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AL TEATRO STORCHI DI MODENA DALL’11 AL 14 NOVEMBRE ” SE QUESTO È UN UOMO” DI VALTER MALOSTI

Tempo di lettura: 3 minuti

La voce di Levi ha fatto parlare Auschwitz in tutto il mondo: da oltre settant’anni racconta ai lettori di tutte le età la verità sullo sterminio nazista. È una voce dal timbro inconfondibile, mite e salda: «considerate che questo è stato».

Nel 2019, in occasione del centenario della nascita dello scrittore, Valter Malosti porta in scena per la prima volta direttamente il romanzo senza alcuna mediazione: parole che nella loro nudità sanno restituire la babele del campo, i suoni, le minacce, gli ordini, il rumore della fabbrica di morte. «Volevo creare un’opera che fosse scabra e potente, come se quelle parole apparissero scolpite nella pietra» dichiara il regista. «Spesso ho pensato al teatro antico mentre leggevo e rileggevo il testo. Da qui l’idea dei cori tratti dall’opera poetica di Levi detti o cantati, e l’idea di utilizzo dello spazio. Insomma una sorta di installazione d’arte visiva più che una classica messa in scena teatrale». 

Dalla volontà di ERT / Teatro Nazionale e del Centro Internazionale di Studi Primo Levi di tenere vivo il dialogo su questa opera. Un libro entrato di diritto nei classici della letteratura e allo stesso tempo una importante testimonianza di un passaggio cruciale della storia del ‘900. Nell’arco della tournée dello spettacolo nasce un ciclo di incontri pensati non solo per il pubblico adulto ma anche per gli studenti. Un’occasione per conoscere, ricordare, richiamare un passato che ci riguarda tutti e per mettere alla prova le nostre interpretazioni del presente. Gli incontri si svolgono nei teatri e nelle scuole delle città toccate dalla tournée.

«L’opera torna finalmente nei teatri – commenta Fabio Levi, presidente del Centro Internazionale di Studi Primo Levi andando incontro ai suoi numerosi pubblici. In primo luogo ai ragazzi più giovani, che potranno scoprire nelle parole di Levi le ricchezze della storia e i suoi abissi insondabili, il gusto delle verità che ci interrogano, nella concretezza dei fatti, su cosa sia bene e cosa sia male. E rivolgendosi poi a chi, meno giovane, già porta con sé le pagine di Levi nel proprio bagaglio culturale ma potrà sperimentare ad una nuova rilettura, in condizioni o in età diverse, il sapore di una piacevole riscoperta».

Molteplici sono le voci dello spettacolo: la principale è quella del testimone-protagonista, ma al suo interno è racchiusa una moltitudine di registri espressivi, narrativi, percettivi e di pensiero, che nel loro divenire sono la vera azione del testo. Riflessioni, guizzi, rilanci filosofici e psicologici, flash-back e flash-forward, “a parte” cognitivi. 

«Quali sono le strade che Valter Malosti e io abbiamo seguito per renderne accessibili in circa due ore le parti essenziali? – scrive lo studioso Domenico Scarpa, consulente letterario-editoriale del Centro Primo Levi che assieme al regista attore ha curato la condensazione scenica del testo. In che modo abbiamo lavorato sulla voce, anzi, al plurale sulle voci di Primo Levi? Le testimonianze d’autore e le ricerche degli studiosi hanno mostrato che Levi giunge a intonare quella pluralità facendo ricordo a molte voci del passato: la sua memoria estetica e affettiva rielabora quelle di scrittori, di scienziati, di testi sacri. La voce ascoltata con maggiore costanza è quella di Dante». «Questo nostro lavoro nasce dalla convinzione che il primo libro di Primo Levi sia un’opera acustica».

Con la scenografa Margherita Palli, il regista ha immaginato un cortocircuito visivo tra la memoria del lager e le «nostre tiepide case».

Il progetto sonoro, curato da Gup Alcaro, è fondamentale nella riscrittura scenica. A fare da contrappunto di pura e perfetta forma, i tre madrigali originali creati da Carlo Boccadoro a partire dalle poesie che Levi scrive nel 1945-46, immediatamente dopo il ritorno dal campo di annientamento. Compongono la drammaturgia visiva anche il disegno luminoso di Cesare Accetta e i contributi video di Luca Brinchi e Daniele Spanò.

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