Le lancette segnavano le ore 22.39. Fu a quell’ora che il 9 ottobre 1963 gli orologi nella Valle del Vajont si fermarono in seguito alla tragedia di quella notte. La diga che arginava oltre venticinque milioni di metri cubi d’acqua crollò a causa di una frana che provocò un violentissimo movimento delle acque. 1.910 persone persero la vita nella catastrofe, mentre un’intera comunità dovette abbandonare le proprie case.
A distanza di sessant’anni dalla tragedia, il mondo dello spettacolo sceglie di mantenere vivo il ricordo e la memoria di quelle persone che rimasero coinvolte nell’evento attraverso un «racconto corale» che coinvolge 150 teatri in contemporanea.
Un progetto che prende il nome di “VajontS 23”, basato su un testo curato dal drammaturgo e regista teatrale Marco Paolini con la collaborazione di Marco Martinelli, riscritto 25 anni dopo il racconto televisivo.
Un appello raccolto da parte di centinaia tra Fondazioni e Associazioni teatrali, in ricordo delle migliaia di persone colpite dalla tragedia. Una missione e una responsabilità di memoria collettiva e transgenerazionale che è propria del Teatro, come specchio della nostra società.
La rete di VajontS 23 nasce da un’idea di Marco Paolini per Fabbrica del Mondo, realizzata da Jolefilm con la collaborazione di Fondazione Vajont.
«È un segno di speranza ciò che sta accadendo in questi giorni – commenta Filippo Fonsatti, presidente Fondazione per l’Arte Teatrale P.l.a.tea – in oltre 150 teatri italiani, dai più grandi ai più piccoli, ma anche dalle scuole alle corsie di ospedali e nelle parrocchie, in cui centinaia di comunità si ritrovano a riflettere, a commentare e a narrare una delle più gravi tragedie che abbiano colpito il nostro paese. Una tragedia causata dall’uomo e non dalla natura.
Il merito va a Marco Paolini che, con Gabriele Vacis 27 anni fa, scrisse quella indimenticabile orazione civile e che oggi, con il carisma che solo gli artisti sanno mettere in campo, è riuscito a catalizzare mondi diversi e anche distanti, e a convogliare energie affinché si possa cercare di migliorare la qualità della vita del nostro pianeta.
Il teatro, ancora una volta, attraverso questa iniziativa, che sta assumendo un carattere quasi di massa, esercita le proprie funzioni pubbliche ed esplicita la propria necessità civile».