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IL PATRIMONIO CULTURALE COME FONTE DI BENESSERE SOCIALE

Tempo di lettura: 4 minuti

Vituperata dai più ma acclamata quando si cercano sostegni economici, l’Unione Europea, attraverso il suo braccio esecutivo della Commissione, ha indubbiamente sempre riconosciuto il ruolo del patrimonio culturale come risorsa strategica per la crescita economica, occupazionale e per coesione territoriale dei suo Paesi.

Partito nell’aprile 2020, il rapporto, realizzato dall’European Spatial Planning Observatory Network (ESPON, in italiano ORATE, Osservatorio in Rete sull’Assetto del Territorio Europeo) sul “patrimonio culturale come fonte di benessere sociale nelle regioni europee”, sarà completato entro il 28 febbraio 2022.

I nobili scopi della ricerca, analizzando le azioni pregresse e attuali dei Paesi coinvolti, mirano a promuovere una dimensione territoriale europea nello sviluppo e nella cooperazione fornendo prove, trasferimento di conoscenze e apprendimento delle politiche alle autorità pubbliche e ad altri attori politici a tutti i livelli. E’ quindi indispensabile fare un parallelo con la situazione italiana evidenziando le defaillance collezionate specie nell’anno pandemico 2020 oramai in chiusura (solare).

Le buone pratiche, figlie di accurate ricerche incrociate su più campi e in più Paesi, che l’Europa propone ai suoi membri, anche attraverso questo ennesima iniziativa in campo culturale,  pare non siano sempre state recepite appieno in Italia, o almeno non del tutto; le motivazioni di questa sordità potrebbero essere riassunte partendo da un aneddoto lontano (geograficamente), che però è un recentissimo episodio balzato agli onori delle cronache mondiali.

Ranjitsinh Disale vincitore del Global Teacher Prize, l’oscar del migliore insegnante al mondo, vince un milione di dollari che decide di condividere: la metà del premio la divide con gli altri nove finalisti (per condividere, appunto, con loro, tra i migliori, le pratiche messe in atto). La sua missione in un villaggio indiano parte catturando l’attenzione degli anziani per capirne la loro lingua, crea la scuola che non c’era, cominciano ad arrivare i ragazzini come anche i banchi e le altre suppellettili. Insegna come coltivare i campi per non farli desertificare, allontana i matrimoni in età scolare, condivide le sue conoscenze quindi. A scuola fa lezioni personalizzate perché ciascuno impari a seconda delle sue possibilità, perché i ragazzi non debbano mettersi in competizione con gli altri ma con sé stessi, …

Condivisione e competizione, con sé stessi.

Restando nel perimetro del patrimonio culturale, l’Unione Europea studia e condivide il suo operato, e lo dimostra con i diversi documenti politici europei quali, tra i più recenti, la “Nuova agenda europea per la cultura” (adottata dalla Commissione europea nel maggio 2018) e la “Strategia per il patrimonio europeo per il 21 ° secolo” (adottata dal Consiglio d’Europa nell’aprile 2017). C’è però chi è più attento a competere con gli altri invece di migliorare sé stesso.

È il caso emblematico del nostro Paese che, forte del primato per avere sul suo territorio il 70% del patrimonio culturale mondiale, non è mai riuscito a diventare una potenza culturale viva. A quel 70% si aggiunga il patrimonio culturale immateriale, ovviamente.

Apparentemente distratto dalla pandemia in corso (non che prima abbia dimostrato particolari aperture verso le ricerche sugli impatti della cultura sulla società), chi governa tali ambiti italiani non ha mai posto particolari attenzioni sui benefici sociali del patrimonio culturale in termini di qualità della vita guardando al benessere, all’istruzione, alla salute, all’inclusione sociale e all’uguaglianza, alla soddisfazione e alla felicità della vita, ecc…

C’è chi si nutre di cultura e chi è perennemente a dieta

E’ passato in cavalleria  ma non dimenticato quel con la cultura non si mangia”, siamo tutti d’accordo invece che la cultura sia portatrice sana di ricchezza. Se solo si prendessero in considerazione gli input che i report europei propongono, quel 4,2% di PIL europeo nei settori culturali e creativi, con l’apporto italiano (con la dote “materiale” di quel 70% di cui sopra e l’immateriale a sostegno), aumenterebbe sostanzialmente e a beneficiarne sarebbero tutti i settori, sociali e produttivi.

Compito di un amministratore, di un assessore, è fare politiche culturali, predisporre la città affinché possa generare un valore, economico, sociale, culturale.

Compito di un governo è fornire gli strumenti a quell’assessore.

Compito dell’Unione Europea è stabilire gli indicatori socioeconomici comparabili e raccogliere dati per  illustrare al meglio, ai suoi membri, la misura in cui il patrimonio culturale ha un impatto sul benessere della società fornendo le necessarie analisi comparative delle diverse regioni europee.

Per diversificare per fare “lezioni personalizzate perché ciascuno impari a seconda delle sue possibilità”.

La ricerca a cura di 40 esperti tematici e specialisti di tutta Europa, che il progetto Heriwell di Espon si prefigge di consegnare il 28 febbraio 2022,riguarderà il patrimonio culturale sia materiale che immateriale analizzandone l’impatto associato a:

  • Presenza di patrimonio culturale materiale (stock di edifici e altri oggetti)
  • Consumo e uso del patrimonio culturale
  • Digitalizzazione del patrimonio culturale
  • Investimenti finanziati dall’UE nel patrimonio culturale
  • Attività (politiche) volte ad aumentare l’impatto positivo del patrimonio culturale e diminuire l’impatto negativo.

Il report quantificherà l’impatto negli ultimi 10 anni stabilendo indicatori socioeconomici comparabili e impegnandosi nella raccolta di dati dagli istituti nazionali di statistica e dai registri. La ricerca mirerà a fornire un’illustrazione generale della misura in cui il patrimonio culturale ha un impatto sul benessere della società in Europa e fornirà analisi comparative delle diverse regioni europee. L’impatto delle politiche, delle strategie, dei meccanismi legali e dei quadri normativi europei, nazionali, regionali e locali volti a preservare e mantenere il patrimonio culturale o ad aumentarne l’uso, sarà indirizzato a sostenere il processo e i risultati della ricerca.

L’auspicio è che la divulgazione del report Eriwell possa arrivare a tutti, al ministro come all’assessore. Gli operatori culturali ne saranno già in possesso, hanno gli strumenti per riconoscere il valore del loro lavoro, fa parte del loro retaggio. Se quello strano fenomeno che è la condivisione potesse attecchire perché la competizione con sé stessi, e non con gli altri, faccia crescere la consapevolezza che tutti ne beneficeranno, il patrimonio culturale diventerebbe il motore trainante di un Paese che oggi (in piena pandemia) cuce toppe, eroga ristori e mira al digitale dimenticando quel mondo dello spettacolo dal vivo (patrimonio culturale immateriale che si espleta in quel patrimonio culturale materiale che si chiama teatro, sala da concerto, …) che è il vero collante tra la società civile e la cultura.

Scritto da

Green Event Manager. Direttore editoriale e coordinatore delle attività di redazione della testata “Notizie di Spettacolo” nel 2022. Dal 2014 coordina le attività di Italiafestival, l'associazione dei festival italiani. Ha scritto per diverse testate giornalistiche di attualità, sport e cultura.

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