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GIORNO DELLA MEMORIA, ISTITUTO LUCE-CINECITTA’ PRESENTA: TERRA PROMESSA

Tempo di lettura: 6 minuti

La Storia umana talvolta riesce a nascondere alcune pagine – per ragioni di opportunità, complessità, semplice oblio – che possono essere grandi come intere terre, e piene di genti.

Una di queste storie è racchiusa in Terra promessa, il film documentario di Daniele Tommaso prodotto e distribuito da Istituto Luce-Cinecittà, che nell’occasione del Giorno della Memoria 2021 esce on demand sulle piattaforme CG Digital, iTunes, Google Play, Chili, con uno straordinario racconto di memoria e avventura.

Il film rievoca l’Aliyah Bet, il grande piano di immigrazione illegale di migliaia di ebrei sfuggiti allo sterminio dei campi di concentramento, che tra il 1945 e il 1948 partirono clandestini alla volta della Palestina, o come preferivano chiamarla ‘Eretz Israel’. Persone che avevano perso tutto quello che avevano prima: cittadinanza, case, beni, e affetti, sequestrati, occupati e uccisi dalla macchina nazista, e che in Israele avrebbero potuto cominciare una nuova vita. Migliaia di loro partirono dall’Italia, e fu grazie all’aiuto di tantissimi cittadini italiani se le imbarcazioni piccole e grandi che li portavano, poterono partire dai nostri porti, sfuggendo al controllo dei britannici che non consentivano ingressi nei territori sotto il loro mandato. Una complicità in clandestinità che riscattò in quel momento la vergogna delle leggi razziali promulgate sotto il fascismo, e che oggi a molti cittadini in Israele fa ricordare gli italiani come fratelli, e la nostra accoglienza come straordinaria.

Un’epopea, ricchissima e ramificata, con dentro un fitto intrigo internazionale, delle storiche fibrillazioni diplomatiche, e un mare di racconti di umanità, rischiose solidarietà,

stratagemmi, svolte, incontri sorprendenti. Un clamoroso romanzo storico, che coinvolse stati e popoli, e che ha per protagonisti un uomo e una donna, il polacco Yehuda Arazi e l’italiana Ada Sereni.

Una grande storia che vive nel film di tante testimonianze, a partire dai discendenti di Arazi e Sereni; di straordinari materiali d’archivio internazionali, filmici e fotografici; e di viaggi nei luoghi delle incredibili accoglienze riservate ai profughi in Italia. Come Selvino, la colonia per bambini dove i più piccoli poterono iniziare a ricomporre un percorso psicologico devastato dalla Shoah, o Fano, o le cittadine dal Piemonte alla Puglia che accolsero centinaia di famiglie. Il porto di La Spezia, cornice di una autentica guerra diplomatica tra Italia, Gran Bretagna, Mossad, Nazioni Unite. Addirittura dentro Cinecittà, all’interno dei cui Teatri furono accolti i rifugiati. I tantissimi campi e dimore dove i sopravvissuti poterono tornare ad avere delle occupazioni, a incontrarsi in pace, a produrre nuovamente cultura, scambio e bellezza.

Una storia clamorosa che ci dice però molto sul nostro oggi. Sulle sfide dell’accoglienza, dell’integrazione e della convivenza umana. Una memoria viva per il presente.

SINOSSI

 Il Mediterraneo, “Mare nostrum” di genti in transito alla ricerca di nuove sponde e di un futuro migliore. Oggi come ieri.

Il Mediterraneo, nell’immediato dopoguerra attraversato da un popolo in fuga, reduce dalla sua più grande tragedia e disposto a tutto pur di ritornare alla terra lasciata 2000 anni prima. Quello degli ebrei scampati alla Shoah, che, prima perseguitati, poi rifiutati dall’Europa, salparono in massa dalle nostre coste per raggiungere clandestinamente la Palestina, o come preferivano chiamarla, Eretz Israel, la terra di Israele.

Un paese, l’Italia, devastato dalla guerra ma disposto a offrire loro rifugio e a permetterne la partenza dai suoi porti per farsi perdonare l’infamia delle leggi razziali di pochi anni prima.

Una potenza occupante, sia in Italia che in Palestina, la Gran Bretagna, che si oppose con tutte le forze a questo esodo di massa per non contrariare gli arabi in rivolta che temevano di diventare minoranza in quel paese.

Una organizzazione segreta, il Mossad le Aliyah Bet, progenitore del famoso servizio di intelligence israeliano, incaricata da Ben Gurion di portare in Eretz Israel il maggior numero di ebrei della diaspora e spingere la comunità internazionale ad approvare la nascita dello stato di Israele.

Due capi di grande intelligenza e audacia: Yehuda Arazi e Ada Sereni. Lui, soprannominato “il re degli stratagemmi”, ricercato dagli inglesi che avevano messo una taglia sulla sua testa per aver rubato armi in quantità dai depositi britannici per conto dell’Haganà. Lei alto borghese romana d’origine, espatriata negli anni 20 in Palestina,

dove aveva fondato insieme al marito Enzo, un eroe del sionismo, il kibbutz Givaat Brenner, e ora pronta ad usare tutte le sue conoscenze italiane per aiutare la causa.

Abbiamo incontrato, esperti e testimoni diretti e indiretti, come i discendenti di Yehuda Arazi, e Ada Sereni; e ripercorso i luoghi di questa vicenda. Un giallo politico intricato e appassionante, ma anche una toccante storia umana.

Note di regia di Daniele Tommaso

Per preparare Terra Promessa sono stati necessari quasi due anni di ricerche in Italia e Israele, presto concentrate sulle due persone a capo dell’organizzazione segreta, progenitrice del Mossad, che dal 1945 al 1948 organizzò l’esodo clandestino dall’Italia verso Eretz Israel, la terra promessa degli ebrei, di migliaia di scampati alla Shoah provenienti dall’Europa centro settentrionale. Il sionista polacco Yehuda Arazi con la sua incredibile audacia e l’ebrea romana Ada Sereni con la sua tela di rapporti ad alto livello, riuscirono in questa difficilissima impresa potendo usufruire del tacito assenso del governo italiano, determinante a superare l’ostilità della potenza occupante sia in Italia che in Palestina, la Gran Bretagna, che si era impegnata con gli arabi a mantenere il loro predominio demografico in quella terra. Essendo scomparsi sia Arazi che la Sereni, abbiamo fatto ricorso alle testimonianze delle anziane figlie di entrambi, ma sopratutto a quelle lucide e appassionate dei nipoti Orli Bach Arazi e Haim Confino, per ricostruire una storia intricata e piena di colpi di scena. Il racconto può anche contare sul contributo di alcuni sopravvissuti come la milanese Maria Luisa Mayer, il cui padre Astorre, grande industriale della carta ed esponente di spicco dell’ebraismo italiano, ospitò i profughi nella villa di famiglia di Abbiate Guazzone; il polacco Yaakov Meriash che perduta la famiglia nella Shoah, fu ospitato dall’ex colonia estiva per balilla di Sciesopoli nella val Seriana, trasformata in quegli anni in un orfanotrofio per bambini ebrei scampati al massacro; Max Vilehm, che dal 1945 frequentò la scuola di pesca di Fano dedicata ai giovani profughi e tenuta dai rinomati pescatori del luogo; la famiglia rumena dei Ganz, tutti partiti da Pescia Romana con la nave clandestina Lo Tachfanidutu, tra i cui membri c’è Yudit, nata dentro il teatro 5 di Cinecittà, all’epoca trasformato in centro di accoglienza e ricovero per profughi ebrei; Shmuel Pulleg, Rivka Coen, Ytchak Miller, tutti nati all’ospedale di Santa Maria di Leuca, di cui oggi sopravvive solo la facciata a ricordo della presenza massiccia dei profughi ebrei nel Salento e della nascita nei suoi reparti di ben 250 bambini ebrei; Elezier Bigger, Avram Vereed, Yaakov Raiter; Abraham Lewkowicz, Zeev Ronen, Yaakov Pelech, Rachel Gratz Ronen, tutti presenti sulle due famose navi di La Spezia, uniche di tutta la storia di questo esodo ad essere intercettate e bloccate dagli inglesi nel 1946 per un banale equivoco, ma i cui occupanti, diretti da Arazi in persona, riuscirono a piegare la volontà dei britannici proclamando uno sciopero della fame a oltranza; Itzchak Belfer uno dei “bambini di Korjack”, l’eccezionale educatore polacco che dirigeva una scuola per bambini ebrei. Belfer, dopo molte peripezie, riuscì a raggiungere Eretz Israel a bordo della Af Al Pi

Chen, l’unica nave dell’esodo sopravvissuta e visibile oggi nel Museo Navale e della Immigrazione Clandestina di Haifa; Lea Nahum, nata a bordo della Tirat Zvi a pochi giorni dalla proclamazione della nascita dello Stato di Israele, che venne soprannominata dai passeggeri della nave, “Amit”, figlia del popolo.

Oltre a quello dei testimoni diretti, il documentario può avvalersi anche del contributo di alcuni tra i più importanti storici e giornalisti esperti sul tema come: Paolo Bosso, Marco Cavallarin, Raimondo Domenig, Sandro Fascinelli, Mario Ferrari, Gruppo Samuel, Irit Keynan, Alon Klivanov, Arturo Marzano, Nir Maor, Mario Mennonna, Martina Ravagnan, Zehavit Rotenberg, Eugenio Scheck, Daphna Sharfman, Francesco Terzulli, Mario Toscano, Idith Zertal.

Tutte queste voci formano un coro che ricorda una storia importante per il nostro paese restituendoci una dignità perduta. Anche noi ci siamo alzati in piedi per reclamare una

terra per un popolo che la cercava da duemila anni e una nuova indipendenza. E nello stesso tempo ci ha permesso di recuperare un ruolo strategico nel Mediterraneo che pareva ormai fuori dalla nostra portata.

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