L’ultimo dato ha registrato che ogni euro speso ne ha generato 4,05 nell’economia
La cultura genera ricchezza e il suo mezzo più potente è lo spettacolo dal vivo. Ogni anno leggiamo dati che confermano quanto un evento culturale abbia generato ricchezza sul territorio in cui si è svolto, ogni anno viene confermata la teoria sull’alta redditività (diretta e di indotto) di ogni euro investito in cultura ad ogni livello.
Vasco Rossi a Trento
Sono stati resi noti nei giorni scorsi i dati che Nielsen, leader globale nella misurazione dei dati, ha analizzato relativamente alla “data zero del live 2022 di Vasco Rossi” che ha inaugurato il suo nuovo tour nella “Trentino Music Arena“.
Il concerto a Trento del 20 maggio scorso, ha generato un impatto economico di 43,6 milioni di euro.
La spesa media effettuata dagli spettatori nei giorni dell’evento è stata pari a circa 82 euro per ciascuno dei partecipanti al concerto del 20 maggio e della prova generale del giorno precedente. Un totale di circa 10,1-10,2 milioni di euro.
Il dato meramente matematico si eleva ancor di più considerando che, secondo il moltiplicatore dell’impatto economico che sottolinea come ogni euro speso ne abbia generato 4,05 nell’economia, anche il valore della visibilità mediatica ottenuta dal Trentino e dalla città di Trento durante il concerto è aumentato esponenzialmente.
Stando al report, un terzo dei partecipanti è risultato proveniente dalla provincia di Trento mentre le strutture turistiche trentine, gli alberghi fino a 3 stelle e i bed and breakfast, hanno accolto il 50% degli spettatori. Quasi la metà degli spettatori, il 42%, ha pernottato almeno una notte sul territorio: il 50% per cento una notte, il 40% due notti, l’8% tre notti e il 2% quattro o più notti.
Più che raddoppiato il valore dell’investimento culturale in soli 4 anni
Solo nel 2018 la “Misurazione dell’impatto socioeconomico che le sale cinematografiche e gli eventi culturali producono nell’economia dei territori”, ricerca a cura di AGIS, Impresa Cultura Italia – Confcommercio e Università IULM con la collaborazione dell’Istituto MAKNO, ha registrato che, tra spesa al botteghino, shopping, trasporti e pasti fuori è stata triplicata la spesa culturale di base fino a quell’anno: ogni euro in biglietti di ingresso ha generato (nel 2018) 2 euro di spese extra.

Sarà la voglia di riscatto e rinascita post pandemica, o la consapevolezza che il motore industriale della cultura possa farsi strada tra le altre peculiarità che il Paese esprime, il dato inconfutabile della ricchezza lasciata sui territori dagli eventi di spettacolo è acclarato dai dati e dalle continue e lungimiranti proposte culturali di qualità.
“La cultura dovrebbe essere la prima impresa italiana“
La cultura, a mio avviso, dovrebbe essere la prima impresa italiana: in una nazione di città d’arte, di borghi, di enogastronomia, la cultura è fortemente attrattiva.
… Purtroppo, per tanti anni la cultura è stata considerata una sorta di parente povera: forse perché noi italiani abbiamo talmente tanto da offrire che non ci siamo neppure preoccupati di promuoverlo, di fare marketing. Occorre fare cultura, sì. E occorre saperla diffondere, farla conoscere, renderla fruibile.

Così Gian Luca Laurenzi, presidente della Fondazione di Partecipazione Umbria Jazz in una recente intervista di Lina di Lembo per NdS.
“Nel 1967, quando nacque il Festival, nel paese c’erano un bar, un’osteria, un ristorante e una bottega di commestibili”
… Il turismo culturale è in forte espansione e porta a benefiche ricadute economiche, anche attraverso l’indotto. Per Verezzi, basta una semplice osservazione: nel 1967, quando nacque il Festival, nel paese c’erano un bar, un’osteria, un ristorante e una bottega di commestibili, mentre oltre mezzo secolo dopo (acquisito anche lo status di uno dei Borghi più belli d’Italia) tra B&B, pizzerie, ristoranti, bar, boutique e negozi gli esercizi commerciali sono saliti a una ventina. E molte abitazioni allora fatiscenti si sono trasformate adesso in alloggi da prima o seconda casa, affittati o venduti a prezzi non propriamente da borgata di periferia.

Così Stefano Delfino, direttore artistico del Festival Teatrale di Borgio Verezzi, intervistato da Giusi Arimatea per NdS.
