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Foto di Franco Lannino - Orchestra e Coro del Teatro Massimo di Palermo, Omer Meir Wellber sul podio

Musica

Omer Meir Wellber: “Palermo per me è una seconda casa. I miei cinque anni con l’Orchestra del Teatro Massimo”

Tempo di lettura: 3 minuti

Era il 2020 quando Omer Meir Wellber, direttore d’orchestra israeliano, allora non ancora quarantenne, saliva sul podio del Teatro Massimo di Palermo come direttore musicale. Un viaggio durato quasi cinque anni, cominciato con l’apertura di stagione con il Parsifal di Richard Wagner. Dal 19 al 31 maggio Wellber torna nuovamente al Massimo con un altro titolo di Wagner, assente da molto tempo a Palermo: Tristano e Isotta (Tristan und Isolde).

Si sta per concludere un capitolo lungo 5 anni per lei qui a Palermo. Un bilancio?

«È stato veramente un bel capitolo. Nei miei 15 anni di carriera, Palermo simboleggia un terzo di questo mio percorso, accompagnato dall’Orchestra del Teatro Massimo. Il Tristano e Isotta è una scelta perfetta che arriva quasi alla conclusione di questo incredibile viaggio, cominciato nel gennaio 2020 con il Parsifal di Wagner. Subito dopo c’è stato il Covid, le produzioni con il distanziamento e anche una mia nomina nel 2021 per il Premio Abbiati. In questi cinque anni c’è stato un grande sviluppo tecnico con l’Orchestra del Teatro. Per esempio, per il Parsifal facemmo otto letture con l’Orchestra, prima di iniziare le prove all’italiana. Per il Tristano e Isotta ne avevamo programmate sei, ma alla quarta siamo già arrivati ad un livello molto alto. Sono dei dettagli tecnici che mostrano l’elevato grado di preparazione dei musicisti».

Cosa l’ha fatta innamorare di Palermo?

«Palermo, per me da israeliano, è come casa. È il secondo posto nel mondo dove mi sento bene. Sono due città ricche di storia, con le proprie luci e le proprie ombre. Quando passeggio per Tel Aviv so cos’è successo in quelle strade, quali persone sono morte. Esattamente come a Palermo, dove ognuno ricorda l’esercito per strada, o dov’è stata uccisa quella persona. La storia di questa città è vera ed è viva, nel bene e nel male, ed è una cosa che da israeliano condivido appieno. Se poi aggiungi il tempo, il cibo, il mare. È veramente l’unico posto dove mi posso sentire a casa, che non sia nel mio deserto. Come mi disse Lanza Tomasi nei miei primi mesi qui in Teatro: “stai attento perché Palermo è un bellissimo posto in cui arrivare ma un pessimo posto da lasciare”».

Perché definisce “Tristano e Isotta” la conclusione perfetta del suo percorso?

«Credo che il percorso che abbiamo intrapreso con l’Orchestra vada letto verticalmente. È stato molto importante cominciare con Parsifal, subito dopo sono venuti i Vespri Siciliani, quindi abbiamo accostato Wagner a Verdi.
Le altre due aperture di stagione sono state molto particolari: prima con Il crepuscolo dei sogni nel 2021, e l’anno successivo con il Kaiserrequiem un’opera che ho creato io, a metà tra Ullmann e Mozart.
Ora facciamo il Tristan und Isolde, che è forse il pezzo di musica più importante nella storia della musica. È un capolavoro imparagonabile, che nel bene e nel male ha cambiato il mondo».

Qual è la complessità di quest’opera? Quali strumenti ha lo spettatore per comprenderla al meglio?

«Ho voluto affrontare quest’opera con una bacchetta molto asciutta, senza sentimentalismo o spiritualismo wagneriano. Si tratta di una lettura estremamente antiretorica, che ho condiviso subito con il regista Daniele Menghini.
Nella sua complessità è un’opera “qualsiasi”, un raccolto molto bello e allo stesso tempo molto naturale e umano, con dei valori e dei conflitti. Questo credo che sia il messaggio più importante per il pubblico. Mia figlia alle prove si è divertita come se stesse guardando una Traviata, scordandosi del fatto che fossero passati 50 minuti.
L’unico consiglio che do è di andare in bagno prima dello spettacolo».

Cosa si aspetta per il suo nuovo incarico in Germania?

«Mi aspetto qualcosa di molto bello. Si tratta del terzo teatro più grande della Germania. La Filarmonica di Amburgo (la Philharmonisches Staatsorchester Hamburg) è l’Orchestra che suona alla Elbphilharmonie, una delle più grandi sale da concerto. E poi naturalmente c’è la Hamburg State Opera, con cui stiamo lavorando insieme da mesi. Salirò sul podio di Amburgo a settembre 2025, ma è da novembre 2023 che sono contrattualizzato e abbiamo già chiuso la terza stagione, quella 2027-2028».

Tornerà presto in Italia?

«Sicuramente tornerò a Palermo, qui al Teatro Massimo, e anche al Teatro dell’Opera di Roma il prossimo anno. Nella stagione 25-26, la mia prima ad Amburgo, sarò sicuramente meno presente in Italia perché avremo tanto lavoro da fare. Poi naturalmente tornerò nella mia seconda casa».

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