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IN ATTESA DELLA RIAPERTURA: IL CACCIATORE DI MICHAEL CIMINO

Tempo di lettura: 7 minuti

Il 27 febbraio 1979 nei cinema italiani venne proiettato un film monumentale, in grado di affrontare la tematica della guerra in Vietnam e della condizione dell’America con un’intensità e un dolore tale da restare impresso nella memoria ed essere ricordato come uno dei migliori film di guerra mai realizzati: Il Cacciatore di Michael Cimino.

Il Cacciatore è un film del 1978 diretto da Michael Cimino e scritto da Deric Washburn. Nato da un’idea del regista Cimino, Il Cacciatore è una delle pellicole di guerra più famose e apprezzate della storia, nonostante non sia propriamente un film di tale genere.

Il Cacciatore è diventato uno dei simboli della corrente della Nuova Hollywood per le sue tematiche cupe e i suoi protagonisti alienati, mostrando il vero volto di un’America devastata da una guerra insensata. Al successo del film ha contribuito oltre a una sceneggiatura ferrea anche un cast eccezionale, in cui figurano attori del calibro di Robert De Niro, Christopher Walken, John Savage, Meryl Streep e John Cazale.

«Uccidere o morire in montagna o nel Vietnam è esattamente la stessa cosa. Ma deve succedere lealmente… Un colpo solo»

Sei amici trascorrono una tranquilla esistenza nella piccola comunità di immigrati ucraini di Clairton, in Pennsylvania, dividendo le loro giornate tra il lavoro nell’acciaieria locale, le bevute al bar e le battute di caccia al cervo. Tre di loro, Michael (Robert De Niro), Nick (Christopher Walken) e Steven (John Savage) devono partire per il Vietnam e quest’ultimo prima di andare si deve sposare con la fidanzata Angela, segretamente incinta di un altro uomo. Mike, vista la natura riflessiva e profonda di Nick, ha un rapporto speciale con lui, condividendo la stessa casa, l’amore per la stessa ragazza, Linda (Meryl Streep), e rivelandogli che senza di lui andrebbe a caccia da solo. Durante la cerimonia nuziale Nick chiede a Linda di sposarlo e lei accetta una volta che sarà tornato dal Vietnam. L’indomani, tutti tranne Steven partono per l’ultima battuta di caccia e Michael uccide un cervo con la sua filosofia di “un colpo solo” ossia il dover sparare un solo proiettile in modo da dare all’animale, disarmato e indifeso, la possibilità di salvarsi. Dopo la caccia gli amici si ritrovano al bar per godersi gli ultimi momenti assieme.

In Vietnam i tre sono stati catturati e costretti dai Vietcong a giocare ripetutamente insieme ad altri commilitoni alla tortura della roulette russa. Steven dà forti segni di cedimento, disperandosi e piangendo, mentre Nick e Mike escogitano una via di fuga, partecipando al gioco mortale caricando tre pallottole nel tamburo della pistola anziché una, approfittando del momento giusto per uccidere i loro aguzzini. Il piano ha successo e, nonostante il trauma della brutale tortura, i tre scappano dalla prigionia attraversando le rapide di un fiume su un tronco, finché non vengono soccorsi da un elicottero. Steven, stremato, cade dall’elicottero dentro il fiume, trascinando con sé anche Mike, battendo contro una roccia e ferendosi alle gambe e del braccio sinistro. All’ospedale militare di Saigon, Nick viene ricoverato per traumi psicologici e una volta dimesso si mette a vagare per le strade della città. Attirato da degli spari, il giovane si ritrova in un locale dove giocano alla roulette russa per soldi e subito vi partecipa con una spavalderia che lo rende l’idolo degli scommettitori. Michael, anch’egli nel locale ad assistere a quel macabro spettacolo, riconosce Nick e tenta senza successo di soccorrerlo.

Mike viene rimpatriato ma fin dal suo rientro a Clairton dimostra di portare ancora diversi traumi, alloggiando in albergo per evitare la festa che i suoi amici avevano preparato per il suo rientro e sentendosi ancora lontano da quella tranquilla realtà. Durante una battuta di caccia, il militare si rende conto di non essere più in grado di sparare a niente. Venuto a sapere che Steven è stato rimpatriato da tempo, Michael si reca dalla moglie dell’amico Angela, in stato catatonico dopo aver appreso della sorte del marito, per avere informazioni. In un ospedale per reduci di guerra, Mike ritrova Steven, con entrambe le gambe amputate e il braccio sinistro paralizzato, che gli mostra le ingenti quantità di denaro che gli arrivano periodicamente da Saigon. Compreso che l’uomo che gliele sta mandando è Nick, Michael torna in Vietnam per recuperare l’amico e lo trova, completamente alienato, in una bisca a giocare alla roulette russa. Nick è ormai un campione del macabro gioco e, completamente vacuo, non riconosce l’amico, che per convincerlo a tornare a casa si siede a giocare con lui. Grazie alla frase “un colpo solo” l’alienato riconosce il suo amico per poi uccidersi subito dopo, vittima della roulette russa. Tutti gli amici superstiti partecipano al funerale di Nick, ognuno con il proprio fardello di sofferenze, intonando God bless America in memoria dell’amico defunto.

«Ma di cosa vuoi ancora aver paura dopo questa guerra?»

Il cacciatore è uno dei primi film che mostra la tragedia umana della guerra del Vietnam non raccontando però la guerra vera e propria. La maggior parte della pellicola si ambienta in Pennsylvania e le scene di battaglia si riducono alla prigionia dei tre protagonisti, sottoposti a una tortura fisica e psicologica costante. Cimino non è interessato al racconto bellico ma alla mutazione della società americana dopo tale evento, per questo Il cacciatore è suddiviso in tre atti ben distinti tra loro: nel primo sono descritte le speranze di una generazione volenterosa di vivere, seguono poi gli orrori e le efferatezze della guerra e infine le conseguenze sulle persone e su un paese che è andato a morire.

Il primo atto è una lunga analisi della vita nella tranquilla città operaia, il regista immerge lo spettatore nella piccola realtà di Clairton, presentando i personaggi, i loro caratteri e le loro abitudini. I protagonisti, le cui famiglie sono originarie dell’Ucraina, rispecchiano la visione dell’America del regista: un’unione di culture e tradizioni differenti. La prima parte è molto approfondita per far immedesimare lo spettatore nei ritmi di vita degli operai dell’acciaieria e per far capire quanto cambieranno tutti alla fine del film. Il matrimonio iniziale – che non può non far pensare al Padrino di Coppola –, ricco di piani sequenza e del dolly, esalta la gioia di vivere di quell’intero gruppo di persone le cui vite in poco tempo verranno sconvolte. Durante la prima battuta di caccia i discorsi tra gli amici fanno capire come per loro sparare a un cervo abbia un significato, così come ha significato partire per la guerra: le vittime dell’ingenuità e di una dannosa retorica patriottica. Mike, il cacciatore del titolo, immagina di combattere in Vietnam con la filosofia del “colpo solo” che applica durante la caccia al cervo, credendo in un concetto di lealtà e rispetto che in guerra non esiste. E ben presto il colpo solo del cacciatore muta nel colpo solo della pistola nella roulette russa.

Il secondo atto è il Vietnam, e praticamente tutto si svolge in una baracca sulle rive di un fiume dove i tre amici sono torturati insieme ad altri commilitoni. Le sequenze della roulette russa sono ricche di una tensione degna dei migliori horror e rappresentano la violenza deliberatamente casuale e la perdita della sanità mentale di chi partecipa: la vera essenza della guerra, che per questo non ha bisogno di essere mostrata. La ripetizione del gioco da parte di Nick, che continua a farlo partecipando nelle bische, descrive un trauma ormai indelebile per tutta la generazione di giovani soldati, incapaci di sopportare gli orrori della guerra.

Mentre Nick è rimasto mentalmente nella baracca sul fiume, Mike è riuscito a ritornare in patria e il terzo atto del film mostra l’incapacità di un reduce di reinserirsi nella vita comune. Non ha voglia di festeggiare con gli amici il ritorno a casa, si isola dagli altri e da Linda, nei confronti della quale prova vergogna per non aver protetto Nick. L’incapacità di uccidere un cervo pur avendolo sotto tiro è l’emblema del cambiamento dell’uomo, che vede adesso la caccia non una sfida leale con l’animale ma un inutile spreco di vite senza nessuna utilità, similmente alla guerra che ha combattuto, che ha lasciato all’America solo danni fisici (Steven), danni psicologici (Mike) e morte (Nick).

Dal punto di vista estetico, Cimino ricerca un estremo realismo nei paesaggi, che nella visione del regista sono a tutti gli effetti personaggi dei suoi film, oltre ad avere una valenza emotiva. Il direttore della fotografia Vilmos Zsigmond, vincitore dell’Oscar nel 1977 per Incontri ravvicinati del terzo tipo di Spielberg, ha ricreato un paesaggio che interagisce coi sentimenti dei protagonisti, seguendo attraverso le luci e l’ambiente l’evoluzione psicologica dei personaggi. L’estetica di Cimino si basa nella capacità di mettere in scena paesaggi naturali che interagiscono con personaggi sfaccettati per creare inquadrature magniloquenti e grandiose, ma al tempo stesso malinconiche. Le due cacce al cervo trasmettono un forte senso di solitudine, esaltando tonalità fredde legate alla natura, come il bianco della neve o il verde degli alberi. I personaggi in quelle situazioni sono inquadrati in campi medi o lunghi, in modo che diano effettivamente l’idea di essere immersi nella libera natura. Le sequenze della guerra hanno invece una fotografia sporca, con tonalità grigie e verdastre e sono state girate con uno stile documentaristico, alcune volte inserendo vere riprese di guerra nella pellicola. Le sequenze interne invece sono oscure e cupe con dei piccoli punti in cui risaltano colori caldi (il metallo fuso nell’acciaieria, le luci nelle strade di notte o le candele nei bar), lasciando un senso di malinconia costante anche nei momenti di festa. Negli interni sono rari i tagli di montaggio, il regista preferisce utilizzare piani sequenza alternati a primi piani dei volti dei personaggi molti intensi.

L’intensità dei protagonisti è un altro dei punti fondamentali del film: De Niro, Walken e Savage si sono calati nella parte al ricordare Il cacciatore come il film più difficile al quale hanno preso parte. Dall’essere picchiati dagli attori che interpretavano i Vietcong al doversi buttare senza stuntmen da un elicottero, le loro espressioni, specialmente nel secondo e terzo atto, riescono a esprimere benissimo la sofferenza dei personaggi. Gli occhi spenti e sconsolati di De Niro quando torna a casa cambiato o il volto totalmente vuoto e alienato di Walken nelle tragiche sequenze finali riescono a rimanere nella mente degli spettatori tanto quanto le tremende scene di tortura o disagio di quei giovani tanto realistici seppur di fantasia.

Con un budget di circa 15 milioni di dollari, Il Cacciatore è stato un enorme successo di critica e botteghino, incassando più di 50 milioni di dollari e venendo candidato a nove premi Oscar, vincendone cinque e consentendo al regista Michael Cimino di ottenere la completa libertà creativa per il suo successivo film, I cancelli del cielo, un capolavoro (nella sua versione completa) malfamato col quale è terminato il grande periodo della Nuova Hollywood.

Scritto da

Pisano di nascita e romano d'adozione. Da diversi anni ho sviluppato una grande passione per i film, il cinema e tutto ciò che si lega a esso, dalle origini con Méliès, all'Espressionismo tedesco, fino alla contemporaneità.

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