Non è una coincidenza che il 21 marzo, compleanno di Johann Sebastian Bach, si celebri la Giornata europea della Musica Antica. Una ricorrenza istituita nel 2013 e promossa dal REMA, la Rete Europa della Musica Antica.
Nella stessa giornata, l’Auditorium Pollini di Padova ospita il debutto dell’Abchordis Ensemble, fondata e diretta da Andrea Buccarella.
Il concerto, in cartellone per la 67° Stagione Concertistica degli Amici della Musica di Padova, conclude il ciclo pluriennale dedicato all’integrale dei concerti per clavicembalo di J. S. Bach.
«L’idea di creare un programma bachiano e fare in modo tale che questo ciclo di tre concerti si concludesse proprio il 21 nasce proprio da questa ricorrenza del compleanno di Bach – spiega il maestro e clavicembalista –. La ricorrenza, già dal nome, ha il pregio di mettere in relazione festival e realtà diverse in tutta l’Europa. In questo modo anche paesi come l’Italia, dove la musica antica è meno conosciuta ed eseguita rispetto agli altri paesi, ha l’occasione di far conoscere al pubblico una pagina molto importante della storia della musica».
Attento studioso della musica antica, Andrea Buccarella sottolinea come il termine che etichetta il movimento artistico che va dall’inizio dell’età medievale fino alla fine di quella rinascimentale sia comprensivo di un’enorme quantità di sfumature diverse.
In che modo la musica antica ha influenzato la storia della musica?
«Ogni fase è stata caratterizzata da innovazioni e ha visto i suoi compositori più geniali. È indiscusso che Bach venga oggi considerato uno dei più grandi compositori della storia, sensibile alle innovazioni moderne, ma allo stesso tempo in lui convivono influenze appartenenti al passato. Tutti noi siamo in qualche modo debitori ai grandi che ci hanno preceduti. E questo vale in generale in tutta la storia dell’arte».
Quanto del loro patrimonio viene tramandato e studiato oppure è andato perduto?
«Purtroppo è una domanda di cui non possiamo conoscere una risposta certa. Di molti lavori se ne sono perse completamente le tracce, e per diversi motivi.
Per fare un esempio, tra il secondo Seicento e il primo Settecento, la pubblicazione integrale delle opere musicali era ancora molto costosa e comportava non pochi rischi per i musicisti e per gli editori. Gli stessi compositori decidevano di stampare solamente una piccola parte del proprio corpus di lavoro. Questo fece sì che probabilmente molto delle loro opere manoscritte venissero disperse nel tempo, proprio perché non è stato possibile raccoglierle e custodirle».