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LA FINESTRA SUL CORTILE DI ALFRED HITCHCOK

Tempo di lettura: 7 minuti

La finestra sul cortile è un film del 1954 diretto da Alfred Hitchcock e scritto da John Michael Hayes. Ispirato all’omonimo racconto di Cornell Woolrich del 1942, il film è considerato uno dei massimi capolavori del cinema e una delle migliori opere di Sir Alfred Hitchcock, che fa costruire il set per un thriller dove l’immedesimazione col protagonista è di fondamentale importanza. Il regista, infatti, per tutto il film sperimenta tecniche di ripresa attraverso la visione soggettiva, confezionando un’opera incredibilmente coinvolgente nella quale lo spettatore è protagonista.

Oltre ai colpi di genio di regia del Maestro, il film si ricorda per il suo formidabile cast, a partire dai due perfetti protagonisti: una Grace Kelly in uno dei ruoli migliori della sua carriera e un James Stewart indimenticabile. Incredibili anche i comprimari, come l’odioso Wendell Corey, l’esilarante Thelma Ritter e l’inquietante Raymond Burr, che riesce dopo 67 anni a far gelare il sangue con un semplice sguardo in macchina.

«UN ASSASSINO NON OSTENTA IL SUO DELITTO DAVANTI A UNA FINESTRA APERTA»

Il fotografo L.B. “Jeff” Jeffries (James Stewart) è bloccato su una sedia a rotelle da quasi due mesi a causa di una frattura alla gamba per un incidente di lavoro, manca solo una settimana prima della sua rimozione. Le giornate del fotografo infortunato si dividono tra conversazioni con la sarcastica infermiera dell’assicurazione Stella (Thelma Ritter), appuntamenti in casa con la sua fidanzata Lisa Freemont (Grace Kelly) e principalmente l’osservazione del vicinato dalla finestra. Jeff, scapolo incallito, squattrinato e abituato a viaggiare nei i luoghi più angusti del mondo per lavoro, cerca di sfuggire continuamente alla proposta di matrimonio della fidanzata, una ricca ragazza dell’alta società i cui stili di vita sono incompatibili con i suoi. Visto il molto tempo libero, il fotografo osserva continuamente fuori dalla finestra, familiarizzando con le routine e le abitudini dei vicini: una procace ballerina sempre circondata da spasimanti, una coppia sposata da pochi giorni, un pianista compositore sempre in crisi, una coppia con un cagnolino, una zitella in cerca d’amore e una coppia di coniugi, i Thorwald, in crisi matrimoniale.

Una notte Jeff viene svegliato da un urlo di donna e inizia a sospettare che Lars Thorwald (Raymond Burr) abbia ucciso la moglie, costretta a stare a letto per una malattia, facendo sparire il cadavere. La signora Thorwald, infatti, sparisce da un giorno all’altro e il marito viene visto da Jeff armeggiare con seghe e coltelli, ritingere alcune pareti del bagno, abbassare le tapparelle nonostante il caldo torrido e compiere azioni sospette. Il fotografo quindi, convinte anche Stella e Lisa della colpevolezza di Thorwald, inizia a indagare con le due alla ricerca di indizi, con il supporto dell’investigatore ed ex commilitone di Jeff, Tom Doyle (Wendell Corey). Il poliziotto, estremamente scettico sull’accaduto, si convince che la donna sia partita per tornare da alcuni parenti e suggerisce a Jeff di lasciare perdere le sue indagini. Quando il caso sembra risolto il cagnolino dei vicini, che andava sempre a scavare la terra dell’aiuola di Thorwald, viene trovato morto strozzato. Nel mentre le urla della padrona del cane attirano l’attenzione dei condomini, Thorwald è l’unico che se ne sta al buio immobile a fumare il sigaro.

La notte successiva, attirato il sospetto assassino fuori casa con uno stratagemma, Jeff, notando che le piante erano più basse rispetto ad alcune diapositive scattate nei giorni precedenti, manda Lisa e Stella a scavare nell’aiuola in cerca di prove, sospettando che Thorwald ci avesse nascosto un pezzo della moglie e avesse ucciso il cane per evitare che la ritrovasse, scavando. Lisa, però, approfitta dell’assenza dell’uomo per entrare nel suo appartamento a cercare la fede della moglie, che sicuramente si sarebbe portata con sé qualora fosse andata da dei parenti. Trovata la prova che cercava, la ragazza viene però sorpresa da Thorwald, tornato all’improvviso a casa, che la aggredisce finché non viene interrotto dall’arrivo della polizia, prontamente chiamata da Jeff. Con la polizia presente, Jeff nota che Lisa tiene le mani dietro la schiena, mostrando al fidanzato la fede nuziale che cercavano. Purtroppo per lei Thorwald si accorge dei segnali della ragazza e, guardando fuori dalla finestra, scorge il fotografo che lo sta osservando.

Jeff, fermamente convinto della colpevolezza dell’uomo, telefona a Tom mentre Stella si reca alla centrale di polizia per pagare la cauzione di Lisa, lasciando il fotografo da solo. Jeff risponde a una telefonata, credendo fosse Tom, e mentre sta cercando di aggiornarlo sul caso, si rende conto che dall’altra parte della cornetta nessuno parla. Compreso l’errore, Jeff si prepara ad affrontare Thorwald che si sta recando nel suo appartamento. Quando questo entra, il fotografo lo acceca ripetutamente con un flash, iniziando poi una colluttazione durante la quale Jeff viene fatto cadere fuori dalla finestra. La polizia però interviene in tempo, salvando il fotografo e arrestando Thorwald, che confessa l’omicidio.

«SIAMO DIVENTATI UNA BELLA RAZZA DI GUARDONI»

La finestra sul cortile è uno dei migliori esempi di cinema hitchcockiano. Nel film si ritrova il MacGuffin, il motore degli eventi che però non ha significato per lo spettatore (la gamba rotta di Jeff, senza la quale non avrebbe iniziato a spiare i vicini); c’è la costruzione della tensione tipica di Sir Alfred, nella quale il pubblico conosce più del protagonista e capisce quando questi è in pericolo; si ritrovano le innovazioni registiche e una tecnica narrativa talmente sopraffina da descrivere il protagonista e il suo stile di vita con pochi movimenti di macchina nel suo appartamento – Hitchcock ha iniziato infatti a lavorare ai tempi del cinema muto, quando non si potevano utilizzare le parole per spiegare i concetti -.

La genialità di questa pellicola del 1954 è però la sua apparente semplicità di inquadrature, che nasconde in realtà una ricerca di immagini ai limiti della meticolosità. Il regista utilizza infatti principalmente due inquadrature, una per gli interni e l’altra per il complesso di condomini che il protagonista osserva compulsivamente dalla finestra (in realtà uno studio della Paramount allestito in modo che Hitchcock avesse il completo controllo sugli elementi scenografici). Le scene che si svolgono all’interno dell’appartamento di Jeff sono girate con la classica dialettica cinematografica, formata da campi, controcampi, movimenti di macchina leggeri e una visione oggettiva, ossia l’inquadratura delle scene dal punto di vista del regista. Nelle scene in esterni viene però mostrata la vera abilità e ricerca di Hitchcock. La finestra sul cortile è infatti uno dei massimi esempi della visione soggettiva, una tecnica di ripresa cinematografica in cui la scena viene inquadrata dal punto di vista di uno dei personaggi, come se la si vedesse attraverso i suoi occhi. Il regista tende infatti a utilizzare principalmente questo tipo di ripresa, mostrando gli avvenimenti nel cortile dal davanzale della finestra di Jeff, come se lo spettatore e il protagonista fossero la stessa persona. Hitchcock, attraverso il personaggio di Jeff, propone la sua riflessione sul voyeurismo. Il protagonista può guardare e interpretare ciò che vede, senza poter intervenire direttamente a influenzare lo svolgersi della vicenda. La situazione di Jeff rinvia chiaramente alla situazione dello spettatore cinematografico, definito appunto un voyeur. Il regista però ha voluto anche sperimentare vari stili di ripresa in soggettiva: in un realismo spettacolare, la soggettiva classica del film è il campo visivo di Jeff, ed essa imita quindi la capacità visiva dell’occhio umano e le sue pecche. Quando Jeff osserva qualcosa dalla finestra a occhio nudo non può attuare zoom o primi piani e per questo il regista inquadra tutto sullo stesso campo. Gli avvicinamenti con teleobiettivo o i campi lunghi che si vedono nel film corrispondono all’obiettivo che Jeff monta sulla sua macchina fotografica, col risultato geniale che è il protagonista a scegliere cosa guardare e come inquadrarlo. È il protagonista del film che dice al regista che ripresa utilizzare. Lo sforzo di Hitchcock per ricreare la visione dell’occhio di Jeff è tanto elevato quanto ben realizzato: il regista usa infatti obiettivi a focale lunga e spesso lunghissima anomali per ottenere un effetto che viene spezzato solo nella scena dell’uccisione del cane, nella quale la cinepresa è posta in mezzo al giardino per inquadrare dal basso i vari vicini che si affacciano a vedere cosa succede.

Una delle modifiche più interessanti dell’adattamento del racconto di Woolrich è l’aggiunta del personaggio di Lisa, interpretato magnificamente da Grace Kelly. Un personaggio a tratti surreale nel suo non riuscire a far breccia nel cuore di Jeff (chi, infatti, resisterebbe a Grace Kelly?) ma che consente a Hitchcock di analizzare il rapporto di coppia con il suo caratteristico black humor. Nell’incapacità di Jeff d’impegnarsi nello scegliere mete esotiche con cui sabotare il rapporto con Lisa, emerge la crisi dell’individuo, di una solitudine auto-imposta spacciata per razionalità. In realtà il protagonista ha paura di affrontare una relazione impegnata, sia per la sua eccessiva diversità nei confronti della ragazza dell’alta società, sia perché vede le diverse fasi della vita coniugale attraverso le varie scene di quotidianità dei vicini. I neosposi che entrano nel loro nuovo appartamento e fanno costantemente l’amore; la coppia senza figli che riversa il proprio affetto su un cagnolino; la zitella che cerca disperatamente un partner; e poi casa Thorwald, che rappresenta la peggiore corruzione del rapporto di coppia. Man mano che le indagini proseguono, si assiste a un progressivo depotenziamento del conflitto amoroso tra Jeff e Lisa, che viene espletato nei fatti anziché nei discorsi. Grace Kelly viene infatti caratterizzata molto di più nella seconda parte del film, non tanto come ricca ragazza dell’alta società ma come vero agente dinamico al posto del passivo Jeff che è costretto dalla sua gamba ingessata a fare da spettatore a ogni evento. Il diverbio amoroso dei due protagonisti viene così silenziosamente risolto da Lisa che si dimostra in grado di fare quello che Jeff non si aspettava da una ragazza come lei. Quando la donna entra inaspettatamente nella casa di Thorwald per cercare prove, esponendosi a una situazione di pericolo, cresce in Jeff, che osserva dalla finestra, un interesse per lei. Tutte le inquadrature di Lisa nella casa dell’assassino sono alternate a contro campi di Jeff che osserva con crescente preoccupazione. Non è strano, quindi, che nella sequenza conclusiva del film i due siano tranquillamente nell’appartamento dell’uomo senza litigare su matrimoni o avventure per il mondo. Risolvendo il caso Thorwald, i due protagonisti risolvono i loro problemi amorosi, capendo che entrambi sono capaci di cambiare – non completamente, come mostra la geniale scena finale – per l’altro. La perfetta conclusione sarcastica del lieto fine tanto amata da Sir Alfred Hitchcock.

Scritto da

Pisano di nascita e romano d'adozione. Da diversi anni ho sviluppato una grande passione per i film, il cinema e tutto ciò che si lega a esso, dalle origini con Méliès, all'Espressionismo tedesco, fino alla contemporaneità.

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