“Ennio” sarebbe piaciuto a Ennio. Ché nella misura, nella genuinità dei sentimenti, nella sobria riverenza all’arte, nella cura diligente del dettaglio si reperiscono gli elementi necessari alla costruzione d’un insieme memorabile.
Lo sapeva Ennio Morricone quando cuciva la musica addosso alla pellicola e lo sa Giuseppe Tornatore, ora che addosso alla musica di Morricone ha cucito un documentario a memoria imperitura dell’uomo prima e del genio poi.
Un girotondo di voci a rinfrancare il ricordo e dentro al girotondo lui: il Maestro. Effigie di quella quotidiana tranquillità che smentisce il connubio genio e sregolatezza, relegando sul pentagramma l’eccentricità, il tormento, la follia cosiddetta creatrice.
Musica e cinema
Quello del regista di Bagheria non è soltanto un omaggio a Morricone. È anche la monumentale ricognizione sul cinema e sulla musica che ne ha stravolto i lineamenti.
Oltre cinquecento colonne sonore, senza alcuna esclusione, preziose, hanno letteralmente assegnato alla musica un ruolo tutt’altro che secondario nell’universo cinematografico e molti film cui è toccato il privilegio d’essere ingemmati dalle note del Maestro sono diventati, in virtù di ciò, i capolavori che tutti conosciamo.
A Ennio Morricone v’è insomma da ascrivere la rivoluzione copernicana del cinema, frutto di sorvegliato e arguto sperimentalismo, d’un talento fuori dal comune e d’una straordinaria lucidità dapprima nel leggere le scene, poi nell’adagiarle sopra un tappeto musicale in grado di magnificarle.
Tasselli di un’esistenza scandita dalle note
Tornatore ripercorre le tappe del Maestro, tappe d’arte e di vita, dalle origini fino all’ultimo concerto. Passano pertanto in rassegna, ciascuno provvisto registicamente d’un peso ragguardevole, i tasselli d’una esistenza per nulla spettacolare, ma per intero votata alla musica.
Dal padre trombettista ai tempi in cui usare la tromba per mangiare era umiliante, allo studio dello strumento in conservatorio. Dalla composizione ai primi arrangiamenti in Rca per quelle canzoni, talune persino ospitate nei musicarelli, che ancora oggi si riconoscono alla prima nota.
Dall’ingresso in punta di piedi nel mondo del cinema a quei western che, lambiti dall’originalità di Morricone, già ne preannunciavano il successo.
I binari paralleli di arte e vita
Non serve qui elencare gli artisti cui Tornatore concede fugaci ma significativi interventi via via che il Maestro svolge il gomitolo della sua esistenza. Parrebbero il gaio riverbero del contrappunto, nella cui arte Morricone fu ineguagliabile, eppure costituiscono quasi l’eco assordante del resoconto quieto ed esatto del compositore abile giocatore di scacchi.
E alle testimonianze dirette, incastonate ad arte da un impeccabile montaggio, seguono spezzoni di repertorio e sequenze cinematografiche a spezzare la lunga intervista. Talune afferiscono all’ambito artistico, altre carezzano invece la sfera privata. Entrambi i binari scorrono paralleli, rettilinei come si addice a chi della misura esistenziale ha fatto la sua regola.
La dedizione alla musica eguaglia l’attaccamento alla moglie Maria, medesimo è pure il riserbo che accomuna le due passioni. Ennio Morricone sopra le righe, fino a toccare il cielo, solo quando riversava sul pentagramma la musica che teneva in testa.
Morricone e noi
A volte ci si commuove, a volte si sorride. Più spesso accappona la pelle al cospetto delle intuizioni, dell’audacia e della grazia nel tradurle in musica. Comprendi quanta parte abbia avuto Ennio Morricone nella vita di tutti noi e nel tempo che torna grazie alle sue note. Comprendi che gli si deve un patrimonio collettivo dentro al quale, ora che molto sembra sottrarsi alla condivisione sociale, riconoscersi. E ritrovarsi.
Così che sta giusto scivolando una lacrima sulle note di “Here’s to you” e tu già sorridi al pensiero del fischio per Alessandroni o dell’ululato del coyote a evocare la ferocia del West.