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"Il trovatore", Festival Verdi 2023 - foto di Roberto Ricci

Festival, Musica

Giuseppe Verdi compie 210 anni, Parma e Busseto festeggiano riscoprendolo insieme a tutta la comunità

Tempo di lettura: 4 minuti

Nel duecentodecimo anniversario della nascita, Parma e Busseto celebrano il compleanno di Giuseppe Verdi in un festival a lui interamente dedicato, nella sua terra natale. Un luogo che da secoli tramanda il forte legame esistente tra la sua comunità e patrimonio artistico e culturale del territorio, e che oggi cerca di trovare nuovi punti di contatto con il tessuto sociale delle due città.

Luciano Messi, nel suo primo anno alla guida del Teatro Regio di Parma e del Festival Verdi di Parma e Busseto, racconta quali sono gli obiettivi e le proposte del suo programma.

Il Teatro Regio di Parma aderisce all’iniziativa di “Viva Verdi” in virtù del legame che lega la Fondazione al patrimonio lasciato da Giuseppe Verdi e alla sua terra natale. Cosa avete preparato?

C’è un’iniziativa molto speciale a riguardo che abbiamo voluto inserire all’interno del Festival e che prende il posto del tradizionale ‘Gala Verdiano’, normalmente realizzato attraverso un recital solistico al pianoforte.

Quest’anno, il 10 ottobre, compleanno del maestro Giuseppe Verdi, ospiteremo un Gran Gala: una serata al completo con orchestra, coro e solisti, nella quale si eseguiranno diverse scene dai vari titoli verdiani. Sarà quindi da un lato un omaggio importante, a tutto tondo, alla figura del maestro, ma al contempo anche un’occasione per aderire e sostenere la raccolta fondi del progetto ministeriale “Viva Verdi” per l’acquisizione, il restauro e la valorizzazione della Villa di Sant’Agata.

Ma il Festival non si ferma ai progetti legati al Teatro o al patrimonio di Verdi. Quali sono le altre strade con cui la rassegna cerca di aprirsi e di parlare a tutta la sua comunità?

Cerchiamo di fare un lavoro tondo, perché la musica e l’eredità di Verdi ci riguardano tutti e devono dunque rappresentare un patrimonio per una comunità vasta.  Ed è un lavoro che abbiamo organizzato a più livelli, da quello scientifico a quello strettamente più artistico.
Penso alla collaborazione stretta con l’Istituto Nazionale di Studi Verdiani che ha sede a Parma, così come alle attività di produzione e di messa in scena organizzate e inserite nel programma di quest’edizione del Festival.

A questi abbiamo aggiunto un lato dedicato alla formazione, assieme all’Accademia Verdiana, che quest’anno non a caso conclude la rassegna. Un elemento in più per rimarcare l’importanza e l’interesse per l’avvicinamento dei giovani allievi alla musica e alla composizione verdiana.

Al di là di questi aspetti fondamentali, c’è anche un lavoro importante di disseminazione sul territorioche ha fatto nascere nel tempo un secondo cartellone – Il Verdi Off – che racchiude iniziative fuori dal teatro, nei luoghi anche periferici e di fragilità, proprio per portare a tutti la musica di verdi e per rendere tutti partecipi di un festival che, come dice la parola, deve essere una festa, e che deve esserlo per tutti.

Ci sono poi gruppi di persone difficili da raggiungere o luoghi di fragilità in cui la musica difficilmente arriva. Come può lo spettacolo raggiungere e includere questi soggetti?

Uno sviluppo del 2023, per il quale siamo molto soddisfatti e che ci sta impegnando a fondo, è quello del Manifesto Etico, che va oltre il portare gli spettacoli nelle periferie e nei luoghi di cura, ma vuole aggiungere un ulteriore tassello, chiedendo a tutti gli artisti coinvolti non solo nel Festival, ma anche durante tutto l’anno.

Abbiamo chiesto a tutti gli artisti coinvolti nel Festival e nella prossima stagione lirica del Teatro, di dedicare alcune ore del proprio tempo a Parma a situazioni di fragilità e di marginalità. Un’occasione in più di contatto, dove non si richiede di portare la propria maestranza o professionalità artistica, ma si vuole dare spazio alla loro sensibilità, alla loro storia, alla loro esperienza e alla possibilità raccontarsi per creare un legame profondo con persone che vivono nelle carceri, nelle rsa, negli asili.

Un progetto che ha avuto un eco anche a livello europeo e di cui abbiamo parlato qui a Parma lo scorso 30 settembre insieme a Opera Europa, come proposta particolarmente significativa di riflessione e di sviluppo per il futuro, inserita in una più ampia riflessione sul ruolo dell’arte e dei teatri nello sviluppo e nella sostenibilità delle comunità.

Una partecipazione diffusa che, come ha ricordato, si allarga anche alle collaborazioni con le altre realtà musicali presenti sul territorio. Qual è il valore aggiunto che porta questa rete alla rassegna e al suo pubblico?

È un contributo fondamentale che sviluppiamo sia sul fronte artistico che territoriale. Sul primo c’è una relazione sempre più fitta con le eccellenze artistiche del territorio, e quindi la Filarmonica Toscanini, il Coro del Regio di Parma, ma anche i complessi artistici della Fondazione del Teatro Comunale di Bologna. Sono dei rapporti che si fondano sulla qualità e sulla progettualità artistica, dunque non ci si toglie terreno a vicenda, bensì si coopera per poter conseguire risultati artistici superiori e sviluppare una programmazione che con un solo coro o orchestra sarebbe difficile se non impossibile realizzare.

Nella programmazione 2024 ci sarà una rinnovata e grande apertura a compagini extraterritoriali, anche straniere, che verranno ad aggiungere il loro contributo prezioso.

Tutto questo è importante anche a livello territoriale, oltre che artistico, e quindi l’alleanza saldissima con Busseto, dove facciamo una produzione apposita, abbiamo portato il Verdi Off, ma dove c’è proprio un legame progettuale e condiviso con i nostri colleghi e l’amministrazione di Busseto. Tant’è che il Festival Verdi è nel nome intitolato di Parma e Busseto.

E la comunità di Parma e Busseto come hanno accolto le proposte e le iniziative di quest’anno?

Lo scatto fondamentale è stato passare da una progettualità per Busseto a una progettualità con Busseto. Stiamo lavorando veramente assieme, facendo incontrare le professionalità qualificate che abbiamo a Parma e a Busseto proprio per affinare dei progetti che non siano calati dall’alto ma che siano condivisi e realizzati insieme. In questo lavoro ci aiuta molto un’altra delle linee guida che mi sono voluto dare fin dall’inizio: quella di una programmazione maggiormente tematica e il più possibile in anticipo. Questa progettualità ci permette di condividere lo sviluppo dei programmi con i nostri partner, sia artistici che territoriali, ma anche con il nostro pubblico.

Luciano Messi, sovrintendente Fondazione Teatro Regio di Parma
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