L’attenzione alle cose dimenticate, materie della storia naturale della terra. In queste restituzioni della tragedia si racchiude la forza della compassione e il vissuto delle esistenze che l’hanno abitata.
Emerge una colonna vertebrale ricomposta attraverso continue metamorfosi del gesto. Le forme empatiche di relazione dentro e fuori di noi, tra gesto e cose, natura e oggetti, dinamica e spazio, scavo e sottosuolo, restituiscono un corpo quale soglia tra un equilibrio e l’altro, tra la necessità di sottrarre e di praticare l’ascolto.
Le macerie giungono a noi per insegnarci gesti antichi che la tecnologia del corpo dovrà reimparare per continuare a sopravvivere.
“Il lavoro raccoglie l’attenzione rivolta alle cose dimenticate: materie della storia naturale della terra. Attraverso sei danze una donna fa esperienza su come i dettagli del corpo creano una costellazione archeologica di movimenti in ascolto con le macerie recuperate dopo il terremoto de L’Aquila. In queste restituzioni della tragedia si racchiude ancora tutta la forza della compassione e il vissuto delle esistenze che le hanno abitate. Cosa rimane sulla soglia dell’ascolto dei frammenti dispersi e ricomposti per costruire un luogo dove agire con il gesto? Il silenzio illimitato, pneuma che ancora ci comprende. Emerge una colonna vertebrale ricomposta attraverso continue metamorfosi del gesto. Mappa emozionale dell’uomo che manipola il suolo per intraprendere un viaggio di conoscenza del luogo del corpo e dei gesti inabissati della danza. Questa discesa nelle forme empatiche di relazione dentro e fuori di noi, tra gesto e cose, natura e oggetti, dinamica e spazio, scavo e sottosuolo, restituisce un corpo quale soglia tra un equilibrio e l’altro, tra la necessità di sottrarre e praticare la dimensione dell’ascolto. L’oralità dei gesti del corpo diviene il dialetto sorgivo di una lingua inappropriabile per indagare, ricercare e costruire il luogo da abitare. Le macerie giungono a noi per insegnarci gesti antichi che la tecnologia del corpo dovrà reimparare per continuare a sopravvivere”. Virgilio Sieni