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Tecnologia e spettacolo

I quattro criteri della musica elettronica

Tempo di lettura: 3 minuti

Continuano gli approfondimenti di NdS su Opera e Tecnologia a cura di Luca Bimbi

Un approccio sistematico, culturalmente fondato e conseguentemente appropriato al trattamento e creazione di suoni nel Teatro Musicale, passa attraverso la comprensione di determinati criteri tecnici e estetici che determinino una migliore consapevolezza dell’ascolto del suono stesso e della comprensione della sua natura.

La finalità ultima è comprendere l’estensione delle potenzialità del Teatro d’Opera.

Per dirla con Musil,

se esiste un senso della realtà, deve esistere anche un senso della possibilità.

A supporto di ciò, si propone un percorso che passa attraverso determinati punti cruciali nello sviluppo musicale nel XX secolo.

Partiremo dal fondamentale contributo di uno dei padri della musica elettronica, Karlheinz Stockhausen, con i suoi criteri della musica elettronica, presentati nella sua conferenza intitolata “FourCriteria of Electronic Music” (Allied Artists, London, 1971), in relazione al suo capolavoro KONTAKTE.

Tali quattro criteri sono:

  1. La strutturazione unificata del tempo
  2. La divisione del suono
  3. La composizione spaziale multistratificata
  4. L’uguaglianza di tono e rumore

La strutturazione unificata del tempo e l’uguaglianza di tono e rumore

Il primo criterio, la strutturazione unificata del tempo, si basa sulle sperimentazioni fatte da Stockhausen stesso, a partire da circa il 1956, con un generatore di impulsi.

Generando ritmi diversi, attraverso una velocizzazione di tali ritmi messi in loopcol nastro magnetico, giunse alla consapevolezza pratica che si potevano ottenere diversi timbri.

Stockhausen propone una riflessione particolarmente interessante: data la possibilità di comprimere temporalmente la registrazione di una Sinfonia di Beethoven, senza alterarne le altezze, al punto di ridurla alla durata di un secondo, otterremmo un suono analogo a quello di una vocale, a causa delle periodicità, ma con un timbro particolare, la cui natura e evoluzione dinamica è stata composta proprio da Beethoven.

Se invece prendiamo un determinato suono e riusciamo a stirarlo, otteniamo un risultato sonoro che corrisponde alla struttura interiore profonda di quel suono stesso, scendendo conseguentemente in quello che il Maestro chiamava ambito della forma.

Le durate che rientrano fra gli otto e i sedici secondi diventano progressivamente più difficili da ricordare, ciò ha a che fare direttamente proprio con l’ambito della forma. Stockhausen osserva che la nostra percezione è logaritmica, non artimetica.

Invece, da sedici impulsi al secondo, la nostra percezione inizia a spostarsi dal ritmo al suono.

Nell’ambito di una periodicità di base, che determina una particolare altezza, le suddivisioni del ritmo base generato conducono alla percezione del timbro. Allo stesso tempo, maggiore è il grado di aperiodicità, maggiormente il suono risultante sarà percepito come rumore.

La possibilità di comporre toni e rumori, e potenzialmente modificare il grado di cambiamento, è una grande conquista nell’ambito della musica elettronica, ma anche nella profonda comprensione dei meccanismi del suono.

Ciò conduce al quarto criterio della musica elettronica: l’uguaglianza di tono e rumore.

Il primo e quarto criterio in particolare, quindi, sono strettamente connessi.

La divisione del suono

La divisione del suono implica il fatto che partendo da un suono strutturato –in cui sono individuabili componenti -si può determinare una separazione delle componenti stesse, che percorrono, nell’ambito della loro “vita”, strade e funzioni diverse.

Se esiste il comporre, inteso etimologicamente come componere, deve esistere anche il decomporre. E la decomposizione deve far parte del processo creativo, tanto quanto la composizione.

La separazione, può essere anche nell’ambito della divisione del suono nello spazio.

La composizione spaziale multistratificata

Strati complessi di suoni possono essere proiettati nello spazio, e strati sonori possono nascondere altri strati, che vengono improvvisamente rivelati.

Una riflessione particolarmente importante che Stockhausen propone è che se chiudiamo gli occhi e sentiamo un suono allontanarsi da noi pensiamo che quel suono si sia effettivamente allontanato.

Se poi apriamo gli occhi, e vediamo un diffusore acustico, ci convinciamo che questo allontanamento sia stata un’illusione. In verità, il Maestro commenta, quella che si è percepita è la realtà effettiva dell’avvenimento sonoro.

Il fatto che vi sia una discrepanza fra ciò che si vede e ciò che ci si aspetta di vedere per effetto dell’esperienza, non vanifica il senso della realtà di ciò che si è sentito.

Questi quattro criteri generano uno vasto ventaglio di valutazioni possibili in relazione alla natura del suono e della sua percezione, e conseguentemente la sua generazione e manipolazione.

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Scritto da

Autore, docente, sound designer e ingegnere del suono, si occupa professionalmente di disegno sonoro per il teatro d’Opera.

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