Connect with us

Cosa stai cercando?

Cinema, Cinema d'autore

IN ATTESA DELLA RIAPERTURA: QUALCUNO VOLÒ SUL NIDO DEL CUCULO di MILOŠ FORMAN

Tempo di lettura: 7 minuti

Il 12 marzo 1976 nelle sale cinema italiane uscì uno dei film più rivoluzionari e anarchici mai fatti. Grazie al realismo con cui viene raccontata la crudeltà di questi luoghi, il film contribuì fortemente ad alimentare le polemiche che portarono alla deistituzionalizzazione degli ospedali psichiatrici in molti paesi del mondo. Girata in piena New Hollywood, questa pellicola ha lanciato alcuni dei più grandi attori dei nostri giorni: Qualcuno volò sul nido del cuculo di Miloš Forman.

Qualcuno volò sul nido del cuculo è un film del 1975 diretto da Miloš Forman e scritto da Bo Goldman e Lawrence Hauben. Ispirato all’omonimo romanzo del 1962 di Ken Kesey, il film è uno dei più importanti mai creati, in quanto ha raccontato per primo in modo duro e crudo la realtà che si nascondeva dietro agli ospedali psichiatrici e il trattamento inumano destinato ai pazienti.

Il regista è aiutato da un cast ineccepibile, a partire dai due protagonisti Louise Fletcher e Jack Nicholson, continuando poi con i personaggi secondari, all’epoca giovani esordienti come Brad Dourif, Christopher Lloyd e Danny DeVito, che si sono affermati come alcuni tra i più grandi interpreti del panorama hollywoodiano.

«IO SAREI PAZZO SOLO PERCHÈ NON STO LÌ TRANQUILLO COME UN FOTTUTISSIMO E IMMOBILE VEGETALE, NON HA IL MINIMO SENSO SECONDO ME»

All’ospedale psichiatrico di stato di Salem, nel 1963, arriva Randle Patrick McMurphy (Jack Nicholson), un carcerato che per sfuggire alla prigione millanta di essere pazzo. Arrivato alla struttura, McMurphy viene informato dal dottor John Spivey (Dean R. Brooks), il primario dell’ospedale, che sarà trattenuto solo per essere “vagliato”, ossia per capire se simuli o meno una malattia mentale e in caso rimandarlo in carcere. Randle, nonostante sappia di essere osservato, ha un comportamento anticonformista e sbarazzino, in totale contrasto con le regole e con chi le fa rispettare, soprattutto la caporeparto Mildred Ratched (Louise Fletcher). Durante la sua permanenza, Randle fa il verso a “Grande Capo” Bromden (Will Sampson), un paziente nativo americano sordomuto, è reticente nel prendere le sue medicine e si diverte a stuzzicare degenti e infermiere. Una sera, durante una riunione di gruppo, McMurphy chiede di poter guardare le finali di baseball in TV, concessione negatagli dalla Ratched. Per cercare di fuggire dal manicomio e guardare le partite, Randle cerca di sollevare un pesante lavabo di marmo e sfondare la finestra, liberandosi così da quella prigione; il suo sforzo però è inutile, in quanto non riesce a smuovere il lavabo. In uno dei suoi momenti goliardici, McMurphy decide di improvvisarsi radiocronista di una fittizia partita di baseball, esaltando i pazienti dell’ospedale e inimicandosi ancora di più le infermiere e la Ratched. L’azione che condannerà l’uomo all’internamento nell’ospedale psichiatrico ha però luogo qualche giorno dopo, quando Randle scappa dalla struttura e si impossessa dell’autobus di servizio con dentro vari pazienti e li porta a fare un giro su una barca, regalando loro uno sprazzo di libertà prima che vengano costretti a tornare nel manicomio. Durante una riunione di gruppo, l’uomo si rende conto di essere stato ingannato e, durante una lite colpisce insieme a Grande Capo alcuni inservienti, venendo sottoposto per questo all’elettroshock.

Scoperto che Grande Capo finge di essere sordomuto per evitare il resto del mondo, Randle organizza con lui la fuga dal manicomio per andare verso il Canada. Nel mentre i pazienti dell’ospedale iniziano a comportarsi come McMurphy, mostrando atteggiamenti anticonformisti contro gli infermieri, soprattutto Taber (Christopher Lloyd), Martini (Danny DeVito), Cheswick (Sydney Lassick) e il giovane e introverso Billy Bibbit (Brad Dourif).

Corrotta la guardia notturna, Randle fa entrare di nascosto nel manicomio due sue amiche prostitute e organizza una festa per salutare i suoi amici, prima di scappare per sempre. Durante la notte, nell’ospedale i degenti fanno baldoria e McMurphy, intontito dall’ebrezza, si addormenta perdendo l’occasione di fuggire. La mattina dopo la Ratched, contemplato il disastro nel reparto e compreso ciò che è avvenuto, inizia a rimproverare i pazienti, specialmente Billy che era stato trovato a letto con una delle due prostitute. Dopo l’ennesima violenza psicologica subita, il giovane si suicida per la vergogna e Randle, stanco dei continui soprusi della caporeparto, si avventa sulla donna strangolandola finché non viene fermato da un inserviente. La commissione medica si convince che McMurphy è troppo pericoloso e lo fa sottoporre a una lobotomia. Ridotto in stato quasi vegetativo, Randle viene ucciso da Grande Capo, che, incapace di vedere l’amico in quello stato, lo soffoca con un cuscino. Il nativo americano poi con tutta la sua forza riesce a sollevare il lavabo di marmo e sfondare la finestra del manicomio, scappando da quella prigione verso il Canada.

«Ma credete veramente di essere pazzi? Davvero? Invece no, voi non siete più pazzi della media dei coglioni che vanno in giro per la strada, ve lo dico io!»

Con Qualcuno volò sul nido del cuculo Miloš Forman è il primo regista che porta la macchina da presa all’interno di un manicomio e mostra allo spettatore la dura vita dei pazienti internati. I protagonisti del film sono trattati con assoluto disinteresse da parte di infermiere e inservienti, imbottiti di farmaci, umiliati e manipolati psicologicamente e costretti a prendere parte a lunghe sedute collettive nelle quali viene mostrato il vero volto di chi realmente dovrebbe curarli. La figura dell’infermiera Ratched è l’emblema del sistema marcio per il quale lavora: una donna è infatti totalmente priva di umanità o gentilezza, esegue il suo lavoro con impassibile correttezza e inflessibile aderenza alle regole, agendo in modo simil dittatoriale e sfruttando attraverso minacce psicologiche le varie debolezze dei pazienti per fare in modo che non si ribellino alle regole (come nel caso del giovane Billy Bibbit, tenuto sotto scacco con la minaccia che altrimenti avrebbe avvisato sua madre). È l’infermiera, nella sua contorta ottica del lavoro, che si oppone al rimandare McMurphy in prigione, mantenendolo in un luogo dove non dovrebbe stare solo per “non trasferire le proprie responsabilità a qualcun altro”, condannando l’uomo a una vita di ingiusta detenzione. Louise Fletcher riesce a calarsi nella parte in modo ineccepibile, creando uno dei personaggi più detestabili mai visti, il tutto attraverso uno sguardo freddo e severo e una parlata calma ma allo stesso tempo minacciosa. La rigidità della Ratched è la più grande critica del regista al sistema dei manicomi, dove i malati di mente devono essere prima di tutto inquadrati come esseri umani, laddove il film li mostra come automi che devono sottostare a regole impartite da altri automi. Non si possono fare domande sulle medicine che si stiano assumendo, non si può giocare troppo a carte, l’unico piacere dei pazienti – le sigarette – viene razionato, non ci possono essere svaghi o momenti di umanità come il guardare una partita in TV, quando i degenti hanno comportamenti troppo esuberanti subiscono l’elettroshock e quando aggrediscono qualcuno vengono lobotomizzati e ridotti a vegetali.

In un contesto così rigido e dittatoriale la figura di Randle McMurphy, libera, anarchica e insofferente alle regole, diventa subito elemento di contrasto con le autorità che comandano il manicomio. La sua voglia di non seguire a prescindere una regola solo perché è tale lo pone nella situazione di diventare dall’inizio il leader dei pazienti dell’ospedale e l’unico che dona loro l’umanità. Durante la gita in barca e nei momenti di libertà che dona McMurphy, i malati guariscono dalle loro patologie: Billy Bibbit risolve il suo problema della balbuzie, Martini e Taber non hanno attacchi di autismo o schizofrenia, il timido Cheswick inizia a opporsi alle regole e Grande Capo smette di fingersi sordomuto. E la bellezza del film è il fatto che il protagonista rimane un personaggio socialmente etichettabile come negativo. Randle McMurphy, forse la migliore interpretazione di Jack Nicholson della sua carriera, è uno degli eroi moderni tipici del cinema della New Hollywood anni ‘70 e quindi un reietto della società, criminale e schizzato che però ha in sé molta più umanità e comprensione di quanta ne abbiano le istituzioni competenti. Grazie alle sue idee anarchiche, Randle riporta luce e speranza nel manicomio di Salem, permettendo a tutti i degenti di apprezzare la libertà del mondo esterno nel quale vengono accettati per quello che sono, senza bisogno di farmaci o inservienti che li sorveglino. McMurphy è il vero eroe della vicenda fino alla fine, che arriva a sacrificarsi pur di liberare i suoi amici dalla tirannia dell’infermiera, fallendo e venendo per questo sconfitto dal sistema che per tutto il film ha combattuto e cercato di migliorare. La sua morte però non è vana, perché spinto dal dolore Grande Capo riesce nell’impresa in cui Randle aveva fallito, sollevando il lavabo e scappando per sempre dal manicomio.

Il film è girato quasi totalmente in interni, essendo ambientato praticamente sempre nel manicomio, eccetto in pochi, brevi frangenti. L’ospedale psichiatrico di Salem, il “nido del cuculo” del titolo, viene rappresentato come un luogo freddo e molto simile a una prigione con stretti corridoi, celle isolate, filo spinato e inferriate alle finestre. La fotografia, a opera del direttore Haskell Wexler prima e Bill Butler poi, è grezza e poco vistosa, composta di luci naturali o che ricordano quelle degli ospedali. Il colore predominante è il bianco e in generale il tutto risulta freddo e distaccato, in modo da dare l’idea di un luogo molto inospitale e deprimente. La colonna sonora di Jack Nitzsche, che, unita alla nenia diegetica e ripetitiva che viene trasmessa tutto il giorno nel manicomio, contribuisce a creare quell’atmosfera malinconica e inquietante dove i pazienti si spengono a poco a poco. Indispensabili per la creazione della suddetta atmosfera anche i membri del cast, tra i quali si ritrovano alle loro prime esperienze i giovani Brad Dourif, Christopher Lloyd e Danny DeVito, che riescono a immedesimarsi a tal punto nei personaggi da non rompere mai l’illusione cinematografica.

Qualcuno volò sul nido del cuculo è stato un enorme successo di critica, pubblico e botteghino. Girato con un budget di 4,5 milioni di dollari, ne ha ricavati più di 112 milioni, oltre alla vittoria di 28 premi totali. Il capolavoro di Forman è uno dei tre soli film della storia del cinema ad aver vinto i cinque premi Oscar principali: Miglior Film, Miglior Regia, Miglior attore e attrice protagonista e Miglior Sceneggiatura non originale.

Scritto da

Pisano di nascita e romano d'adozione. Da diversi anni ho sviluppato una grande passione per i film, il cinema e tutto ciò che si lega a esso, dalle origini con Méliès, all'Espressionismo tedesco, fino alla contemporaneità.

Clicca per commentare

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Potrebbe interessarti

Cinema, Cinema d'autore

La finestra sul cortile è un film del 1954 diretto da Alfred Hitchcock e scritto da John Michael Hayes. Ispirato all’omonimo racconto di Cornell...

Cinema, Cinema d'autore

L’11 aprile di trenta anni fa uscì nelle sale cinematografiche italiane uno dei più premiati e apprezzati film thriller horror mai fatti. Grazie a...

Copyright © 2022 Le foto presenti su Notizie di Spettacolo sono state in larga parte prese da Internet e quindi valutate di pubblico dominio. L'editore è a disposizione per la eventuale rimozione di foto coperte da copyright. Il periodico on line “Notizie di Spettacolo” è stato registrato presso il registro dell'Ufficio Stampa con il numero 66/2022 con firma del decreto del Presidente di Sezione del 10 maggio 2022.