documentario rimarca, è dunque imprescindibile per spiegare la maestosità dell’attore.
Il padre fascista, le difficoltà economiche familiari e un travolgente desiderio di affrancarsi persuadono Volonté a eleggere il cinema quale strumento per la sua personale rivoluzione sociale. I personaggi che interpretava lo contenevano, ne assorbivano l’autorevolezza, il fascino, il rigore, il tormento.
La verità è che Gian Maria Volonté, del quale nel documentario non si trascura la dimensione artistica, fu essenzialmente un intellettuale. Un intellettuale che scelse di essere attore e di stabilire un rapporto rivoluzionario tra arte e vita.
Dai filmati ricaviamo la sua verve oratoria, l’ironia, la distensione della sua voce, la rigidità in particolari occasioni, molte volte l’inintelligibilità dei suoi pensieri. A parlare erano piuttosto i suoi occhi, che sapevano accendersi, sapevano intimorire.
Lulù Massa, Enrico Mattei, Aldo Cervi, Lucky Luciano, Giordano Bruno, Bartolomeo Vanzetti, Michelangelo Buonarroti, Aldo Moro e tutti i personaggi interpretati costituiscono i mille volti di un attore cui era estranea l’apoliticità del cinema. Ed è per questo che quei personaggi, molti dei quali frutto peraltro dell’ingegno di altri intellettuali, tra scomode verità e iperboli del reale, rimandano a un mondo capace ancora di riflettere su sé stesso.
Zippel legittimamente si sofferma anche sull’uomo Volonté: padre, compagno, amico. Allora comprendiamo di come il lavoro permeasse tutta quanta la sua esistenza, di come un personaggio valicasse i confini della finzione e sopraggiungesse nell’universo familiare, quotidiano di questo grande attore perennemente sospeso tra arte e vita. Navigando, per personale necessità, nelle acque torbide della società e in quelle trasparenti della sua isola, La Maddalena, ove è sepolto. Prima che il mondo cambiasse. E prima che quelli come lui non potessero più abitarlo.