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COME IL REGNO UNITO SBARRA LE FRONTIERE AGLI ARTISTI

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Davanti a questa notizia anche le certezze dei più ardui sostenitori dell’uscita dell’Inghilterra dall’Unione Europea vacillano. Il governo Johnson ha infatti rigettato la proposta europea che avrebbe consentito agli artisti del vecchio continente di entrare nel regno unito senza visto, come avviene – ed avverrà – per altre diverse categorie di lavoratori a causa della Brexit e della fine dei trattati di Schengen.

Strada sbarrata quindi ad attori, musicisti ed artisti europei in terra britannica, che per esibirsi dovranno necessariamente intraprendere il lungo e costoso iter burocratico per ricevere il visto di 90 giorni. Il risultato di questa stretta è presto detto: gli artisti saranno costretti a cancellare i loro tour e la medesima esistenza dei piccoli teatri e dei locali di musica dal vivo verrà messa a repentaglio.

Boris Johnson

Come già riportava l’Independent nel febbraio pre-pandemia del 2020, la repressione dell’immigrazione del Segretario di Stato inglese agli affari interni Priti Patel “taglierà le gambe” alla fiorente industria musicale britannica. Il ministero, secondo la Incorporated Society of Musicians, ha “voltato le spalle alle arti creative – per un valore di 111 miliardi di sterline all’anno, economia simile a quella delle banche – e ha rifiutato di ascoltare le sue richieste di aiuto”.

Priti Patel

Secondo le indiscrezioni raccolte dal giornale britannico, il governo UK si è rifiutato, in sede di negoziati, di accogliere la proposta ‘standard’ che l’Unione Europea rivolge come accordo bilaterale ai paesi terzi extra-comunitari, già attiva – ad esempio – con gli Stati Uniti. La rivelazione è arrivata dopo che la minaccia shock dei visti di lavoro per gli artisti ha scatenato le proteste dei lavoratori del settore, basate sul fatto che i futuri tour musicali e teatrali dovranno essere abbandonati, in un momento in cui gli artisti sono già fortemente colpiti dalla pandemia del Covid-19.

Dal governo inglese viene scaricata ogni accusa. Lo stesso ha provato a rigirare maldestramente la frittata asserendo che è stata la stessa Unione Europea a non voler trovare un accordo sul tema dei visti per gli artisti. Ma, sinceramente, nessuno gli crede. Né da una sponda della Manica né dall’altra.

Negli scorsi mesi vi abbiamo raccontato, infatti, su Notizie di Spettacolo, di quella deprimente campagna mediatica del governo sui media inglesi, in cui invitava gli artisti a cambiare mestiere, ed a cimentarsi in carriere più produttive. O delle inesistenti tutele dei lavoratori dello spettacolo dal vivo, della tv e dei cinema. Ancor peggio dell’impossibilità di tornare al lavoro nel mondo dello show per chi ha più di 60 anni in quanto obbligati ad avere una polizza sanitaria che li tutelasse in caso di contagio da coronavirus e che però nessuna azienda era disposta a rilasciare proprio a causa della non più tenera età.

Gli artisti che, da oggi, vorranno esibirsi in Inghilterra, dovranno innanzitutto richiedere un visto di ingresso al costo di 244 sterline – circa 270 euro – per ogni membro del gruppo; fornire la prova, 90 giorni prima della richiesta di visto, che hanno almeno 1000 sterline – ossia circa 1100 euro – di risparmi per il proprio mantenimento durante la visita in UK, a meno che non abbiano una licenza governativa di categoria “A”; fornire un certificato di sponsorizzazione rilasciato da un organizzatore di eventi – che deve assumersene la responsabilità – o una lettera di invito, in alcune circostanze. E non è detto che tutto questo sarà sufficiente a ricevere il tanto agognato visto d’ingresso oltremanica.

Gli artisti britannici sono sul piede di guerra, ed in pochissimo tempo hanno già raccolto centinaia di migliaia di firme con una petizione on-line per chiedere al governo maggiori certezze e più inclusività. Ciò che sembra sfuggire a Boris Johnson ed ai suoi ministri, oltre ad un po’ di sano buonsenso che sembra sia andato perso dai tempi dell’effetto gregge, è la visione d’insieme di quello che è il mondo dell’arte: una industria senza confini, libera, che parla un linguaggio universale, che è fatta di incontro e di reciprocità. Una industria che da lavoro a milioni di persone e che allieta la vita di miliardi di cittadini di tutto il mondo.

Se il governo inglese non tornerà sui suoi passi, si prevede una stagione più buia della mezzanotte per i sudditi di sua Maestà.

Scritto da

Lavoro nel campo della comunicazione e mi occupo di teatro come regista e attore e di radio come speaker e conduttore. Ho scritto e scrivo su numerose testate.

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