Il nuovo non si determina per semplice autoproclamazione,
né in modo meccanicistico per aggiornamento tecnico.
Dalla necessità all’opportunità
La pandemia da COVID-19 ha determinato un moltiplicarsi di proposte di fruizione del teatro d’Opera in streaming.
Questa opzione dovrebbe, a giudizio di chi scrive, essere vista come una nuova opportunità di fusione delle arti e della tecnica, al fine di schiudere nuove possibilità nel teatro musicale, o vecchie possibilità in dimensioni nuove.
Ma attenzione: se l’Opera, come abbiamo ricordato in un precedente intervento, è fatta di gastronomicità– e tale gastronomicità deve essere sicuramente resa al meglio con le nuove soluzioni tecniche al fine del soddisfacimento di una necessità di godimento–, bisogna aver cura di notare che la gastronomicità non esaurisce la funzione dell’Opera stessa; il teatro musicale deve andare di pari passo a una cura spirituale e un coinvolgimento intellettuale, che renda il pubblico emotivamente appassionato e potenziale valutatore interagente.
Per usare l’espressione di Cassirer, l’uomo è un animale simbolico. Assieme alla verità di Cartesio (cogito ergo sum), coabita quella su cui Breton ha insistito: desidero, ergo sum.
L’opportunità come necessità
Le opportunità concesse dalle nuove tecnologie dovrebbero essere quindi avvertite come una vera e propria necessità.
Lo streaming dovrebbe non riproporre una ritualità, indipendentemente dal tipo di lavoro eseguito –la poiesis è un prodotto storico con significato transtorico –, ma piuttosto proiettare le possibilità del teatro d’Opera in uno spazio polidimensionale alternativo, molto al di là della divisione: vedo quindi sento, sento quindi vedo.
Il nuovo non autoproclamato
Luigi Nono, in “Possibilità e necessità di un nuovo teatro musicale” (da “La Nostalgia del Futuro”, scritti scelti 1948-1986, il Saggiatore, 2007), avvertiva che “il nuovo non si determina per semplice autoproclamazione, né in modo meccanicistico per aggiornamento tecnico”.
Un’Opera in streaming, quindi, pone delle responsabilità in capo anche a chi la propone, ma tali responsabilità devono essere al contempo responsabilizzazione del pubblico verso le proprie valutazioni, e coinvolgere, possibilmente, i fruitori stessi rendendoli parte integrante del teatro musicale.
Si ricordi il pensiero di Bertolt Brecht: “un uomo che sta per morire è reale. Se in quel momento egli canta, eccoci nella sfera dell’assurdo. (Tale non sarebbe il caso, se l’ascoltatore, guardandolo, cantasse anche lui)”.
Lo spazio polidimensionale
Lo streaming, quindi, come spazio polidimensionale di fusione delle arti e della tecnica, può contribuire in sé a rendere possibile, almeno in parte, quella che proprio Brecht chiamava forma epica del teatro: fra i tanti aspetti, indichiamo un potenziamento della funzione narrativa, anche facendo dello spettatore un osservatore, stimolandone l’attività, costringendolo a decisioni, a una visione generale, con sensazioni spinte fino alla consapevolezza.
Una delle dimensioni dello streaming da esplorare, è infatti una profonda comprensione delle possibilità non banali di interazione bidirezionale.
La tecnica deve venire a supporto, letteralmente a 360 gradi, in questo campo di indagine non nuovo, ma proposto con nuovi mezzi.
Lo streaming deve quindi essere non necessariamente inteso solo come parte integrante della rappresentazione, ma al contempo, anche come sua estensione: estensione che può essere conforme all’idea artistica proposta in presenza, o anche difforme, in tutto o in parte.
Lo streaming può contribuire, conseguentemente, a rendere una medesima rappresentazione profondamente polimorfa e polisenso.
La necessità dettata dalle circostanze ha dunque determinato un punto di non ritorno, fatto di opportunità necessarie che non dovrebbero rimanere lettera morta.