Un dialogo aperto, continuo e franco fra l’Arte e la Tecnica
Ci si interroga da tempo sulla funzione, o sulle funzioni, dell’Opera nell’epoca che viviamo.
Un aspetto che sicuramente deve far parte della valutazione è il rapporto fra Opera come complesso musicale-drammaturgico, e tecnologia, in particolar modo con riguardo al suono.
L’evoluzione tecnica e tecnologica consente infatti di affrontare in modo appropriato, a costi contenuti e con mezzi relativamente accessibili a chiunque, aspetti nodali della questione.
Al di là, infatti, dell’inclusione della tecnologia in lavori contemporanei, essa può essere naturalmente –avverbio scelto non casualmente– integrata in Opere che non necessariamente si rifanno all’elettronica.
L’evoluzione e disponibilità di tecniche di amplificazione, campionamento e registrazione digitale, sintesi, processamento – inclusa la spazializzazione – non devono essere relegate alla musica di consumo, all’entertainment o alla musica contemporanea.
Sicuramente la loro diffusione capillare contribuisce all’abbattimento dei costi – fattore non trascurabile –ma soprattutto consente di aprire nuovi scenari di ampio respiro in relazione alla funzione artistica dell’Opera generalmente intesa.
Un caso pratico
Si pensi, a titolo esemplificativo, alla necessità avvertita da Luigi Ricci di inserire le campane nel suo noto decalogo riportato nel testo “Puccini interprete di se stesso”, e si rimembri la preoccupazione di Ricordi sui costi da sostenere per mettere in scena “Tosca” e sulle questioni tecniche per il “meccanismo” per far suonare le campane a distanze diverse.
Queste problematiche possono adesso essere non solo affrontate in modo piuttosto agile, ma possono, al contempo, essere in modo stringente attuate in relazione al volere del compositore.
Giustappunto, per il Mattutino del III Atto di “Tosca”, attraverso tecniche digitali di manipolazione e amplificazione del suono è possibile una adeguata e sensibile interpretazione delle distanze delle campane indicate in partitura, la misurazione dell’intonazione delle campane stesse per una resa consistente, la libera manipolazione del loro timbro.
Ovviamente vi è la necessità che i tecnici siano “musicalmente formati” e che i musicisti, compresi i direttori d’Orchestra, quantomeno “tecnicamente informati”. È assolutamente prioritario che in vista di una produzione d’Opera ci sia un dialogo aperto, continuo e franco fra l’Arte e la Tecnica.
Interpretare il presente
Vi è dunque il bisogno della comprensione dell’importanza della figura del Sound Designer, capace di attuare tecnicamente le esigenze di scrittura e soddisfare le istanze artistiche della situazione specifica.
Il motivo per cui l’Opera deve prestare l’orecchio alla tecnologia non risiede quindi solo in questioni eventualmente e meramente economiche, ma anche in questioni di interpretazione del presente. Molti scenari si possono aprire per riscoprire l’attualità di lavori del passato, e non solo ricorrendo a soluzioni visuali, ma focalizzando allo stesso tempo l’attenzione sugli aspetti più squisitamente legati al suono.
Tutti i parametri in gioco devono avere lo stesso potenziale peso a priori, senza preconcetti o paure.
Di fatto, il rapporto del pubblico con l’Opera, che può essere fatto di immediatezza emozionale o di mediazione intellettuale, deve passare necessariamente per il contatto immateriale col suono, in ogni forma congeniale alle necessità dei tempi, nel rispetto di una profonda conoscenza e comprensione della scrittura.
Se vogliamo sposare le parole di Bertolt Brecht, anche la tecnologia tout court è parte attiva della gastronomicità dell’Opera stessa.
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