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AGENDA 2022 TEATRI DI BARI, CANTAFIO VINCITRICE DEL CONTEST LETTERARIO

Tempo di lettura: 4 minuti

Centoquarantasette pagine per raccontare il 2022 di Teatri di Bari, tra programmazione teatrale e progetti a contrasto delle povertà educative, con un focus specifico alle nuove generazioni. Si rinnova come da tradizione l’appuntamento con l’Agenda di Teatri di Bari, contenitore di idee e spazio di espressione artistica che, oltre ad assumere la funzione classica di calendario e promemoria, diventa strumento di divulgazione culturale e megafono per il rilancio dei giovani talenti. Anche per l’annualità 2022, infatti, il TRIC Teatri di Bari ha voluto far accompagnare le giornate con il racconto di un giovane scrittore selezionato attraverso un contest letterario per under 35: 2022 battute per un anno di teatro, che quest’anno si fregia dell’intervento dello scrittore Gianrico Carofiglio, che ha firmato l’incipit Tutto cambia, dal quale sono partiti i partecipanti per realizzare il loro personale contributo.

Ampia come sempre la partecipazione dei nuovi talenti della scrittura, che hanno accolto da tutta Italia l’invito di Teatri di Bari, presentando proposte di alto livello e creative, nel rispetto del limite delle 2022 battute di lunghezza per i racconti.

Vincitrice di questa edizione del contest è Gabriella Cantafio, giornalista classe 1986 originaria di Crotone, in Calabria, che collabora con diverse testate e riviste a livello nazionale – tra cui Repubblica, Corriere della Sera e Vanity Fair – nel racconto dell’attualità e per recensioni letterarie. Sarà il suo testo ad aprire l’edizione 2022 dell’Agenda di Teatri di Bari.

Scrivere, per me, è passione e lavorospiega CantafioMi ritengo fortunata di poter esprimere e, spero, trasmettere emozioni con la mia penna. Oggi, in particolar modo, per me è un onore vedere apprezzato il mio breve racconto nato dall’incipit di un grande scrittore come Gianrico Carofiglio. Ringrazio la giuria da lui presieduta e il team dei Teatri di Bari, impegnati attivamente nella promozione della cultura che diffonde speranza, anche in un periodo storico così precario”. 

All’interno dell’Agenda Teatri di Bari 2022 sono presenti tutti i progetti artistici, di formazione e produzione di Teatri di Bari, riconosciuto Teatro di Rilevante Interesse Culturale nella storia della Puglia per il secondo triennio (2018-2020, ampliato al 2021) dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo. Il centro di produzione teatrale è composto dal Teatro Kismet, aperto nel 1989 nella zona industriale di Bari e ristrutturato nel 2020, dal Teatro Radar di Monopoli, gioiello architettonico riaperto dal Comune di Monopoli dopo decenni di abbandono e dalla Cittadella degli Artisti a Molfetta, laboratorio urbano rinato nel 2017, che ha fatto della multifunzionalità il suo carattere distintivo.

L’Agenda di Teatri di Bari segna ormai un appuntamento atteso per la città tuttaspiega Mariella Pappalepore, presidente di Teatri di BariE soprattutto è un segno tangibile dell’azione del TRIC per il sostegno e la diffusione della cultura sul territorio, con tante azioni che tendono una mano al pubblico più giovane. In questa direzione va anche il concorso 2022 battute per un anno di teatro dedicato ai nuovi talenti della scrittura, perché pensiamo che un’azione di rinascita debba partire proprio dalle nuove generazioni e siamo felici di essere il motore di questo grande cambiamento. Speriamo che l’Agenda 2022 possa accompagnare le vostre giornate in un anno di grandi successi e avvenimenti positivi”.

RACCONTO VINCITORE

Tutto cambia – Incipit di Gianrico Carofiglio

Dal cielo scendeva una pioggia violenta e costante, a volte scossa da improvvise raffiche di vento. Eravamo seduti sotto i portici, a pochi metri dall’acqua, il mondo pareva scisso in due parti e l’effetto aveva qualcosa di incomprensibilmente rassicurante. Tutto cambia davvero, pensai, ricordando quanta inquietudine mi dava quel posto, dieci anni prima, nella mia vita precedente.

Racconto vincitore di Gabriella Cantafio

Fu come se ogni goccia che sfiorava l’asfalto, inumidito dallo scirocco della melanconia, si instillasse nel petto sino a far sgorgare ricordi. Erano passati tutti quegli anni, ma non riuscivo a rendermene conto. La certezza di una scrivania nell’antico palazzo che affacciava su Via Zamboni aveva ceduto il posto a un computer peregrinante, sempre in cerca di nuove storie, sotto l’occhio vigile dell’Etna fumante; le melodie degli artisti di strada erano state sostituite dal fragore degli alberi delle barche in preda al moto incessante del mare; il nostro nido in cui custodivamo graffi e baci era diventato un’asettica agenzia assicurativa. Tra quelle mura, che ancora trattenevano i nostri silenzi implosi, uomini distinti proponevano premi assicurativi per la casa, la macchina, la vita. E noi non siamo mai riusciti ad assicurare la nostra serenità, pensai. Quando ne parlavo con mia madre o le mie amiche, forse per evitare di riaprire la ferita, mi liquidavano frettolosamente dicendo “dai, lo sai, tutto cambia”. Lo so, sì, il tempo scorre, la vita ci pone sempre dinanzi a nuove gioie e ostacoli che disseminano la pelle di piccole cicatrici, quasi a tracciare la geografia della nostra esistenza. Spesso, però, dimentichiamo che certe ferite più profonde non si rimarginano finché non si rimuove per bene il tessuto necrotico. Come nel nostro caso: anche se oltre 1000 km separavano la nostra Bologna dall’isoletta siciliana su cui approdai come una Robinson Crusoe col cuore infranto e il passo claudicante, sentivo ancora in bocca il sapore metallico di quella ferita. A dir la verità, ultimamente, ero distratta dalla frenesia del lavoro, che ogni volta mi portava a pregare di non beccare una tempesta che mi impedisse di imbarcarmi, un po’ come facevo l’ultimo periodo con te, diventato acerrimo nemico della quiete. E fu proprio il mio lavoro a riportarmi nella nostra città, sotto quella stessa pioggia che ci aveva impregnati di incomprensioni. Quel giorno, per la prima volta, provai una sensazione nuova, inaspettata. All’improvviso, sentii un senso di leggerezza nello stomaco in cui a lungo avevo portato il peso del rancore. In quel momento, sotto i nostri portici, mi resi conto che, finalmente, la ferita non pulsava più. Voltai lo sguardo verso il collega che mi sedeva accanto e sussurrai “è proprio vero, tutto cambia”, certa che la tempesta era passata, almeno nel mio petto.

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