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IN ATTESA DELLA RIAPERTURA: LA DECIMA VITTIMA DI ELIO PETRI

Tempo di lettura: 5 minuti

Durante uno dei momenti più prolifici per la fantascienza italiana, il regista romano Elio Petri filma uno dei suoi film più conosciuti e ispiratori per il genere. Nonostante con gli anni l’arte registica del grande Petri è stata troppo spesso dimenticata, alcuni dei suoi film sono annoverabili tra i migliori mai prodotti in Italia. L’anniversario di questa settimana è quello di uno dei capolavori sopracitati, l’1 dicembre 1965 esce nei cinema del Bel Paese la Decima Vittima di Elio Petri.

La Decima Vittima è un film del 1965 diretto da Elio Petri e sceneggiato da Tonino Guerra, Ennio Flaiano e lo stesso Petri. Ispirato al racconto del 1954 La Settima Vittima di Robert Sheckley, il film è uno dei più illustri esempi del cinema italiano fantascientifico anni ’60, spesso citato insieme ai lavori di registi come Antonio Margheriti e Mario Bava. Petri in questo film riesce a unire l’idea di un film di genere puro della Nouvelle Vague con elementi satirici e grotteschi della commedia italiana.

Petri dirige due grandi star dell’epoca: un biondissimo Marcello Mastroianni – alla sua seconda collaborazione col regista romano – e Ursula Andress sono i protagonisti di una pellicola sulla violenza di una società dall’estetica indimenticabile, un misto tra pop art, futurismo e surrealismo.

«SE NEL ‘940 CI FOSSE STATA LA GRANDE CACCIA HITLER VI AVREBBE CERTAMENTE PARTECIPATO, EVITANDO COSÌ LA SECONDA GUERRA MONDIALE. CON LA GRANDE CACCIA TUTTO È ORMAI RISOLTO: LE GUERRE SONO SCOMPARSE E LA VIOLENZA ISTINTIVA DELL’UOMO PUÒ ESPRIMERSI ORA IN UNA COMPETIZIONE INDIVIDUALE E REGOLARIZZATA»

In un futuro prossimo il mondo ha sconfitto guerre grazie allo spettacolo della Grande Caccia, un’istituzione a carattere mondiale che ha legalizzato e incatenato la violenza; un macabro gioco dove un Cacciatore e una Vittima devono riuscire a uccidersi tra loro. I due partecipanti vengono casualmente accoppiati dal Selezionatore Elettronico di Ginevra per affrontarsi nella Caccia. Le regole sono molto semplici: il Cacciatore sa nome, indirizzo e abitudini della sua preda, la Vittima non conosce l’identità del suo avversario; il Cacciatore deve intercettare la Vittima ed eliminarla, quest’ultima deve riuscire a sua volta a scoprire il suo nemico e ucciderlo. Ogni vincitore della Caccia guadagna un premio, chi sopravvive a dieci Cacce (alternando cinque volte da Vittima e cinque da Cacciatore) otterrà il prestigioso titolo di Decathon e gli onori e soldi a esso legati. L’intero evento viene trasmesso in televisione.

Il film si apre con la nona Caccia dell’americana Caroline Meredith (Ursula Andress), quest’ultima nel ruolo di Vittima uccide il suo Cacciatore e viene contattata dai dirigenti della Tea Ming, la più grande importatrice di tè d’America, che offre alla donna di abbinare la sua ultima Caccia a un ambizioso reality show.

La decima Vittima di Caroline è Marcello Poletti (Marcello Mastroianni), un sornione e cinico italiano già vincitore di sei Cacce. Marcello sembra totalmente indifferente al gioco della Grande Caccia, considerandola un modo come tanti di guadagnare denaro. L’omicidio legalizzato per Marcello è una valvola di sfogo per non pensare alla sua opprimente situazione familiare: la sua morbosa amante Olga (Elsa Martinelli) aspetta solo che la lenta burocrazia italiana conceda il divorzio al protagonista per sposarlo, la sua ex moglie sfruttando la stessa pecca lo deruba dei soldi che guadagna con le Cacce e i suoi genitori vengono nascosti illegalmente per non essere consegnati come prevede la legge al Centro Raccolta Vecchi.

Caroline, come imposto dai suoi sponsor della pubblicità, deve uccidere la sua Vittima al Tempio di Venere e per convincerla si finge una giornalista interessata a condurre un’inchiesta sul comportamento sessuale del maschio italiano, con l’intenzione di intervistare dal vivo l’uomo. Marcello mangia la foglia ma, non essendo sicuro dell’identità di Caroline, non compie azioni avventate – in caso di omicidio non autorizzato la pena sono 30 anni di galera – decidendo di indagare sull’americana.

Durante i loro continui incontri nasce una sempre più forte attrazione tra i due avversari, che renderà più difficile per entrambi vincere la Caccia.

«NON È IMPORTANTE CHI MUORE, MA COME MUORE. COME LEI SA, OGGI LA GENTE GUARDA SOLO ALLO SPETTACOLO»

La Decima Vittima, a differenza di film suoi contemporanei come Terrore dallo Spazio di Bava o I diafanoidi vengono da Marte di Margheriti, inserisce elementi sci-fi nel mondo moderno (a lui si ispirerà Truffaut in Fahrenheit 451). Le scenografie e i costumi del film sono scelti in modo da esasperare le mode popolari dell’epoca: vestiti pieni di colori sgargianti o eleganti linee geometriche bianche e nere per le donne e completi molto seriosi per gli uomini. Gli arredi utilizzati sono di gusto avanguardista, tra la pop art e il futurismo, come ad esempio gli occhi giganti alle pareti, i manichini ingessati o le opere di Alberto Biasi del Gruppo N. A fare da sottofondo alla vicenda c’è una Roma contemporaneamente antica e futurista che alterna il Colosseo o il Tempio di Venere con il Velodromo Olimpico o il Palazzo dei Congressi di Roma, edifici del movimento razionalista italiano. A differenza dei precedenti film di Petri, questo è a colori. La quasi totalità delle inquadrature è costruita con l’utilizzo di bianco, nero e contrappunti rosa o rosso accesissimi. Menzione d’onore va alla briosa colonna sonora di Piero Piccioni che riesce a dare quel senso di spensieratezza e allegria col quale il regista inganna il pubblico per tutto il film. Il mondo risulta bello fuori ma nasconde un vuoto di contenuti dentro.

In questa ambientazione fantascientifica iconica il film tratta dei temi sociali molto cari al regista come la critica al consumismo sfrenato, ai mass media e alla violenza della società umana. Petri crea un universo assurdo e grottesco nel quale le persone si sposano una ventina di volte, i fumetti diventano i nuovi “classici”, alcuni uomini si radunano in sette per venerare il tramonto (ostacolati dai rivali Neorealisti Volgari), i vecchi in quanto non più produttivi devono essere consegnati allo stato e le pubblicità e televisioni controllano il mondo. Le persone non sono più considerate per le loro idee o sentimenti, ma diventano solo ingranaggi della macchina del profitto delle pubblicità e degli sponsor. Le celebrità del mondo di Petri sono coloro che ottengono il titolo di Decathon, assassini acclamati come star dalle masse ed esentati dal pagare le tasse per il resto della vita. La critica di Petri alla pubblicità e alle televisioni è tale che nel film il loro profitto più grande diventa l’omicidio, l’azione più spettacolarizzata e mercificata del nuovo mondo.

Il personaggio di Mastroianni è indimenticabile: un uomo assolutamente quadrato, che smaschera tutte le ipocrisie del bigottismo italiano. Un personaggio fuori dal tempo in che si prende gioco di tutti, la stessa setta dei Tramontisti da lui creata è un’invenzione alla quale non crede, ma che porta avanti perché gli frutta il 20% degli utili. Mentre i tramontisti (ai quali si aggiunge incuriosita la Andress) piangono dalla commozione alla vista del sole che tramonta, Marcello lacrima perché ha ingerito due pillole di un farmaco per piangere.

Durante la creazione del film furono diversi gli attriti tra il produttore Carlo Ponti e Petri, il primo che voleva che la pellicola avesse un tono più comico e umoristico e il secondo che cercava una maggiore vicinanza all’opera di Sheckley. La produzione impose a Petri di inserire alcune delle caratteristiche della commedia all’italiana, e il regista tratteggiò il personaggio di Mastroianni con una vena ironica e graffiante che rende la pellicola a tratti leggera e divertente. Il danno della produzione si ritrova sul finale del film: gli ultimi cinque minuti, in quanto giudicati dal regista pagliacceschi, vennero girati da un’altra persona. È facilmente intuibile il “vero” finale che il cinico e disilluso Petri aveva pensato per questo capolavoro di film, che come il suo regista dovrebbe essere ricordato più spesso.

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Pisano di nascita e romano d'adozione. Da diversi anni ho sviluppato una grande passione per i film, il cinema e tutto ciò che si lega a esso, dalle origini con Méliès, all'Espressionismo tedesco, fino alla contemporaneità.

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