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Il 2 febbraio 1969 moriva Boris Karloff, indimenticabile volto del cinema horror

Tempo di lettura: 3 minuti

Prodotto da Carl Laemmle, la regia di Frankenstein affidata in seconda battuta a James Whale; il ruolo del mostro avrebbe dovuto essere assegnato a Bela Lugosi, già interprete di “Dracula”, ma l’attore proprio non sopportava l’idea d’essere reso irriconoscibile dal maquillage di Jack Pierce, così lasciò il posto al collega britannico Boris Karloff: viso angoloso e irregolare tanto da folgorare l’immaginazione del regista.

Fu allora, in un museo cinematografico degli orrori popolato da mostri, vampiri e mummie, che Karloff iniziò una brillante carriera come specialista in personaggi mostruosi o comunque perversi. Dagli anni Trenta a Sessanta, il suo nome fu legato al genere di cui era stato pioniere il grande attore Lon Chaney, maestro peraltro nell’arte del trucco. Di Karloff si disse ne fosse addirittura il più degno continuatore.

Lo stesso truccatore della Universal accettò pochi mesi dopo un nuovo lavoro, “La mummia”, con Karloff, trasformando l’attore in uno dei più poetici morti viventi dello schermo.

Sul set di “Frankenstein” l’attore fu sottoposto a un vero e proprio supplizio.

Ogni volta la seduta di trucco durava quattro ore e alla fine delle riprese ci voleva oltre un’ora per restituire a Karloff un normale aspetto. Ma fu proprio la caratterizzazione del personaggio, nata dalle mani di Pierce, a determinare l’enorme successo della pellicola.

“Mi preoccupa un po’ l’elevato numero di lettere che ricevo da persone che mi esprimono la loro simpatia per la mia interpretazione del mostro di Frankenstein. Tutto questo affetto per un personaggio così macabro mi lascia perplesso e comincio a pensare che forse avrei dovuto presentare la creatura in modo più repellente”.

Questa la riflessione di Boris Karloff nel 1935, quattro anni dopo l’uscita del film che lo aveva reso celebre.

Per una scelta della Universal, inizialmente il suo nome non era apparso sulle locandine. Una riga era riservata a Colin Clive, nel ruolo del dottore, ma il nome dell’interprete del mostro era stato sostituito da tre puntini e un punto interrogativo. Un espediente che fruttò l’interesse di pubblico e critica.

Nel genere del terrore il successo di Karloff non è mai stato superato. Bastava un’inquadratura del suo volto perché lo spettatore avvertisse un senso di profonda inquietudine e altrettanto fascino.

La biografia

Il suo vero nome era William Henry Pratt. Nacque il 23 novembre 1887 a Dulwich, a sud di Londra, da famiglia benestante.

Ottavo figlio di un funzionario del corpo diplomatico, si licenziò con ottimi voti dal King’s College di Londra e sembrava destinato a seguire le orme del fratello primogenito John, funzionario del Ministero degli Esteri, ma quando la sua domanda per la carica vacante in Cina non fu accettata rinunciò alla carriera diplomatica ed emigrò in Canada.

Non sapeva allora che di lì a poco si sarebbe trasformato in Fu Manciù e in altri sinistri personaggi di origine cinese.

Per il personaggio di Sax Rohmer, pericolo giallo fatto persona, Karloff sfoggiò per la prima volta il codino e capsule dentarie provvisorie che gli donavano un aspetto ancora più tenebroso.

In Ontario lavorò in una fattoria, riuscendo al contempo a ottenere una piccola parte in un lavoro teatrale di Franz Molnar, “Il diavolo”.

Il cinema

Nel 1912 si trasferì negli Stati Uniti e fu lì, dopo sette anni, che debuttò nel cinema.

Una filmografia varia, al pari dei numerosi volti dei personaggi interpretati: la mummia, Fu Manciù, il protagonista di un racconto di Edgar Allan Poe, uno stregone, uno scienziato, un medico pazzo, un mostro, un gorilla, un capo di sette sanguinarie o un gangster.

Nella locandina de “La mummia” del 1932 apparve solo il suo cognome, privilegio che in tutta la storia del cinema spettò solo a Greta Garbo. Coperto di bende, l’attore si muoveva con difficoltà, proprio come da copione, e una voce angosciante usciva dalla sua gola. Una voce che sembrava provenire dall’oltretomba.

Tra cinema e realtà

Eppure quest’attore inquietante era nella vita privata un tranquillo padre di famiglia, buono e affettuoso, appassionato di giardinaggio e cricket, di favole e letteratura per l’infanzia.

Una esistenza tranquilla, ma un’impronta indelebile nel cinema dell’orrore.

Morì il 2 febbraio del 1969 a Midhurst, Sussex, lontano dai riflettori. Le sue ceneri furono sparse nel giardino delle rimembranze di Guildford, nel Surrey.

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