L’Inghilterra non è un paese per vecchi. La pandemia da coronavirus e la Brexit hanno destabilizzato buona parte del mondo dello spettacolo d’oltremanica. Gli artisti più anziani, in Inghilterra, sono stati infatti letteralmente tagliati dalle produzioni a causa di alcune scelte discutibili del governo nell’ambito della tutela ai lavoratori del settore.
Secondo quanto afferma Equity, sindacato dei lavoratori del mondo dello spettacolo della Gran Bretagna, gli attuali programmi governativi impediscono a chi ha un’età uguale o superiore ai 60 anni di ottenere l’assicurazione di cui hanno bisogno per tornare al lavoro. “Se i lavoratori più anziani nelle industrie creative non possono tornare all’opera – si legge nel testo della petizione del sindacato – non solo questi saranno esclusi dal lavoro, ma l’intero settore ne soffrirà”.
Il Sistema Sanitario Britannico, l’NHS, è molto simile per certi versi a quello italiano. Le lunghe liste d’attesa del sistema nazionale spingono i cittadini a sottoscrivere polizze di assicurazione privata che consentono una velocità di trattamento per i problemi di piccola entità di gran lunga superiore rispetto alla sanità pubblica.
L’ovvio contraltare è che, le assicurazioni private, si rifiutano di sottoscrivere polizze a chi ha superato i 60 anni, ed i produttori teatrali, cinematografici e televisivi non intendono correre il rischio di assumere un attore o un lavoratore dello spettacolo che non abbia una polizza assicurativa privata. Una pratica non illegale ma giudicata assolutamente discutibile dal sindacato. Risultato? Se hai più di 60 anni non potrai fare uno spettacolo, lavorare in tv o in un film.
Equity ha lanciato una petizione per invitare il Ministro della Cultura Caroline Dinenage ad aprire un tavolo di concertazione e lavorare insieme ad una soluzione che consenta ai lavoratori dello spettacolo più anziani di poter tornare al lavoro in sicurezza.
Quello che sembra manchi, in Inghilterra, è proprio il diritto ad esercitare le professioni dello spettacolo a chi ha superato una certa età. Una “discriminazione bianca”, celata dietro una volontà di tutelare la salute dei più fragili, ma che li lascia esposti ad una grave crisi economica senza alcun tipo di supporto – anche economico – momentaneo. Per non parlare dell’apporto creativo, già messo in discussione dalla campagna mediatica finanziata da Boris Johnson che invitava gli artisti a pensare ad un lavoro differente, di cui vi abbiamo già parlato su Notizie di Spettacolo.
Dal Ministero pare che, grazie a questa petizione lanciata da Equity, si sia aperto uno spiraglio. “Continueremo a lavorare – ha dichiarato una portavoce del ministero – a stretto contatto con Equity, come abbiamo fatto durante la pandemia, attraverso il gruppo di lavoro Entertainment and Events per comprendere le sfide che devono affrontare i settori creativi e culturali”.
La speranza è quella che, nella patria di Shakespeare, il mondo dello spettacolo possa vivere al più presto dei momenti migliori.