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IL 16 NOVEMBRE AL TEATRO ERMANNO FABBRI DI VIGNOLA “IL GRIGIO”.

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Il Grigio ha segnato una delle tappe più importanti nel lungo percorso di ricerca del cantautore e del suo teatro canzone. E per Gallione, che si è confrontato già più volte nell’ultimo decennio con Gaber e Luporini insieme a Eugenio Allegri, Claudio Bisio e Neri Marcorè, è un’opera che «sa e può ancora parlare potentemente e spietatamente al nostro oggi».

«Per me, nell’88prosegue il registaIl Grigio dal punto di vista dello spettatore e del giovane regista di allora, fu un’esperienza intensissima, fondamentale. Quel mix geniale di astrazione e immedesimazione, quel raccontare teatralissimo e senza didascalismi fu una rivelazione. Mi sono convinto, piano piano ma con sempre maggiore “lucidità”, che i temi, i quadri, i sentimenti, le situazioni presenti nel Grigio del 1988 fossero poi stati rielaborati, perfezionati, e perché no, anche attualizzati da molte canzoni nate dopo quella esperienza. Scrivendo un’infinita storia di un signor G in continua crescita e trasformazione, nel privato e nel sociale, Gaber e Luporini hanno continuato a macinare, indulgenti o spietati, sulle contraddizioni dell’essere umano. E il “dopo Grigio” è un contenitore ricchissimo di spunti e illuminazioni, in forma di canzone, che si sovrappongono e amplificano i temi del copione di allora».

Il Grigio è la storia di un uomo che a un certo punto della sua vita si allontana da tutto e da tutti, afflitto più da problemi personali che sociali. Si ritira in campagna per stare tranquillo, ma la sua desiderata solitudine è subito disturbata da un topo che gironzola per casa: è il grigio”, forse un fantasma, una proiezione, ma certo l’elemento scatenante degli incubi dell’uomo. A causa della presenza sgradita dell’animale, il protagonista sprofonda in una totale depressione che lo costringe a rivedere tutta la sua vita e a mettere in discussione le proprie certezze. Falliti i tentativi di catturare il topo con i metodi tradizionali, comincia un lungo duello con l’invisibile nemico: la lotta contro l’occulto roditore provoca una sorta di risveglio dall’anestesia del presente, in un crescendo drammatico dal finale imprevedibile.

«Ho sempre ritenuto Gaberracconta Elio un mostro sacro ma non mi ci ero mai confrontato prima. Pur considerando la sua produzione meravigliosa e intelligente, in verità sono sempre stato più Jannacciano. Il fatto che per me fosse quasi tutto nuovo è stato un bene, perché sono potuto entrare nel suo mondo sentendomi libero, senza preconcetti. E alla fine ne sono stato conquistato, al punto di cogliere non poche similitudini con il mio stesso mondo interiore. Se sei abituato a riflettere su te stesso e sulla vita, capisci che alla fine non hai altra possibilità che accettare anche la tua parte oscura, che nello spettacolo è rappresentata proprio dal Grigio, ovvero il topo che perseguita il protagonista».

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