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“UN PO’ DI ANSIA SUL SET MA CE L’ABBIAMO FATTA”, STEFANO USARDI HA APPENA FINITO LE RIPRESE DI “FRA DUE BATTITI”, UN FILM RICCO DI CITAZIONI CHE VIAGGIA SUL FILO DI REALTÀ E FINZIONE

Tempo di lettura: 3 minuti

Nato a Basilea in Svizzera, ha conseguito in Italia tre lauree (tra cui in Storia dell’arte) e in Spagna un dottorato in Estetica del cinema. È Stefano Usardi, 43 anni, grande viaggiatore e già regista di “Ventisette” (2011), “Il mio giorno” (2015), “Luigo” (2017) e “Affittasi vita” (2019). Da poco ha finito di girare a Trento “Fra due battiti” per la FiFilm Production di Caterina Francavilla, casa di produzione cinematografica indipendente. Nel cast di questo film, che arriverà al cinema il prossimo anno, ci sono: Stefano Scandaletti, Maria Vittoria Barrella, Giulio Cancelli, Stefano Detassis, Remo Girone, Roberta Da Soller, Lara Balbo, Massimiliano Varrese, Valentina Melis, Ettore Migliaccio, Matilde Vigna, Giovanni Morassutti, Angelo Colombo, Federico Vivaldi e Paola Costa.

Com’è stato girare in questi tempi di emergenza sanitaria?

“Ci ha messo un po’ di ansia per le possibili interruzioni, perché girando le scene non tutte consequenziali è ovvio che se ti devi bloccare le situazioni cambiano. Girando tanto in esterna, poi, può diventare un problema per le luci, ma fortunatamente e orgogliosamente siamo riusciti a portare tutto a termine benissimo. Oltre a dover fare i test sierologici quotidianamente, non abbiamo avuto grandi impedimenti. Ovvio che negli esterni, quando c’erano molte persone con le mascherine, non facevamo le riprese o sfocavamo molto con gli obiettivi o cercavamo di non riprendere nessuno”.

Di cosa parla “Fra due battiti”?

“C’è una parte teorica molto importante perché cerchiamo, con i nostri limiti, di rompere un po’ i piani, quindi la dimensione dello schermo televisivo e di quello cinematografico. Ci sono dei personaggi che escono letteralmente dal televisore e entrano nel film, e poi dal film alla sala cinematografica. Il film parla di un ragazzo che ha dimenticato la bambina in macchina ed è diventato agorafobico e di conseguenza non sa come uscire di casa ed incontrare gli altri. Un suo amico, che è poi il protagonista (interpretato da Stefano Scandaletti), vive una vita senza sapere se si tratta di realtà o finzione, perché il suo maggiordomo (che è Remo Girone), attraverso uno sceneggiatore e uno scrittore, mette in scena delle porzioni di realtà, di quotidianità con le quali lui prova delle emozioni forti per scrivere il libro che dovrebbe aiutare Tommaso ad uscire dal suo isolamento”.

Che sfumature hai dato alla storia che suona un po’ sulla scia del metagenere?

“Nei film cerco sempre questa linea che è un po’ grottesca, così la definì Sergio Fiorentini (protagonista del suo film ‘Il mio giorno’, ndr). Sono continuamente alla ricerca del rapporto tra la messinscena dell’esistenza di tutti noi e della messinscena dello spettacolo, cinematografico in questo caso. Su questo piano si sviluppano le mie storie”.

Hai all’attivo un dottorato di ricerca su Michelangelo Antonioni, quale lezione hai tratto da questo grande cineasta?

“Infinite. Sicuramente dal punto di vista puramente tecnico, quella sulla freschezza delle immagini, sulla sua capacità di avere sempre l’eleganza delle immagini. E poi in questo film pieno di citazioni di tutto il cinema italiano, faccio riferimento proprio a ‘L’avventura’: il protagonista dice che la sua ragazza è Anna ed è scomparsa su un’isola. Soprattutto il primo Antonioni, quello della trilogia, anche dal punto di vista narrativo mi piace tantissimo. Ne ‘L’avventura’ addirittura un personaggio scompare dalla storia lasciando un’apertura bellissima”.

Quali sono i tuoi modelli cinematografici oltre Antonioni?

“Non ho dei veri e propri modelli. Mi piace il cinema francese della Nouvelle vague, come tecnica anche se loro doppiavano, e quindi di andare con le camere per strada e girare all’ultimo momento,anche se la mia troupe non è molto felice di questo metodo di lavoro. Ci sono dei rischi, anche se dà grandi risultati se riesci a cogliere dei momenti puliti, puri. Adoro ciò che è improvvisazione, ma ho più riferimenti letterari in merito, tipo Pirandello”.

La laurea in Storia dell’arte quale punto di vista privilegiato ti dona dietro la macchina da presa?

“Tutte le mie lauree le ho conseguite sempre in funzione di questo percorso che sto facendo, ovviamente questa è servita per avere l’equilibrio nella costruzione dell’immagine. La storia dell’arte è sempre e comunque la ricerca dell’equilibrio, anche l’astrattismo lo è. Quello della composizione è una ricerca che non finisce mai”.

Quali i tuoi prossimi progetti?

“Sono due. Uno è per l’estate 2022, un road movie da Padova ad Almería: è la storia di un ragazzo che salva da un ospizio una signora anziana per via di una fuga che sta mettendo in atto. L’altro, che girerò nel 2024 in provincia di Belluno, è ‘Alcol test’, su un ex cantante degli anni Settanta, alcolista, che cerca di liberarsi da questa dipendenza, ma racconterò tutto sempre in maniera molto leggera”.

Hai in uscita un libro?

“Non sono uno scrittore. Su Antonioni è uscita la tesi di dottorato, ma il libro che ho pubblicato ora, ‘Faccio il giro del mondo e ti dimentico’, è frutto del giro del mondo che ho fatto l’anno scorso via terra, creando una sorta di resoconto di viaggio condito da un po’ di sperimenti psicoemotivi sulla possibilità di liberarmi un po’ dal pensiero di una ragazza…”.

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