“Writers Guild on strike!”, “No pages without fair wages”. Sono migliaia gli sceneggiatori televisivi e cinematografici americani che da martedì 2 maggio stanno scioperando ad Hollywood dopo il fallimento delle trattative coi principali studi e piattaforme sull’aumento delle loro retribuzioni.
Il Consiglio del sindacato degli sceneggiatori Writers Guild of America (Wga), “agendo sotto l’autorità conferita dai suoi membri, ha votato all’unanimità a favore di un ricorso allo sciopero” entrato in vigore da oggi.
Non è la prima volta che l’unione sindacale manifesta nella capitale americana del cinema. Già nel 2007 e nel 2008 la WGA aveva indetto uno sciopero, durato 100 giorni, denunciando le condizioni di lavoro degli sceneggiatori americani. Il blocco costò all’economia di Los Angeles circa 2,1 miliardi di dollari con un impatto negativo sull’intero comparto cinematografico statunitense.
15 anni dopo i sindacati che rappresentano gli scrittori dello spettacolo in America sono scesi nuovamente nelle strade della città. La protesta ha contrapposto 11.500 televisioni e sceneggiatori contro le principali società di produzione e distribuzioni cinematografiche. Tra queste: Disney, Paramount, Warner Bros Discovery, Sony, Netflix, Amazon e Apple.
Già a metà aprile la Wga aveva dato un segnale importante sull’umore interno dei lavoratori dello spettacolo; quasi il 98% dei votanti (9.218, il 78% del totale degli iscritti al sindacato) si era dichiarato a favore di una manifestazione per vedere riconosciuto il proprio diritto ad un aumento dei compensi.
“Sebbene il nostro comitato di negoziazione abbia avviato questo processo con l’intento di fare un accordo equo, le risposte degli studi sono state del tutto insufficienti data la crisi esistenziale che gli scrittori stanno affrontando” ha dichiarato pubblicamente su Twitter il Consiglio del sindacato.
Stavolta, sul tavolo delle controversie, non ci sono solamente le denunce da parte degli sceneggiatori sulla retribuzione non adeguatamente assicurata e insufficiente.
Nel corso della trattativa è stato contestato lo spinoso tema dei diritti d’autore per i lavoratori del comparto cinematografico destinati alle piattaforme di streaming e l’utilizzo sempre più frequente delle “mini room”, che non garantiscono agli sceneggiatori un compenso sicuro per il lavoro svolto nel caso in cui il progetto non venga approvato.
Sull’esito negativo del negoziato pesa anche l’utilizzo sempre più crescente dell’intelligenza artificiale già nelle prime fasi di produzione dei film. Un fenomeno denunciato dai nomi più affermati del cinema, tra cui il regista Steven Spielberg.
L’effetto dello sciopero cominciato oggi potrebbe avere conseguenze molto serie nel settore, non solo statunitense, ma anche mondiale.
Già la produzione cinematografica e televisiva a Los Angeles nel primo timestre del 2023 è crollata del 24%, come rilevato da FilmLA.
