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SESSANTA GIORNI

Tempo di lettura: 4 minuti

Sessanta giorni alla fine di quest’anno così strano, in cui molti piani e molte uscite discografiche sono cambiate, riformulate e posticipate a causa della pandemia, nella speranza di poter portare live un disco “fresco”, piuttosto che aspettare all’infinito. Così ci ritroviamo le uscite di album che non potevano essere più rinviati (vedi l’ultimo degli Idles) pubblicati in concomitanza, in questo pazzo periodo da cui ci si aspettava francamente dal punto di vista sanitario mondiale, di meglio.
Sessanta giorni son passati invece dalla fine dell’estate, e siamo qui, oggi, nel giorno di Halloween, a ragionarci, in perfetto equilibrio tra le due sensazioni.

Il racconto musicale parte con il nuovo lavoro di Sufjian Stevens, disco nuovo dalle forti tinte elettroniche, estremamente diverso dal suo predecessore nei suoni, ma non nell’animo intimo e sublime. Se aveste voglia di perdervi in qualcosa di commovente ed unico per entrare empaticamente nel mondo disegnato da  The Ascention, consiglio Sugar, sia nella versione disco, che nella versione video, estremamente emozionante. Per gli amanti del “vecchio Sufjan”, ma anche delle chitarre, segnalo il ritorno di Day Wave, talentoso chitarrista di Portland, che nell’ultimo ep si diletta al piano, disegnando con “Crush” uno degli episodi romantici più importanti e sottovalutati dell’anno.

A proposito di dischi sottovalutati, nella classifica pop di fine anno toccherà fare i conti anche questa volta con Jadu heart, duo inglese di base a Londra che aveva incantato già incantato all’esordio l’anno scorso con Melt Away, quest’anno si conferma con Hyper Romance, altro disco di spessore che ha agitato i cuori di una fan base costruita organicamente da indipendente su YouTube, che ha attirato nomi di Producer importanti attorno, quali Mura Masa ed altri.  Come facciano sia lui che lei a cantare divinamente e a comporre praticamente solo singoli rimane un mistero più interessante delle loro reali identità.

A proposito di identità celate, il disco dell’anno, comunque vadano i prossimi sessanta giorni, è già bello che assegnato. I Sault, collettivo anonimo inglese, in diciotto mesi han sfornato ben 4 album, di cui due negli ultimi dodici. La qualità è indiscutibile, il sound design da fuoriclasse. Adesso tocca solo decidere se dare il primo posto, tra i due Untitled, a Free o a Black Is, o semplicificare il tutto facendo finta che siano due episodi della stessa stagione. Assolutamente consigliati, da lista spesa, qualsiasi sia il genere preferito o gli ascolti di riferimento.

Per la  categoria “vecchie conoscenze” ecco i Mogwai, graditissimo ritorno per l’iconica band scozzese che ieri ha pubblicato “Dry Fantasy”, nuovo singolo a la Mogwai che preannuncia il nuovo disco “As The Love Continues”, la data cui data di uscita è il 19 febbraio 2021. Restando in Scozia, nuovo singolo “Spirals” per Django Django, al solito lavoro di ricerca e di scrittura di spessore. Di oggi invece la pubblicazione del nuovo lavoro dei Nothing “The Great Dismal” che mi sta onestamente assorbendo tutto il giorno per bellezza e qualità. Se sei un boomer, un amante dello shoegaze e dell’indie classico (quello vero, ovviamente, non quello all’Italiana) hai trovato probabilmente il tuo disco dell’anno. Sempre di ieri il ritorno dei Sleaford Mods con Mork n Mindy Ft. Billy Nomates, pezzo assolutamente ispirato, dalla struttura claustrofobica e dalle liriche irriverenti. Il premio poliedricità va questa settimana a Mac De Marco, capace in meno di sette giorni di apparire in ben due singoli: nella collaborazione con Myd (Movin’ men è uscito per  la francesissima Ed Banger, casa di Justice e soci, ma da sempre casa anche del buon gusto) che dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, la versatilità del nostro beniamino, e poi  l’uscita “Movin’ men”  e poi quella su Stone Throw con Benny Sings per Rolled Up, anche qui e forse anche di più classe e finezza al servizio del buon umore. Il capitolo Idles lo terrei invece a parte, data l’importanza dell’ultimo disco, però lascio qui uno spoiler sul mio parere:”vcosa vi aspettavate da un disco la cui dichiarazione di intenti sta tutta in quel titolo “Ultra Mono” che lascia pochi dubbi sull’obiettivo della band dal punto di vista sonoro e della produzione?”. Detto questo, mi sento di segnalare tra i miei episodi preferiti dell’album uno dei più criticati dell’album ovvero Hymn, dai due video stupendi. In conclusione, ogni persona dovrebbe essere amata, gli Idles per primi. Sono la band degli altri siamo noi, è la nostra band, tocca amarla, sempre e comunque, come atto di fede. 

Torniamo ai grandi ritorni e finiamo lo spezzone di categoria: gli Still Corners son pronti per il loro quarto album”The last Exit” in uscita il 22 gennaio 2021, e questa settimana ci hanno illuminato i divani con il video del secondo singolo estratto “Crying”: più che un titolo, uno spoiler. E’ invece già uscito BEFORE ep di James Blake, re di quarantena. Le qualità del ragazzo sono conclamate e non c’è molto da aggiungere… per il sottoscritto uno degli artisti più emozionanti dell’ultimo decennio. 

Sempre in settimana Italians Do It Better ha fatto uscire la compilation culto After Dark arrivata al terzo episodio, curata direttamente da Johnny Jewel padre/padrone dell’etichetta, dei Chromatics e di tutto quell’universo. Imperbidibile per i fanatici, non dispiacerà di certo agli amanti del synth pop e del dream pop. Bellissimo e super curato il triplo vinile, però la spesa extra della spedizione dal Nord America in questo momento storico diventa proibitiva ed opto per il simbolico euro via bandcamp per scaricarla, aspettando tempi migliori.

Categoria dischi imperdibili. 

Autechre – SIGN.: ci perderemo altre notti, già lo so. 

Future Island -As long as you are: ci perderemo altre notti, ma per motivi romantici e diversi da quelli degli Autechre. 

Flaming Lips – American head: quando i Flaming Lips fanno i Flaming Lips non ce n’è per nessuno.

Fleet Foxes – Shore: non ve lo dovrei neanche spiegare perché.

Thurston Moore – By The Fire: by the way, we are boomer inside and we like it.

Kevin Morby – Sundowner: una voce, dei racconti, una chitarra per un disco che rasenta la perfezione.

Listone finale di altri dischi stupendi, probabilmente da classifica di fine anno usciti negli ultimi due mesi o giù di lì: Thee Oh Sees – Protean Threat, Bob Mould – American Crisis, Andy Bell – The View From Halfway Down, Salem – Fires in Heaven, Metz – Atlas Vending ed altri ancora di cui adesso mi scuso e che ricorderò tra un mese e non mancherò di consigliarvi. 
Nel frattempo sono qui, è mezzogiorno, ed è metà di tutto, anche di questo giorno in cui conta solo la mezzanotte.
Stay safe e buona musica a tutti e se aveste voglia di qualche consiglio per una playlist di Halloween stranamente casalingo, son qui.

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